CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2021, n. 14345
Tributi – Accertamento – Acquisto di carburante da autotrazione di mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa – Acquisti ritenuti inesistenti – Onere di prova a carico dell’Amministrazione di fittizietà degli acquisti
Fatti di causa
Rilevato che:
la parte contribuente ricorreva avverso un avviso di accertamento riguardante IRPEF relativo all’anno d’imposta 2008;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva, per la parte che qui rileva, il ricorso della parte contribuente;
la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava, per quanto qui rileva, l’appello dell’Agenzia delle Entrate per un verso affermando che è certamente esclusa l’inesistenza delle operazioni di acquisto di carburante che è stata posta a base dell’accertamento nei confronti della Società G. e a fronte di tali risultanze oggettive cadono le presunzioni semplici sulle quali si è fondato l’avviso di accertamento nei confronti della società e per conseguenza l’avviso di accertamento nei confronti del socio e per un altro verso rinviando alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (riportata dal ricorrente) la quale ha motivato ampiamente circa la giustificazione economica dell’operazione;
l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituiva.
Ragioni della decisione
Considerato che, con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 2727, 2729 e 2697 c.c., perché, in presenza di un grave e preciso quadro istruttorio offerto dall’Ufficio in merito all’inesistenza delle operazioni, gravava sul contribuente l’onere di provare la reale sussistenza delle operazioni fatturate;
considerato che il motivo è infondato in quanto, secondo questa Corte: in tema di imposte dirette ed IVA, la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al modello allegato al D.P.R. n. 444 del 1997, compresa l’indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti” (Cass. n. 9855 del 2018; Cass. n. 24409 del 2016): considerato, quanto a quest’ultimo principio, che la questione oggetto della presente controversia non riguarda – come espressamente evidenziato dalla sentenza impugnata – la corretta o meno redazione delle schede carburanti ma l’effettivo o meno acquisto di carburanti;
ai fini del diritto alla deduzione di costi inerenti ex art. 109 TUIR e della detrazione di Iva ex art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, è necessaria la regolare tenuta delle scritture contabili e delle fatture che, ai fini dell’Iva, sono idonee a rappresentare il costo dell’impresa e che devono contenere oggetto e corrispettivo di ogni operazione commerciale, sicché, in caso di operazioni ritenute dall’Amministrazione inesistenti, spetta a quest’ultima l’onere di dimostrare, attraverso la prova logica (o indiretta) o storica (o diretta) e anche con indizi integranti presunzione semplice, la fittizietà dell’operazione e non al contribuente la sua effettività, essendo questi chiamato a fornire la prova contraria soltanto quando sia assolto l’onere probatorio gravante sulla prima (Cass. n. 28246 del 2020);
ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale si è conformata a quest’ultimo principio là dove – per un verso affermando che è certamente esclusa l’inesistenza delle operazioni di acquisto di carburante che è stata posta a base dell’accertamento nei confronti della Società G. e a fronte di tali risultanze oggettive cadono le presunzioni semplici sulle quali si è fondato l’avviso di accertamento nei confronti della società e per conseguenza l’avviso di accertamento nei confronti del socio e per un altro verso rinviando in maniera consapevole alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (riportata per intero dal ricorrente) la quale ha motivato ampiamente e ragionevolmente circa la valida e credibile giustificazione economica dell’operazione contestata dall’Ufficio – ha correttamente gravato l’Ufficio dell’onere di dimostrare, sia pure attraverso indizi integranti presunzioni semplici, la fittizietà dell’operazione contestata dall’Ufficio, e ha successivamente ritenuto – attraverso una motivazione ampia, convincente e ragionevole – altrettanto valida la dimostrazione della parte contribuente circa l’effettività e la non fittizietà delle operazioni, risolvendosi quindi surrettiziamente la doglianza dell’Ufficio, là dove lamenta che gli indizi proposti non sono stati adeguatamente considerati e valutati dalla sentenza impugnata, in una doglianza di merito, insuscettibile in quanto tale di poter essere valutata in Cassazione attraverso la denuncia di un vizio di violazione e falsa applicazione di legge, perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020).
Pertanto, ritenuto infondato il motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente respinto; nulla va statuito in merito alle spese, non essendosi costituita la parte contribuente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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