CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 marzo 2019, n. 8302
Verbale ispettivo – Cartella esattoriale – Contributi evasi – Premi assicurativi INAIL afferenti i rapporti di lavoro subordinato
Rilevato che
1. con sentenza del 7 agosto 2013, la Corte di Appello di Firenze confermava le decisioni del Tribunale di Arezzo di rigetto delle opposizione proposte con due separati ricorsi dalla società L.S. s.r.l. ad altrettante cartelle esattoriali con le quali l’INPS, in proprio e nella indicata qualità, e l’INAIL avevano chiesto il pagamento di contributi evasi e sanzioni civili, premi assicurativi INAIL afferenti i rapporti di lavoro subordinato relativi a 25 lavoratori, nel periodo novembre 2006 – marzo 2007;
2. la Corte territoriale osservava che: le pretese di cui alle opposte cartelle traevano origine dal verbale di accertamento del 31 maggio 2007 della Guardia di Finanza Brigata S.S. nei confronti della A. s.r.l. la quale, in forza di contratto di affitto di azienda stipulato nel novembre 2006 con la società L.S. s.r.I., aveva acquistato la gestione del locale di intrattenimento denominato ” L.S.”; in esito a tale accertamento, infatti, la Guardia di Finanza aveva ritenuto che la A. s.r.l. avesse solo apparentemente assunto la gestione del locale rimasto sempre effettivamente nelle mani della società cedente in persona del suo legale rappresentante G.M.; i venticinque lavoratori trovati in servizio presso il detto locale dai militari all’atto dell’ispezione avevano tutti dichiarato di prendere le direttive dal M. dal quale erano anche retribuiti nonostante nessun rapporto di lavoro fosse stato mai formalizzato; nessuno di detti lavoratori aveva riferito di prendere disposizioni dal legale rappresentante della A. s.r.l., M.G., e che al momento dell’accesso dei militari nel detto locale era stato trovato il M. il quale aveva presenziato alle operazioni di verifica dimostrando la sostanziale inattività del G.; tutti i predetti elementi erano coerenti tra loro ed idonei a ricondurre all’apparente cedente (L.S. s.r.I.) i rapporti di lavoro dei numerosi addetti al locale; la opponente società, inoltre, non aveva mai contestato la qualificazione subordinata dei rapporti di lavoro implicita nelle pretese recuperatorie dell’INPS;
3. per la cassazione di tale decisione propone ricorso la società affidato a tre motivi cui resistono con separati controricorsi l’INPS, in proprio e nella qualità, e l’INAIL;
4. la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;
Considerato che
5. con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) per avere la Corte territoriale omesso di esaminare il fatto decisivo che a provvedere all’assunzione , a pagare e a dare le istruzioni di lavoro era stato il M. – legale rappresentante non solo della società L.S. s.r.l. ma anche di altre – personalmente e che nessuno mai aveva affermato che il predetto avesse agito quale amministratore de L.S. s.r.I., sicchè era del tutto errato individuare in quest’ultima l’effettivo gestore dei rapporti di lavoro dei soggetti trovati al lavoro al momento dell’accesso della Guardia di Finanza;
con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 1415 cod. civ. e difetto di legittimazione attiva degli istituti per avere la Corte d’appello ritenuto simulato il contratto di affitto di azienda intercorso tra L.S. s.r.l. e la A. s.r.l. relativo al locale da ballo contraddistinto dall’insegna “L.S.” nonostante tanto l’INPS che l’INAIL non avessero provato né la predetta simulazione né che la stessa pregiudicava i loro preesistenti diritti nei confronti della società L.S.;
con il terzo motivo si lamenta la “violazione dell’art. 360 n.5 c.p.c. in relazione al fatto decisivo dell’insussistenza del “pregiudizio” non avendo il giudice del gravame considerato la mancata prova della esistenza di un pregiudizio degli istituti laddove, invece, agli atti era stata acquisita la prova dell’esatto contrario costituita dall’accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di A. s.r.l. da cui si evinceva che quest’ultima si era avvalsa del ravvedimento operoso per sanare la propria posizione fiscale così, dunque, risultando del tutto smentito l’assunto della Guardia di Finanze secondo cui detta società sarebbe stata costituita al solo fine di preservare la cedente L.S. s.r.l. dalle imposte e tasse connesse alla gestione del locale da ballo;
6. che il primo motivo è inammissibile non presentando alcuno dei requisiti richiesti dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (come modificato dall’art. 54, comma 1 lett. b) d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134) così come interpretato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. SU n. 8053 del 07/04/2014) finendo con il lamentare non l’omesso esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria) bensì la interpretazione che la Corte territoriale aveva effettuato delle risultanze istruttorie finendo in tal modo per sollecitare una rivisitazione del merito della controversia non ammissibile in questa sede. Peraltro, la Corte territoriale, nell’impugnata sentenza, ha con una motivazione ampia ed esaustiva evidenziato come dal complesso degli elementi raccolti nell’espletata istruttoria fosse emerso che i venticinque lavoratori trovati dai militari della Guardia di Finanze in servizio presso il locale “L.S.” al momento dell’accesso e privi di un regolare contratto di lavoro fossero riconducibili alla società L.S. s.r.l. di cui il M. era legale rappresentante;
7. il secondo motivo è del tutto infondato in quanto, come evidenziato nella impugnata sentenza, ciò che era controverso era la individuazione di chi fosse il titolare dei venticinque rapporti di lavoro subordinato in discussione in assenza di una qualsiasi loro formalizzazione e, quindi, la individuazione del soggetto tenuto per legge al versamento dei contributi e dei premi assicurativi rispettivamente all’INPS ed all’INAIL; in altri termini, come chiaramente detto dalla Corte d’appello, il fatto che A. s.r.l. fosse la formale cessionaria dell’affitto di azienda nulla provava circa la pretesa riconducibilità ad essa dei predetti rapporti di lavoro. Peraltro il credito degli istituti verso la società L.S. s.r.l. – e quindi la loro legittimazione attiva – derivava dall’accertamento della sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato non regolarizzati;
8. il terzo motivo è infondato avendo la Corte territoriale considerato irrilevante la circostanza che l’accertamento fiscale nei confronti della A. s.r.l. fosse stato definito; in effetti il motivo, al pari del primo, finisce con l’impingere nel merito chiedendo una nuova e diversa valutazione di risultanze istruttorie già scrutinate dal giudice del gravame;
pertanto, il ricorso va rigettato;
9. nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. è stato evidenziato come alcune tra le sanzioni di cui alle opposte cartelle erano state irrogate in applicazione dell’art. 36-bis, comma 7, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248 – che ha modificato l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge del 23 aprile 2002, n. 73 n. 254 del 2014 – norma dichiarata incostituzionale con sentenza n. 254/2014 dalla Corte Costituzionale nella parte in cui stabilisce: <<L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata»;
10. per costante giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass. n. 26275 del 14/12/2007; Cass. n. 15809 del 28 luglio 2005), le sentenze di accoglimento di una questione di legittimità costituzionale pronunciate dalla Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, in quanto connesse a una dichiarazione di illegittimità che inficia fin dall’origine la dichiarazione colpita, con l’unico limite delle situazioni già consolidate, attraverso quegli eventi che l’ordinamento riconosce idonei a produrre tale effetto, tra i quali si collocano non solo la sentenza passata in giudicato (e l’atto amministrativo non più impugnabile), ma anche altri fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale, quali, ad esempio, la prescrizione e la decadenza;
11. pertanto, va cassata la sentenza oggetto di impugnazione nella parte in cui ha fatto applicazione dell’abrogato art. 1, comma 1, della legge n. 248/2006, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione che provvederà a detrarre dalle somme di cui alle opposte cartelle quelle irrogate come sanzioni civili ai sensi della predetta norma dichiarata incostituzionale con sentenza n. 254/2014 della Corte Costituzionale in applicazione dei principi ivi affermati provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Provvedendo sul ricorso cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
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