CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 novembre 2021, n. 36713
Omissione contributiva – Settore edilizia – Violazione dell’art. 1 del DL n. 338/1989 – Versamento del cd. minimale contributivo
Fatto
RILEVATO CHE:
1. la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda di T.E., titolare del N.H.B.E., di opposizione al verbale ispettivo con cui era contestata l’omissione contributiva derivante dalla violazione dell’art. 1 del DL nr. 338 del 1989;
1.1. per quanto solo rileva in questa sede, la Corte di appello ha ritenuto che il datore di lavoro fosse tenuto al versamento del cd. «minimale contributivo» e che, quindi, dovesse rapportare la contribuzione alla retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva prevalente nel settore di appartenenza e non a quella effettivamente versata, in ragione dei giorni di presenza dei lavoratori;
2. avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione T.E., articolato in due motivi;
3. l’INPS ha depositato procura scritta;
Diritto
CONSIDERATO CHE:
4. con il primo motivo è dedotta – ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 cod.proc.civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del DL nr. 338 del 1989 nonché l’omessa pronuncia e l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio;
4.1. per la ricorrente, la Corte di merito avrebbe del tutto travisato il concetto del cd. «minimale contributivo», fornendo una ricostruzione delle modalità di calcolo della contribuzione basato su un concetto meramente virtuale, legato al minimo retributivo fissato dalla contrattazione collettiva e non alla retribuzione effettivamente corrisposta ai lavoratori;
4.2. i giudici di merito si sarebbero limitati a recepire acriticamente gli accertamenti degli ispettori, senza valutare l’erroneità del sistema di calcolo adottato, fondato sull’applicazione di un software – il T.V. -, in uso all’Istituto;
4.3.per la ricorrente, la documentazione offerta dalla parte datoriale dimostrava il corretto adempimento dell’obbligo contributivo, correlato «al minimo retributivo giornaliero fissato dal CCNL di categoria in funzione delle giornate lavorative espletate dai singoli lavoratori»;
5. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nn. 4 e 5 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost. nonché la carenza assoluta di motivazione, la contraddittorietà e l’illogicità;
5.1. i giudici di merito avrebbero valutato erroneamente i dati processuali, pervenendo ad una sostanziale violazione dell’art. 1 del DL nr. 338 del 1989, senza dare giusto rilievo al principio di non contestazione e omettendo, nel contempo, di considerare la puntuale dimostrazione del corretto adempimento dell’obbligo contributivo, sulla base del monte ore lavorativo e della retribuzione erogata. Diversamente opinando, la richiesta contributiva risulterebbe una sorta di imposta, con duplicazione di oneri da parte dell’azienda;
6. i motivi possono congiuntamente trattarsi, presentando profili di stretta connessione;
7. essi sono infondati sulla base dei principi di questa Corte (tra le ultime, Cass. nr. 22178 del 2021; Cass. nr.22986 del 2020; Cass. nr. 16864 del 2020; Cass. nr. 15120 del 2019) che, consolidatosi dopo l’arresto delle Sezioni Unite nr. 11199 del 2002, affermano come l’importo della retribuzione, da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali, non possa essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. «minimale contributivo»), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale- dal D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1 (convertito in L. 7 dicembre 1989, n. 389), senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 Cost. (c.d. «minimo retributivo costituzionale»), che sono rilevanti solo quando a detti contratti si ricorre -con incidenza sul distinto rapporto di lavoro- ai fini della determinazione della giusta retribuzione (v. ex aliis Cass. nr. 801 del 2012). La regola del minimale contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, ben potendo l’obbligo contributivo essere parametrato ad importo superiore a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro;
8. in particolare, è stato osservato come, nel settore dell’edilizia, il D.L. nr. 244 del 1995, art. 29, (conv. in legge nr. 341 del 1995) individui (espressamente) le ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo (in ragione -si reputa- della peculiarità del settore medesimo ove la possibilità di rendere la prestazione lavorativa è normalmente condizionata da eventi esterni che sfuggono al controllo delle parti). Nondimeno, si è ritenuto che, anche nei settori diversi da quello edile, la contribuzione sia dovuta nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione concordata della prestazione stessa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di lavoro e non dalle ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo (quali malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione);
9. come logico corollario si è precisato che «ove […] gli enti previdenziali e assistenziali pretendano da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale determinata ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, comma 1, anche con riferimento all’orario di lavoro, incombe al datore di lavoro allegare e provare la ricorrenza di un’ipotesi eccettuativa dell’obbligo» (così Cass. nr. 22986 del 2020 cit);
10. ne deriva la conformità a diritto della soluzione adottata dalla Corte territoriale considerato che l’esenzione dall’obbligo contributivo è, nel caso concreto, sostenuta dal datore di lavoro sulla base della necessità di adeguare la contribuzione alla prestazione effettivamente resa (id est: alle giornate lavorative effettivamente espletate) senza prospettare situazioni di «sospensione» dell’attività lavorativa per le quali, detta esenzione, sia stabilita da fonti legali e/o contrattuali;
11. in definitiva, il ricorso va rigettato;
12. nulla per le spese in difetto di sostanziale attività difensiva da parte dell’INPS;
13. sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.