CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18333
Tributi – Accertamento – Abuso del diritto – Simulazione del contratto di «sale and lease back» – Onere di prova. – Contenzioso tributario – Appello – Sentenza – Motivazione apparente – Nullità della sentenza
Fatti di causa
1. C.V., in proprio e quale legale rappresentante della G.M.G. GRUPPI M.G. DI V.C., ricorre, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate («A.E.») avverso la sentenza n. 125/01/2010 emessa dalla CTP di Macerata.
2. Il Giudice di primo grado, per quanto ancora rileva in questa sede e ritenendo non raggiunta la prova della pretesa simulazione del contratto di «sale and lease back», accolse parzialmente l’impugnazione degli avvisi di accertamento, IVA ed imposte dirette, con riferimento agli esercizi 2003, 2004, 2005 e 2006 e delle cartelle di pagamento 2003 e 2004.
3. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, riformò totalmente la statuizione di primo grado, accogliendo l’appello principale dell’A.E. e rigettando quello incidentale del contribuente.
Il Giudice di secondo grado, in particolare, rigettò l’eccezione d’inammissibilità dell’appello principale (proposto dall’A.E.) per la presunta acquiescenza dell’Amministrazione alla sentenza di primo grado, essendosi quest’ultima limitata «ad applicare, doverosamente ed in via provvisoria, le decisioni della CTP di Macerata di cui alla sentenza impugnata».
La Commissione, nel merito, ritenne provata la simulazione del contratto di «sale and lease back», tale da non assolvere, dunque, alla sua funzione finanziaria, e corretta la connessa ripresa a tassazione di cui agli avvisi di accertamento in ragione della ritenuta condotta di «abuso del diritto», come emergente «dalla fattispecie contenuta negli atti». Trattavasi, in particolare, secondo la valutazione di merito della CTR fondata sulle risultanze probatorie agli atti, di un’«operazione simulata di lease-back … finalizzata all’ottenimento del contributo regionale, richiesto addirittura un mese prima della simulata vendita e del contestuale contratto di leasing, e per dedurre dal reddito i canoni fatturati dalla Società E. alla ditta GMG … oltre che alla detrazione dell’IVA, mentre con una normale operazione di finanziamento si sarebbe potuto dedurre solo la quota relativa agli interessi (e non la quota in conto capitale) sul prestito concesso». L’operazione, quindi, era stata eseguita «al solo fine di consentire alla Società E. s.p.a. di incassare il contributo regionale ed alla Ditta GMG di dedurre dal reddito i canoni mensili ad essa fatturati con la relativa detrazione IVA».
Quanto innanzi fu ritenuto provato, sostanzialmente, facendo proprie le argomentazioni di cui agli atti impositivi, in ragione della valutazione di plurimi elementi probatori emergenti dagli atti, in forza dei quali l’A.E. aveva proceduto al recupero a tassazione. Più nel dettaglio il Giudice d’appello argomentò «in considerazione del riscontro di evidenti anomalie», ravvisate nella vendita posta in essere con una semplice scrittura privata integrativa del contratto di locazione e senza assolvere all’impegno contrattuale di riproduzione del trasferimento dell’immobile con atto pubblico trascrivibile, oltre che in virtù di irregolarità ripetute e gravi nelle scritture contabili (cui erano seguiti gli avvisi di accertamento nonché segnalazione alla Procura della Repubblica e conseguente processo penale).
4. Come detto, avverso la sentenza d’appello C.V., in proprio e quale legale rappresentante della G.M.G. GRUPPI M.G. DI V.C., ricorre, con quattro motivi, sostenuti da memoria, e l’A.E. si difende con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso, che, differentemente da quanto prospettato dalla controricorrente, non si mostra, nella sostanza, incompleto, merita accoglimento ancorché nei termini e limiti di seguito evidenziati.
2. Con il primo motivo di ricorso, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono «violazione o falsa applicazione di norme di diritto … con riferimento alla eccepita improcedibilità e improponibilità dell’avverso atto d’appello per violazione del disposto normativo di cui agli artt. 329 c.p.c.e 49 d.lgs. 546/1992, carenza assoluta di motivazione».
Al di là della tecnica utilizzata tanto nella formulazione della rubrica quanto nell’articolazione del motivo, in sostanza si prospetta l’assenza assoluta di motivazione in merito all’eccepita inammissibilità dell’appello principale (proposto dall’A.E.) per la presunta acquiescenza dell’Amministrazione alla sentenza di primo grado.
2.1. Il motivo in esame è infondato avendo la CTR, all’esito di valutazione di merito esente da critiche, motivato escludendo che la condotta dell’A.E. integrasse acquiescenza alla statuizione di primo grado, essendosi l’Amministrazione limitata «ad applicare, doverosamente ed in via provvisoria, le decisioni della CTP di Macerata di cui alla sentenza impugnata» alla stessa A.E. sfavorevole.
3. I motivi secondo e terzo sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
3.1. Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono «violazione o falsa applicazione di norme di diritto … con riferimento alla eccepita inammissibilità dell’avverso atto di appello per violazione del disposto normativo di cui all’art. 57 d.lgs. 546/1992; contraddittorietà manifesta».
Al di là della tecnica redazionale utilizzata tanto nella formulazione della rubrica quanto nell’articolazione del motivo, si critica la statuizione impugnata per aver rigettato l’eccezione di novità della domanda dell’A.E., trasfusa in motivo d’appello, fondata sull’abuso del diritto (pur in assenza di riferimento ad esso negli atti impositivi).
Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c. p.c., si deducono «violazione o falsa applicazione di norme di diritto … con riferimento alla ritenuta simulazione del contratto di lease-back – insussistenza dell’abuso del diritto – errata valutazione di fatti documentati – carenza di motivazione». In sostanza, si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto provato l’abuso del diritto solo dalla «mancata redazione di rogito notarile di trasferimento (del bene immobile) e della conseguente mancata trascrizione prescritta dall’art. 2643 c.c.».
3.2. I motivi in esame non meritano accoglimento.
3.2.1. In primo luogo essi presentano profili di inammissibilità laddove censurano vizi motivazionali in violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, successiva alla sostituzione operata dal d.l. 83 del 2012, in quanto deducenti «contraddittorietà» (motivo secondo) nonché «carenza motivazionale» (motivo terzo) e non omesso esame circa un fatto (storico) decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. Alla base delle dette censure, peraltro, il ricorrente pone proprie valutazioni di merito, anche in termini probatori, che inammissibilmente vorrebbe sostituire a quelle della CTR facendo altresì riferimento a documentazione neanche trascritta nel ricorso (in ipotesi indirettamente), con conseguente vizio di specificità in termini di autosufficienza (per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, si vedano altresì, ex plurimis, limitando i riferimenti solo a talune decisioni più recenti, oltre a Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701: Cass. sez. 6-3, 23/02/2021, n. 4766; Cass. sez. 5, 30/09/2020, n. 20858, in motivazione; Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161, in motivazione; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092, Rv. 651277-01; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).
3.2.2. Nel merito cassatorio, invece, differentemente da quanto prospettato dal ricorrente, la CTR non ammette una domanda nuova in sede d’appello e non ritiene sufficiente, ai fini dell’accertato abuso del diritto, la «mancata redazione di rogito notarile di trasferimento (del bene immobile) e della conseguente mancata trascrizione prescritta dall’art. 2643 c.c.».
La Commissione ritiene difatti provata la contestata simulazione del contratto di «sale and lease back», tale da non assolvere, dunque, alla sua funzione finanziaria, e corretta la connessa ripresa a tassazione di cui agli avvisi di accertamento in ragione della condotta di «abuso del diritto», come emergente «dalla fattispecie contenuta negli atti».
Quanto al primo contestato profilo (la violazione dell’art. 57 del d. lgs. n. 546 del 1992 di cui al secondo motivo), quindi, la CTR, conformandosi a principio reiterato anche di recente da questa Corte, non ritiene si sia trattato di domanda nuova, inammissibile in appello, per l’assenza della modificazione della causa petendi per diversità del titolo giuridico della pretesa, in quanto comunque impostato su situazioni giuridiche e presupposti di fatto già prospettati in primo grado perché ritenuti emergenti dagli avvisi di accertamento impugnati. Ne è dunque conseguita, nella specie, l’assenza di un mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato (dall’A.E.) e dell’introduzione nel processo di un nuovo tema di indagine e di decisione, con conseguente esclusione di un’alterazione dell’oggetto sostanziale dell’azione e dei termini della controversia tale da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (ex plurimis, tra le più recenti e proprio con riferimento al processo tributario, Cass. sez. 5, 23/07/2020, n. 15730, Rv. 658550-01).
Il secondo profilo censurato (terzo motivo di ricorso), inerente l’abuso del diritto in materia tributaria, necessita di essere vagliato alla luce della natura dell’operazione di «sale and lease back», da valutarsi alla stregua della concreta causa contrattuale, ed in considerazione degli approdi di questa Corte in merito agli elementi caratterizzanti la condotta abusiva.
Il «sale and lease back» (vendita con locazione finanziaria di ritorno, c.d. «leaseback»), contratto d’impresa socialmente tipico (frequentemente applicato, sia in Italia che all’estero, nella pratica degli affari), è infatti un’operazione negoziale complessa in forza della quale (normalmente) un imprenditore (o un lavoratore autonomo), al fine di ottenere con immediatezza liquidità, vende un bene strumentale ad una società finanziaria la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria allo stesso venditore che ne mantiene la disponibilità ininterrottamente, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore (ex plurimis: Cass. sez. 5, 15/07/2020, n. 15024, Rv. 658202-01; Cass. sez. 5, 29/03/2006, n. 7296, Rv. 588841-01; Cass. sez. 3, 14/03/2006, n. 5438, Rv. 587332-01; Cass. sez. 3, 21/01/2005, n. 1272, Rv. 580238-01; Cass. sez. 3, 21/07/2005, n. 13580, Rv. 574757-01; Cass. sez. 1, 22/04/1998, n. 4095, Rv. 514748-01; Cass. sez. 3, 16/10/1995, Rv. 494256-01; per i profili di illiceità del «leaseback» se tale da sostanziarsi in un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto quindi ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio, si vedano altresì, ex plurimis: Cass. sez. 6-1, 07/08/2018, n. 20634, Rv. 6502002-01; Cass. sez. 1, 25/05/2018, n. 13305, Rv. 649159-01; Cass. sez. 2, 11/09/2017, n. 21042, Rv. 645552-01; Cass. sez. 1, 28/01/2015, n. 1625, Rv. 634838-01; Cass. sez. 3, 02/02/2006, n. 2285, Rv. 58691-01; Cass. sez. 3, 06/08/2004, n. 15178, Rv. 575914-01).
Il «leaseback» ha dunque una causa concreta diversa da quella del contratto di vendita puro e semplice, trattandosi di un’unica operazione complessa e con causa finanziaria (il fine di aumentare la liquidità del venditore-utilizzatore), da considerarsi nella globalità dei suoi elementi negoziali strettamente connessi onde scongiurarne un’artificiosa scomposizione a fini tributari (in merito si vedano: Corte giust., sentenza 27 marzo 2019, Mydibel SA/Stato belga, C-201/18, proprio con riferimento a sale and lease back; Corte giust., sentenza 21 febbraio 2008, Part Service, C-425/06, EU:C:2008:108, punti 53, e giurisprudenza ivi richiamata, e 54, in termini più generali circa l’unicità della prestazione nel caso in cui due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo siano a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, a giudizio del giudice nazionale, una sola prestazione economica inscindibile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale, ovvero un’unica operazione).
Quanto innanzi implica comunque la verifica, in sede di merito, dell’eventuale illiceità del contratto ed in particolare della finalità elusiva di obblighi tributari con esso eventualmente perseguita, dovendo l’operazione risultare effettivamente posta in essere per soddisfare reali esigenze di liquidità d’impresa.
La detta condotta elusiva non potrà comunque ravvisarsi nella mera scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa, laddove sia lo stesso ordinamento tributario a prevedere tale facoltà, a condizione che non si traduca in uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio ma esclusivamente o essenzialmente il beneficio fiscale.
Nei detti termini, ex plurimis, proprio con riferimento al «ìeaseback», in merito alle imposte dirette, Cass. sez. 5, 26/08/2015, n. 17175, Rv. 636360-01. Per essa l’opzione per il sale and lease back di un bene strumentale, che comporta rispetto all’acquisto un’accelerata deducibilità dei costi, rientra nel libero esercizio dell’attività economica del contribuente, qualora risponda al suo specifico e concreto interesse economico di estinguere pregressi debiti mediante l’acquisizione di nuova liquidità a condizioni ritenute convenienti.
In termini sostanzialmente analoghi si è espressa anche Cass. sez. 5, 14/01/2015, n. 405, Rv. 634069-01, per la quale è difatti necessario per il configurarsi dell’elusione che il conseguimento di un «indebito» vantaggio fiscale, contrario allo scopo delle norme tributarie, costituisca la causa concreta della fattispecie negoziale. Con la conseguente non sussumibilità nell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 di un contratto di sale and lease back, caratterizzato dalla «clausola tandem», in virtù della quale la banca finanziatrice subentra alla società di leasing nel credito per i canoni residui. Tale operazione, difatti, pur procurando al contribuente un risparmio d’imposta, collegato all’accelerata deducibilità della prima maxi-rata, consente di realizzare un concreto interesse, che rientra nella libertà d’iniziativa economica, sostituendo un pregresso debito bancario con un finanziamento a condizioni migliori, e non risulta, pertanto, irragionevole rispetto alle ordinarie logiche d’impresa.
Parimenti, per Cass. sez. 5, 05/12/2014, n. 25758, Rv. 63394801, citata dal contribuente in memoria, alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale comunitaria e nazionale, costituisce pratica abusiva l’operazione economica che, attraverso l’impiego «improprio» e «distorto» dello strumento negoziale, abbia quale scopo predominante e assorbente (seppur non esclusivo) l’elusione della norma tributaria. La mera astratta configurabilità di un vantaggio fiscale non è invece sufficiente ad integrare la fattispecie abusiva, poiché è richiesta la concomitante condizione di inesistenza di ragioni economiche diverse dal semplice risparmio d’imposta e l’accertamento della effettiva volontà dei contraenti di conseguire un indebito vantaggio fiscale. Proprio in applicazione del principio la sentenza da ultimo citata ha ritenuto non abusiva la stipula di un contratto di sale e lease back, pur pervenendo al medesimo risultato economico di una operazione di finanziamento bancario, per cui l’impiego del negozio era volto a consentire la maggiore deducibilità di canoni di leasing, rispetto ai soli interessi passivi che sarebbero stati deducibili con la stipula di un mutuo.
Viceversa, ma muovendo dalla stessa impostazione, Cass. sez. 5, 08/04/2009, n. 8481, Rv. 607731-01, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, ha chiarito che l’appartenenza di due società al medesimo gruppo d’imprese, pur non escludendo sul piano civilistico la liceità di un contratto di sale and lease back, posto in essere tra le stesse ed avente ad oggetto beni strumentali già ammortizzati dalla società venditrice, consente di ravvisare in tale operazione un comportamento elusivo, configurabile come abuso del diritto. Deve difatti escludersi, proprio in virtù della rilevanza unitaria conferita dal legislatore al gruppo d’imprese, che tale contratto realizzi l’effetto economico proprio della locazione finanziaria, consistente nell’assicurare al locatore una maggiore disponibilità di denaro, e dovendo pertanto concludersi che esso è volto esclusivamente a realizzare un vantaggio fiscale, costituito per la società utilizzatrice dalla possibilità di portare in detrazione i canoni di locazione, e per la società locatrice di effettuare nuovamente l’ammortamento dei medesimi beni (in merito ai rapporti tra sale and lease back e divieto di patto commissorio in relazione alla deducibilità dei canoni da parte dell’utilizzatore, si veda anche Cass. sez. 5, 7286/2006, cit.).
3.2.3. Premessa la lettura di cui innanzi in merito al concreto modo d’atteggiarsi dell’abuso del diritto in materia tributaria con riferimento al «sale and lease back», la CTR, nella fattispecie, si è conformata al principio, che qui si intende precisare in termini generali, per cui, in sede di merito, per escluderne la natura abusiva, l’unitaria operazione di «sale and lease back» deve risultare effettivamente posta in essere per soddisfare reali esigenze di liquidità, quale libero esercizio dell’attività economica, e non tradursi in un uso distorto o improprio dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio ma esclusivamente o essenzialmente un indebito vantaggio fiscale, contrario allo scopo delle norme tributarie.
La Commissione regionale, difatti, nella specie, all’esito di valutazioni di merito in questa sede insindacabili, correttamente ritiene l’operazione integrare abuso del diritto in quanto caratterizzata da una simulazione contrattuale, avente ad oggetto proprio il «leaseback», tale da non assolvere alla sua concreta causa finanziaria ma realizzata «al solo fine di consentire alla Società E. s.p.a. di incassare il contributo regionale ed alla Ditta GMG di dedurre dal reddito i canoni mensili ad essa fatturati con la relativa detrazione IVA». L’operazione di cui innanzi, quindi, costituisce pratica abusiva, attuata attraverso l’impiego «improprio» e «distorto» dello strumento negoziale, anche in applicazione dei principi di cui alla citata Cass. sez. 5, 05/12/2014, n. 25758, Rv. 633948-01, che invece il ricorrente, in memoria, prospetta come a favorevoli al proprio motivo di ricorso.
Quanto innanzi, peraltro, differentemente dalle prospettazioni del contribuente, è dalla Commissione ritenuto provato, sostanzialmente facendo proprie le argomentazioni di cui agli atti impositivi, in ragione non della sola mancanza di atto pubblico ma di plurimi elementi probatori emergenti dagli atti (in forza dei quali l’A.E. aveva proceduto al recupero a tassazione). In particolare il Giudice d’appello argomenta «in considerazione del riscontro di evidenti anomalie», ravvisate nella vendita posta in essere con una semplice scrittura privata integrativa del contratto di locazione e senza assolvere all’impegno contrattuale di riproduzione del trasferimento dell’immobile con atto pubblico trascrivibile, oltre che in virtù di irregolarità ripetute e gravi nelle scritture contabili (cui erano seguiti gli avvisi di accertamento nonché segnalazione alla Procura della Repubblica e conseguente processo penale). Quanto innanzi circa la reale finalizzazione dell’operazione negoziale (svincolata dalla sua causa concreta) al solo ottenimento del contributo ed alla deduzione dei canoni di leasing, emerge peraltro dalla circostanza, prospettata dall’A.E. e richiamata dalla CTR ai fini della ritenuta simulazione (oltre che confermata dagli attuali ricorrente e controricorrente), per cui l’immobile, oggetto del sale and lease back concluso un mese dopo la richiesta di contributi regionali, era già stato ultimato l’anno prima della previsione dei detti contributi.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deducono «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3-5 c.p.c. – omessa valutazione dei fatti documentati – carenza di motivazione», in merito al motivo d’appello incidentale del contribuente sindacante la sentenza di primo grado in ordine alle ritenute irregolarità contabili relative all’anno 2005, laddove, invece, a detta del contribuente il relativo avviso di accertamento conteneva errori di impostazione e di calcolo.
Al di là della tecnica redazionale utilizzata nella rubrica e nell’articolazione della doglianza, ed al netto di profili di inammissibilità per deduzioni di merito, il ricorrente sostanzialmente deduce l’inesistenza motivazionale avendo sul punto la CTR lapidariamente statuito nei seguenti termini. «I motivi … a base dell’appello incidentale … sono da ritenersi infondati per essersi l’Ufficio limitato, in tutti e tre i casi anomali riscontrati per l’anno 2005, a recuperare gli importi portati illegittimamente in detrazione da parte del contribuente».
4.1. Il motivo è fondato.
L’inesistenza della motivazione è anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata ed a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, quando si sostanzia nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (ex plurimis, Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830-01).
In particolare, per quanto rileva ai presenti fini, si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice omette di indicare, nel contenuto della sentenza (ancorché graficamente esistente), gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica in modo da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito. In tal modo, difatti, la motivazione, non consentendo alcun controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento decisorio, non attinge alla soglia del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.(ex plurimis: Cass. sez. 3, 22/02/2021, n. 4661, in motivazione; Cass. sez. 1, 30/06/2020, n. 13248, Rv. 658088-01; Cass. sez. 4, 05/08/2019, n. 20921, Rv. 654678-01; Cass. sez. 6-5, 07/04/2017, n. 9105, Rv. 643793-01; Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830-01; Cass. sez. 5, 06/06/2012, n. 9113, Rv. 622945-01; Cass. sez. 5, 27/07/2007, n. 16736, in motivazione; Cass. sez. 1, 27/01/2006, n. 1756, Rv. 586705-01).
Quanto innanzi è proprio ciò che ricorre nella fattispecie concreta avendo la CTR, con il passaggio motivazionale meramente grafico su riportato, reso motivazione (perlomeno) apparente in quanto concretizzatasi in mera clausola di stile inidonea ad evidenziare il percorso logico-giuridico concretamente seguito.
5. In conclusione, in accoglimento del solo quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale per le Marche, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolarizzazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettando gli altri, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale per le Marche, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolarizzazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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