CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2020, n. 12691
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Questioni ed eccezioni non accolte in primo grado e non specificamente riproposte in appello dall’appellato – Effetti – Rinuncia
Rilevato che
Il contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per maggiore IRPEF, IRAP IVA relative all’anno di imposta 2010, conseguente a un controllo su una posizione di un fornitore, con il quale era stata esclusa la deduzione di costi a seguito di mancata produzione di documentazione richiesta con questionario.
La CTP di Pavia ha accolto il ricorso del contribuente, accogliendo la preliminare eccezione del contribuente relativa alla mancata prova del perfezionamento della notifica della raccomandata con cui era stato spedito il questionario.
La CTR della Lombardia, con sentenza in data 12 aprile 2018, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che la raccomandata con cui era stato spedito il questionario fosse stata recapitata e ha, quindi, accolto l’appello nel merito dichiarando assorbite le ulteriori domande.
Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a due motivi, resiste con controricorso l’amministrazione finanziaria.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che
1 – Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza a termini dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per mancanza di motivazione o motivazione apparente in violazione degli artt. 36 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 112 e 132 cod. proc. civ., laddove la sentenza impugnata, rilevando come fosse pacifica la circostanza della ricezione della raccomandata con la quale era stato spedito il questionario, non ha articolato alcuna motivazione in ordine alla fondatezza dell’avviso di accertamento.
2 – Va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso, essendo il ricorso, diversamente da quanto deduce il controricorrente, diretto contro specifiche statuizioni della sentenza.
3 – Il primo motivo è infondato, così modificandosi l’originaria proposta.
3.1 – Per quanto la decisione sulla corretta notificazione del questionario decisa dal giudice di appello non esaurisca astrattamente l’intera decisione della controversia, è onere del ricorrente – al fine di dimostrare che la decisione della controversia non fosse esaurita, all’atto della decisione da parte del giudice di appello della questione astrattamente pregiudiziale – dimostrare di avere riproposto in grado di appello le singole domande e questioni pregiudicate già proposte in prime cure e non esaminate in quanto parte vittoriosa, a termini dell’art. 346 cod. proc. civ. (Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33580).
3.1.1 – La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha, difatti, l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni e questioni non accolte nella sentenza di primo grado ma non esaminate perché assorbite, ma è tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello, al fine di manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, evitando la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi del richiamato art. 346 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Lav., 28 novembre 2016, n. 24124).
3.2 – Analoga disposizione si trova nel processo tributario, laddove l’art. 56 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado e non specificamente riproposte in appello si intendono rinunciate, fa riferimento, come il corrispondente art. 346 cod. proc. civ., all’appellato (e non all’appellante, principale o incidentale), onerando l’appellato di riproporre le domande assorbite, nonostante l’impiego della generica espressione «non accolte» (Cass., Sez. V, 6 giugno 2018, n. 14534; Cass., Sez. V, 27 marzo 2013, n. 7702).
3.3 – Riproposizione che non può ritualmente ritenersi compiuta mediante un generico richiamo al contenuto degli scritti difensivi di primo grado, non costituendo detto richiamo comportamento processuale idoneo a manifestare la volontà della parte di sottoporre nuovamente al giudice del gravame tutte le domande non accolte in primo grado (Cass., Sez. I, 3 agosto 2018, n. 20520). Ne consegue che l’omessa specifica riproposizione in sede di gravame delle questioni assorbite preclude l’esame del relativo motivo di ricorso per cassazione (Cass., Sez. VI, 18 maggio 2018, n. 12191).
3.4 – L’onere di riproposizione delle questioni in appello va, poi, contemperato con l’onere di specificità che caratterizza la proposizione del ricorso per cassazione, che impone al ricorrente di trascrivere le deduzioni asseritamente articolate nel precedente grado di appello, stanti i requisiti di forma-contenuto previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, nn. 3, 4, 6 cod. proc. civ., i quali devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti; ne consegue che il ricorrente deve specificare i fatti processuali alla base del vizio denunciato, sia producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, sia trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di specificità (Cass., Sez. V, 13 novembre 2018, n. 29093).
3.5 – Occorre, pertanto, che il ricorrente che deduce di avere sottoposto al giudice di appello specifiche deduzioni con un atto versato nel giudizio di appello, produca il suddetto atto, ovvero lo menzioni nel ricorso, indicandone la fase processuale e indicandone il contenuto, nonché trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (Cass., Sez. VI, 28 settembre 2016, n. 19048; Cass., Sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 23452; Cass., Sez. I, 19 agosto 2015, n. 16900; Cass., Sez. V, 18 novembre 2015, n. 23575), non essendo compito del giudice di legittimità verificare la fondatezza della doglianza facendo rinvio o accesso a fonti esterne al ricorso (Cass., Sez. I, 7 marzo 2018, n. 5478).
3.6 – Nella specie, il ricorrente non deduce nel motivo di gravame di avere espressamente riproposto in appello le questioni assorbite, né indica uno specifico atto del giudizio di appello in cui ciò sarebbe avvenuto, né trascrive le controdeduzioni che avrebbe riproposto in appello. Il ricorrente si limita, invece, ad allegare al ricorso l’atto di controdeduzioni depositato in grado di appello, ma senza farvi rinvio nel motivo di ricorso, né indicando le parti salienti di tali controdeduzioni (all. n. 10).
3.7 – Si osserva, inoltre, che il ricorrente si è limitato a dedurre, in forma del tutto generica (benché nella sola parte narrativa e non nel motivo di ricorso) e, in ogni caso, senza trascrizione alcuna, di avere riproposto in appello, oltre alle ragioni per le quali il questionario non poteva essere conosciuto dal contribuente (ragioni attinenti alla questione preliminare decisa), «le argomentazioni anche contabili svolte» (pag. 10 ricorso).
3.8 – Ne consegue che il ricorrente, oltre ad avere violato il principio di specificità, per non avere assolto all’onere di comprovare, mediante trascrizione, indicazione degli atti o allegazione degli stessi al ricorso, le deduzioni già proposte in primo grado (con ciò rendendo, per quanto supra 3.5 inammissibile il motivo di ricorso), dà implicitamente atto di non avere assolto all’onere di avere allegato specificamente davanti al giudice di appello le doglianze già articolate nel giudizio di primo grado sulle quali il giudice di appello si sarebbe dovuto pronunciare, precludendo l’esame del relativo motivo di ricorso.
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
4 – Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per la controversia a termini dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., consistente nella mancata valutazione della validità dell’avviso di accertamento. Deduce il ricorrente che la mancata valutazione della validità e della fondatezza dell’avviso di accertamento impugnato alla luce della «riproposizione dei motivi di merito» costituisca punto decisivo della controversia deducibile con il suddetto motivo.
4.1 – Il secondo motivo è inammissibile per più ordini di ragioni.
4.1.1 – In primo luogo, il motivo appare inammissibile quanto alla sua formulazione, non essendo stato indicato né il luogo processuale in cui il fatto sarebbe stato discusso, né è stato effettuato il giudizio di decisività, ossia il giudizio logico-inferenziale secondo il quale, ove tale fatto fosse stato esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
4.1.2 – In secondo luogo, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. vigente introduce nell’ordinamento un vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. II, 14 giugno 2017, n. 14802; Cass., Sez. I, 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass., Sez. VI, 6 settembre 2019, n. 22397).
4.1.3 – In terzo luogo il motivo mancherebbe, in ogni caso, di specificità, perché (al fine di evidenziare eventuali fatti storici tra i «motivi di merito» oggetto di riproposizione), i fatti storici non sono stati analiticamente indicati.
5 – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna M.M. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, che liquida in complessivi € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.