CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13146
Tributi locali – ICI – Accertamento – Notificazione – Rendita catastale – Dichiarazione
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione impugnando la sentenza resa dalla CTR della Campania n. 126/49/13 del 12.07.2013, depositata il 16.7.2013 che confermava la sentenza della CTP di Napoli n. 196/24/10 la quale accoglieva il ricorso del contribuente annullando l’avviso di accertamento notificato il 2.11.2007 relativo a ICI anno di imposta 2003, con contestuale dichiarazione di illegittimità della rendita catastale.
L’Amministrazione lamenta che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto la sussistenza di un giudicato, formatosi sulla base della sentenza della CTR della Campania n.110/47/2011 emessa tra le stesse parti per l’anno di imposta 2001.
Il contribuente ha resistito con controricorso ed ha rilevato la tardività del ricorso.
Con memoria del 8.2.2018 il procuratore della ricorrente ha rinunciato al mandato.
Ritenuto in diritto
1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per Cassazione. Il giudizio è stato instaurato in data precedente il 4.7.2009, sicché ad esso si applica il termine cd lungo di un anno cui all’art. 327 c.p.c. nella formulazione precedente l’entrata in vigore dell’art. 46, della 1.18 giugno 2009, n. 69, che ha ridotto i termini per l’impugnazione.
La sentenza della CTR della Campania, infatti, è stata depositata il 16.7.2013 mentre il ricorso per cassazione è stato inoltrato per la notifica alla parte personalmente (tempestivamente) in data 29.9.2014 e al procuratore costituito, (tardivamente) l’1.12.2014, tenendo conto della sospensione dei termini processuali (che decorrono due volte).
La notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza bensì la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291, primo comma, cod. proc. civ. con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., applicabile alla notifica del ricorso per cassazione (cfr tra le altre Cass. 15236/2014).
2. Va altresì disattesa la eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza.
Il ricorrente ha indicato in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una valutazione giuridica diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea, in modo che la censura risulta comprensibile autonomamente.
4. Con il motivo di impugnazione si prospetta in rubrica ” la errata valutazione ed applicazione del giudicato esterno e violazione e falsa applicazione del principio in diritto enucleabile dal richiamo alla massima della Cassazione SSUU n. 13916/2006 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt.3 e 4 I.n.604/1954 e 2697 c.c.”.
4.a.La censura non è fondata.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il processo tributario non è solo un “giudizio sull’atto” (in tesi da annullare), ma ha, piuttosto, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente. Esso, cosi finalizzato, inevitabilmente estende il suo esame al merito, ovvero all’accertamento del rapporto.
Pertanto il giudice che ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale, non si limita ad annullare l’atto impositivo, ma esamina nel merito la pretesa tributaria, ed, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente la riconduce alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte” (cosi Cass. n. 3309/2004; in senso conforme cfr. Cass. nn 614/2006; 4280/2001; v. altresì, Cass. nn.28770/2005; 16171/2000).
Tanto premesso, va escluso che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale esso si è formato. Se ne deve ammettere infatti una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti. E tale ultrattività del giudicato comporta la possibilità che l’accertamento relativo ad un periodo d’imposta “faccia stato” anche per una pluralità di periodi d’imposta a valere fino a quando quella qualificazione non sia venuta meno fattualmente.
Le SS.UU di questa Corte (Cass. 13916/2006) hanno affermato, che la disposizione di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 7 non vale ad escludere, e ciò proprio per la “periodicità” di alcuni tributi, che possano esistere elementi rilevanti ai fini della determinazione del dovuto che siano comuni a più periodi d’imposta o che l’accertamento giudiziale del modo d’essere dell’obbligazione relativa ad un singolo periodo d’imposta possa implicare anche l’accertamento di una questione capace di “fare stato” (inevitabilmente con forza di giudicato) nel giudizio relativo all’obbligazione sorta in un periodo d’imposta diverso.
Cosicché l’autonomia dei periodi d’imposta trova giustificazione in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo (ad es. la capacità contributiva, le spese deducibili). Mentre vi possono essere – ed effettivamente vi sono – elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, che entrano a comporla per una pluralità di periodi di imposta. A questa tipologia di “elementi preliminari”, possono essere ascritti anche la “categoria e la rendita catastale”.
Tali elementi – per la caratteristica di eccedere il limitato arco temporale del “periodo d’imposta” assunto dalla norma tributaria per la determinazione del dovuto, rimanendo costanti per più periodi, e per la loro pregiudizialità nella costituzione della medesima fattispecie tributaria oggetto del giudizio relativo ad ogni singolo periodo d’imposta – possono essere oggetto di accertamento. L’eventuale giudicato formatosi in un giudizio relativo ad un periodo di imposta ha efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per altro periodo d’imposta.
4. c. Gli elementi valutati dalla CTR nella sentenza passata in giudicato sono gli stessi posti a base dell’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio; non è stato, infatti nemmeno dedotto che la determinazione in concreto dell’obbligazione sia stata operata per la intervenuta modifica di elementi di fatto.
Il Collegio ritiene di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte che, nel filone di giurisprudenza già sintetizzato, ha affermato che “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto”, (vedi tra le altre Cass. 13498/2015; Cass. 4832/2015; Cass.19590/2014; Cass. 16675/2011; Cass.9512/2009).
Nella specie, la sentenza in questa sede impugnata ha evidenziato che “la rendita catastale e il classamento su cui si è formato il giudicato (e cioè il valore indicato dal contribuente, seguito dell’annullamento inoppugnabile del relativo avviso di accertamento) si atteggia quale elemento preliminare comune ed immutabile negli anni”.
Nel caso di specie opera, dunque, il giudicato esterno, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata.
5. Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in €1200,00 oltre accessori.
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