CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13209
Tributi doganali – Avvisi di rettifica – Accertamento – Procedimento – Contenzioso tributario
Fatti e ragioni della decisione
La W. spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Liguria n.25/2012/09, depositata il 17.4.2013, che ha confermato la decisione di primo grado con la quale era stato rigettato il ricorso proposto avverso l’avviso di rettifica relativo alle dichiarazioni di importazione di merci. L’agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
Secondo il giudice di appello, per quel che ancora qui rileva, non era applicabile alla fattispecie l’art.12 c.7. I.n.212/2000, risultando il diritto di difesa del contribuente garantito in via amministrativa (autotutela).
La parte ricorrente deduce con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art.12 c.7 I.n.212/2000 e con il secondo motivo la violazione del comma 4 bis aggiunto all’art. 11 del d.lgs.n.374/1990 dall’art. 92 c. l d.I.n.1/2012, in vigore dal 24.1.2012 conv. nella I.n.27/2012. Rappresenta l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice di appello escludendo il diritto al contraddittorio sulla base della disposizione normative sopra indicate.
L’Agenzia delle dogane, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto delle censure.
I motivi, che meritano un esame congiunto, sono manifestamente fondati nei limiti di seguito esposti.
Decisivi per la decisione della controversia appaiono i principi espressi nella giurisprudenza di questa Corte, sulla scia dei precedenti resi dalla Corte di Giustizia in materia di contraddittorio doganale. Cass.n.6621/13 ha ritenuto che il rispetto del contraddittorio anche nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente richiamato dal Reg. (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913/92 (codice doganale comunitario), si evince dalle previsioni espresse dell’art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 e costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni qualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo. Ne deriva che la denuncia di vizi di attività dell’Amministrazione capaci di inficiare il procedimento è destinata ad acquisire rilevanza soltanto se, ed in quanto, l’inosservanza delle regole abbia determinato un concreto pregiudizio del diritto di difesa della parte, direttamente dipendente dalla violazione che si sia riverberata sui vizi del provvedimento finale.
Cass. n.8399/13 ha poi ritenuto che in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l’art. 12, comma 7, della legge 20 luglio 2000, n. 212, operando in tale ambito lo jus speciale di cui all’art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, – nel testo utilizzabile ratione temporis – preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso. Con un ulteriore gruppo di decisioni pubblicate fra il febbraio e il dicembre 2014- sentt.nn. 10070/14, 9799/14,9800/14,9801,9802/14,9803/14, 10070/14, 15032/14, 15033/14, 15034/14, 15035/14, 15036/14, 15037/14, 2592/14, 25973/14, 25074/14, 25975/14- questa Corte, dando continuità ai principi espressi da Cass.n.8399/2013, ha, tra l’altro, chiarito ulteriormente che l’art. 11 comma 7 ed 8 del D.lgs. n. 374/1990, nel testo vigente “ratione temporis”, prevedeva che, quando dalla revisione eseguita d’ufficio dell’accertamento divenuto definitivo emergono inesattezze, omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato notificando apposito avviso” di rettifica motivato (comma 1, 5 e 6). Entro trenta giorni dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica ed in tal caso viene redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale “ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dagli artt. 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con DPR 23 gennaio 1973 n. 43”. I procedimenti amministrativi cui rinvia la norma consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio con il contribuente, atteso che:a) l’art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l’operatore presenti ricorso gerarchico avverso l’avviso di rettifica “producendo i documenti ed indicando i mezzi di prova ritenuti utili”; b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76 c. 1 del TU n. 43/1973 emerge che solo all’esito dell’indicato procedimento amministrativo contenzioso -nel caso di decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico- si determina la “definitività” dell’avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 D.lgs. n. 546/1992 avverso l’atto impositivo. Il procedimento amministrativo in questione, è preordinato a garantire un contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto all’impugnazione in sede giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela dell’Amministrazione doganale e quindi l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica.
Nelle medesime circostanze si è ribadita l’inapplicabilità alla materia doganale dell’art.12 c.7 l.n.212/2000, altresì chiarendo che il sistema del TU n. 43/1973, cui rinviava l’art. 11 D.lgs. n.374/1990 realizzava, attraverso il procedimento contenzioso amministrativo, una forma anticipata di contraddittorio pieno, che, in seguito, è venuta ad essere sostituita da una diversa modalità di assicurazione della garanzia del contraddittorio “…ma soltanto a far data dalla entrata in vigore del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (art. 1 comma 1) convertito nella legge 24.3.2012 n. 44 che ha introdotto il comma 4 bis all’articolo 11 D.lgs. n. 374/1990…”- intervento normativo successivamente completato dall’art 12 comma 1 del decreto legge 2.3.2012 n. 16 conv. in legge 26.4.2012 n. 27 (recante “disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficienza e potenziamento delle procedure di accertamento”) con l’abrogazione del comma 7 e parzialmente del comma 6 dell’art. 11 del D.lgs. n. 374/1990 e la conseguente eliminazione del sistema dei ricorsi amministrativi contenziosi in materia doganale-.
Va poi aggiunto che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.24823/2015, esaminando la questione rimessa da questa sottosezione con ordinanza interlocutoria n.527/2015, hanno ritenuto che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, I. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni.
Nella medesima occasione le Sezioni Unite hanno per l’un verso desunto anche dall’introduzione in materia doganale di una specifica disposizione-art. 11 c.4 bis d.lgs.n.374/1990, come detto inapplicabile ratione temporis alla fattispecie- l’inesistenza di un obbligo generale di contraddittorio e, per altro verso, chiarito che <<… Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.>>
In definitiva, la giurisprudenza di questa Corte ha disegnato nell’ambito doganale una disciplina speciale che trova fondamento dal combinato disposto delle disposizioni normative specificamente inserite nell’ambito di siffatta materia e dalla matrice eurounitaria della disciplina di settore, per l’appunto emanata dalle Istituzioni dell’Unione europea.
Orbene, i superiori principi vanno coordinati con quelli espressi dalla Corte di Giustizia proprio in tema di contraddittorio doganale.
Corte giust., sez. V, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C- 130/13-, Kamino International Logistics ha infatti ricordato che il diritto al contraddittorio si applica quando l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, dovendosi consentire ai destinatari incisi dalle determinazioni amministrative rientranti nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione di essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale diritto sussiste anche quando la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenze Sopropé, punto 38; M., punto 86, nonché n. C-383/13, G. e R., PPU, punto 32).
Per quel che qui specificamente rileva, la Corte UE ha ricordato che, quando il diritto dell’Unione non fissa né le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa né le conseguenze della violazione di tali diritti, tali condizioni e tal conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelle di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabile (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Siffatta soluzione è applicabile alla materia doganale nella misura in cui l’art. 245 de! codice doganale rinvia espressamente al diritto nazionale, precisando che «le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri», fermo restando che i suddetti possono legittimamente consentire l’esercizio dei diritti della difesa secondo le stesse modalità previste per la disciplina delle situazioni interne purché esse siano conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, non compromettere l’effetto utile del codice doganale (sentenza G. e R.,cit., punto 36).
Più di recente, Corte di giustizia, 20.12.2017, C-276/16, Preqù, ha quindi precisato che le disposizioni del diritto dell’Unione, come quelle del codice doganale, devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali e che le disposizioni nazionali di attuazione delle condizioni previste all’articolo 244, secondo comma, del codice doganale per la concessione di una sospensione dell’esecuzione devono, in mancanza di una previa audizione, garantire che tali condizioni non siano applicate o interpretate restrittivamente. Secondo la Corte UE, se il destinatario di avvisi di rettifica dell’accertamento come quelli di cui trattasi nel procedimento principale ha la possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione di detti atti fino alla loro eventuale riforma e se il giudice nazionale verifica che nell’ambito del procedimento amministrativo, le condizioni di cui all’articolo 244 del codice doganale non sono applicate in modo restrittivo, non può ritenersi pregiudicato il rispetto dei diritti della difesa del destinatario degli avvisi di rettifica dell’accertamento.
In definitiva, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’articolo 244 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, senza che la proposizione di un ricorso amministrativo sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione dell’articolo 244, secondo comma, di detto regolamento da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato.
La Corte UE ha, infine, tenuto a rimarcare che una violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.
Orbene, sulla base del diritto vivente di questa Corte, come integrato dalla giurisprudenza della Corte UE, la censura della società ricorrente è fondata, non risultando che la CTR si sia pienamente conformata ai principi sopra ricordati.
La CTR, infatti, ha correttamente escluso la rilevanza dell’art.l2 c.7 l.n.212/2000 in materia, omettendo però di riconoscere l’esistenza del diritto al contraddittorio endoprocedimentale in materia doganale con le caratteristiche ed i limiti fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, declinati nel senso di escludere l’incomprimibilità assoluta del diritto anzidetto contraddittorio proprio in ambito doganale e di introdurre specifiche limitazioni al suo concreto operare.
I motivi di ricorso vanno pertanto accolti, nei limiti dei principi sopra affermati e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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