CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 luglio 2018, n. 19796
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Notifica al domicilio eletto in primo grado – Invio raccomandata informativa – Regolarità della notifica
Rilevato che
– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società lattiero casearia F. T.L.C. s.r.l. con riferimento all’anno di imposta 2007 sulla scorta delle risultanze di un p.v.c. della G.d.F. che aveva accertato l’indebito utilizzo da parte della predetta società contribuente di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo che, a fronte delle presunzioni qualificate di inesistenza delle operazioni commerciali riprese a tassazione, nessuna prova dell’effettività delle stesse aveva offerto la contribuente, su cui ricadeva il corrispondente onere probatorio, e che era del tutto inidoneo a dimostrare la buona fede della stessa il provvedimento di archiviazione del procedimento penale a carico del suo legale rappresentante;
– avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’intimata con controricorso;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 16, 20, 22 e 53 d.lgs. n. 546 del 1992, 7 della legge n. 890 del 1982 e 101 cod. proc. civ., lamentando che i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto che il ricorso in appello fosse stato correttamente notificato nonostante la relata di notifica riportasse una sottoscrizione illeggibile del soggetto cui era stato consegnato l’atto, senza la specificazione del rapporto che aveva con il destinatario (difensore costituito in primo grado) e senza il successivo invio della raccomandata informativa;
– con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 101 e 161 cod. proc. civ., lamentando che la CTR aveva «ritenuto il contribuente contumace e, quindi, correttamente integrato il contraddittorio» nonostante l’irregolarità della notifica del ricorso in appello;
– con il terzo motivo deduce la nullità della sentenza ex artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 2 e n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, per vizio assoluto di motivazione, comunque perché corredata da «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»,
– con il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2692 cod. civ., 112 e 132 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello erroneamente onerato la parte contribuente di un onere probatorio spettante all’ufficio finanziario e, comunque, erroneamente escluso che la società contribuente non avesse adempiuto all’onere probatorio ad essa incombente in materia di operazioni inesistenti, in particolare in ordine alla sussistenza della buona fede idonea ad escludere la consapevolezza della propria partecipazione ad una frode fiscale;
– i primi due motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione processuale, ovvero alla regolarità della notifica del ricorso in appello;
– occorre premettere che i motivi in esame, nonostante siano stati dedotti come errores in indicando, avendo la ricorrente fatto riferimento nella rubrica del motivo all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., integrano, invece, errores in procedendo, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., come si desume chiaramente dal tenore delle argomentazioni in esse svolte e dall’esplicito riferimento alla nullità della decisione derivante dal denunciato vizio procedurale – il che consente di recuperare l’ammissibilità degli stessi (v. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4289 del 22/02/2018, Rv. 647135-01, e la giurisprudenza ivi richiamata); ne consegue che in relazione a tali vizi la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito (ex multis, Cass. n. 6014 del 2018) oltre che alla documentazione prodotta dalla controricorrente, nella specie i due avvisi di ricevimento delle raccomandate postali utilizzate per la notifica del ricorso in appello (doc. 3 prodotto con il controricorso);
– ciò precisato, osserva la Corte che i motivi in esame sono comunque inammissibili ed infondati per le ragioni di seguito spiegate;
– sono inammissibili perché la ricorrente deduce l’irregolarità della notifica del ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle entrate limitatamente alla notifica effettuata al difensore domiciliatario della società appellata presso lo studio di Roccamonfina, alla via L., ovvero presso il domicilio eletto in primo grado (come espressamente affermato a pag. 9 del ricorso); omette, invece, di censurare la circostanza, pure emergente dagli atti di causa, che l’atto di appello risulta essere stato notificato al medesimo difensore anche presso lo studio di F. con esito, peraltro, positivo risultando, dalla documentazione in atti, che il piego venne ritirato in data 11/12/2012 presso l’ufficio postale ove era stato depositato dopo l’infruttuoso tentativo di consegna «per temporanea assenza del destinatario»;
– i motivi sono comunque infondati in quanto i documenti prodotti dalla controricorrente attestano la regolarità della notifica dell’appello spedito a mezzo del servizio postale al difensore domiciliatario della società appellata presso lo studio di Roccamonfina, in quanto consegnato a «famigliare convivente (4) MAMMA» in data 6/12/2012, con successivo invio al destinatario della comunicazione di avvenuta notifica dell’atto (c.d. CAN — cfr. Cass. n. 6345 del 2013 e n. 10277 del 2017);
– al riguardo va ribadito che «Nel processo tributario, ove la parte appellante decida di notificare l’atto di gravame avvalendosi non già dell’ufficiale giudiziario, ma della spedizione diretta a mezzo piego raccomandato (consentita dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), le indicazioni che debbono risultare dall’avviso di ricevimento ai fini della validità della notificazione, quando l’atto sia consegnato a persona diversa dal destinatario, sono non già quelle di cui all’art. 139 cod. proc. civ., ma quelle prescritte dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria. Ne consegue che non è ravvisabile alcun profilo di nullità ove il suddetto avviso di ricevimento, debitamente consegnato nel domicilio del destinatario, sia sottoscritto da persona ivi rinvenuta, ma della quale non risulti dall’avviso medesimo la qualità o la relazione col destinatario dell’atto, salva la facoltà del destinatario di dimostrare, proponendo querela di falso, la assoluta estraneità della persona che ha sottoscritto l’avviso alla propria sfera personale o familiare» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1906 del 29/01/2008; conf. Cass. n. 25616 del 2010; Cass. n. 11708 del 2011 in tema di notifica di cartella di pagamento; Cass. n. 16488 del 2016);
– dalla regolarità della notifica del ricorso in appello effettuata a mani della madre del difensore domiciliatario, in Roccamonfina, via L., ovvero presso il domicilio eletto in primo grado, consegue l’inapplicabilità al caso di specie del disposto di cui al secondo comma dell’art. 327 cod. proc. civ. e, quindi, l’inammissibilità del ricorso per cassazione in esame, posto che lo stesso risulta essere stato spedito per la notificazione in data 26/04/2017, ben oltre il termine semestrale di cui all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, decorrente dalla data del 28/04/2016, di pubblicazione della sentenza impugnata, e scadente il 28/11/2016; statuizione, questa, che preclude l’esame delle questioni poste nel terzo e quarto motivo di ricorso;
– la ricorrente va condannata, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo;
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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