CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 marzo 2019, n. 8332
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in appello – Deposito della distinta/elenco delle raccomandate postali e dell’avviso di ricevimento – Validità
Rilevato che
– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento per IVA, IRAP ed IRPEF relativo all’anno d’imposta 2007, emesso sulla scorta delle risultanze degli studi di settore, con la sentenza impugnata la CTR dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate per l’omesso deposito della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello;
– avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimato con controricorso;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
Considerato che
1. Sono fondati e vanno accolti i due motivi di ricorso (da esaminarsi congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi) con i quali la ricorrente deduce la violazione dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, in combinato disposto dagli artt. 22 stesso d.lgs., 156 cod. proc. civ. e 2699 cod. civ., per avere la CTR ritenuto inammissibile l’appello dell’ufficio per omesso deposito della ricevuta di spedizione della raccomandata postale nonostante il deposito della distinta/elenco delle raccomandate postali attestante l’avvenuta tempestiva presentazione del plico all’ufficio postale di spedizione e dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale attestante la consegna del plico al destinatario prima della scadenza del termine di impugnazione primo motivo) e la violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR illustrato le ragioni per le quali il deposito di tale documento non consentisse di ritenere tempestivo l’appello (secondo motivo).
2. Al riguardo deve osservarsi in diritto che la statuizione impugnata, là dove la CTR sostiene che il mancato deposito della ricevuta postale di spedizione dell’appello entro trenta giorni da tale data costituisce ragione di inammissibilità dell’appello in quanto non consentirebbe la verifica della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, non è conforme ai principi recentemente enunciati dal Supremo consesso di questa Corte nelle sentenze n. 13452 e n. 13453 del 2017, in cui si è affermato, con riguardo alla notificazione dell’appello, nel processo tributario, a mezzo del servizio postale (come nel caso di specie), che: 1) «il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante, che si avvalga per la per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)»; 2) «non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, solo in tal caso, essendo l’avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza».
3.1. Tale ultima affermazione è espressione della c.d. “prova di resistenza” evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle citate pronunce con riferimento al tema della decorrenza del termine di costituzione dell’appellante che notifichi a mezzo del servizio postale, in base alla quale l’inammissibilità non può essere dichiarata «se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al destinatario» (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n. 25237, 25400 e n. 25495 del 2017).
3.2. Inoltre, la CTR, là dove nega valore probatorio alla distinta delle raccomandate riportante il solo timbro a secco di accettazione dell’ufficio postale, si pone in contrasto con il principio giurisprudenziale in base al quale «Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle Poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale» (Cass. n. 22878 del 2017; v. anche Cass. n. 24568 del 2014 e n. 7312 del 2016). Peraltro, «La giurisprudenza chiarisce, sul punto, che la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poiché si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m.). Infatti, riguardo al timbro postale mancante di firma si ritiene che si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilità d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen.,10.1. 1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 1.3.1985 – Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27.5.1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. pen., 27.1.1987 – Cass. pen. 1988, 826, s.m.)» (Cass., Sez. U., n. 13452 del 2017, par. 5.9, v. anche par. 5.10).
4. Ciò posto in diritto, deve osservarsi in fatto che nel caso di specie risulta dagli atti processuali (cui la Corte ha accesso diretto trattandosi di error in procedendo — cfr., tra le più recenti, Cass. n. 19410 del 2015, n. 8069 del 2016 e, in caso analogo a quello qui vagliato, Cass. n. 26799 del 2017 di questa Sottosezione) che la sentenza di primo grado venne pubblicata in data 08/04/2015 e pertanto il termine lungo di impugnazione di sei mesi, ex art. 327 cod. proc. civ., maggiorato di trentuno giorni di sospensione per il periodo feriale (ai sensi della legge n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, come modificato dall’art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014, con decorrenza dall’anno 2015), andava a scadere lunedì 9/11/2015 (a tale data prorogato ex art. 155, comma 4, cod. proc. civ. il termine scadente domenica 8/11/2015).
Orbene, dall’elenco delle .raccomandate recante il timbro a secco dell’ufficio postale di spedizione, depositato dall’Agenzia delle entrate unitamente al ricorso d’appello — come accertato anche dalla CFR che però ha erroneamente escluso l’utilizzabilità di tale documento — risulta che il ricorso venne spedito per la notificazione in data 27/10/2015 (come evincibile dal timbro postale) e ricevuto il giorno successivo, ovvero il 28/10/2015, come risultante dall’avviso di ricevimento della raccomandata postale depositato unitamente all’atto di appello (la cui utilizzabilità consente di superare i dubbi esternati dalla CTR circa la valenza probatoria dell’elenco delle raccomandate postali). Ne consegue la tempestività dell’impugnazione, risultando altresì che l’appellante, stando a quanto attestato dalla segreteria della CTR in data 13/07/2017, provvide in data 11/11/2015, e quindi entro il termine di cui all’art. 22 d.lgs. n. 546 del 1992, anche al deposito dei predetti atti (ricorso d’appello, elenco delle raccomandate postali e avviso di ricevimento).
5. Dall’accoglimento dei motivi di ricorso deriva la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame nel merito della vicenda processuale, alla competente CTR, in diversa composizione, che provvederà anche a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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