CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31528
Crediti previdenziali – Cartelle esattoriali -Omessa notificazione – Opposizione – Legittimazione passiva del concessionario – Carenza
Fatti di causa
1. Il signor D.C. ha agito in giudizio nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. e ha chiesto di dichiarare la nullità di quattordici cartelle esattoriali, sul presupposto che mai gli fossero state notificate e che fossero dunque prescritti i crediti di natura previdenziale in esse indicati.
Il Tribunale di Locri, con sentenza n. 1057 del 27 giugno 2014, ha dichiarato inesigibili per compiuta prescrizione quinquennale i crediti recati dalle prime sette cartelle e inesigibili per omessa notificazione i crediti correlati alle altre cartelle e ha condannato Equitalia Sud s.p.a. a rifondere al ricorrente le spese di lite e a risarcirgli il danno arrecato, ai sensi dell’art. 96, ultimo comma, cod. proc. civ.
2. La decisione è stata appellata da Equitalia Sud s.p.a.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza pronunciata il 3 novembre 2015 e pubblicata il 19 novembre 2015 con il numero 1451/2015, ha accolto il gravame e ha rigettato l’opposizione di D.C., alla luce dei seguenti rilievi:
a) dalla «documentazione tempestivamente depositata in primo grado», neppure specificamente disconosciuta «ai sensi dell’art. 2712 c.c.», emerge che le cartelle «sono state tutte […] notificate» ed è vanamente decorso il termine di quaranta giorni per proporre opposizione;
b) «[a]nche con riguardo alle prime due cartelle», Equitalia Sud s.p.a. non è stata «correttamente evocata in giudizio», in quanto i vizi dedotti attengono al merito della pretesa e, con riguardo a tali profili, «solo l’INPS è chiamato a contraddire»: l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, «esplicita in primo grado, espressamente richiamata nella narrativa dell’atto di gravame ed implicita nel primo motivo di appello», conduce al rigetto dell’appello;
c) rimane assorbito il motivo di gravame che censura la condanna per responsabilità processuale aggravata;
d) le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza.
3. D.C., con ricorso notificato il 19 maggio 2016 e affidato a due motivi, chiede la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, che non è stata notificata.
4. Equitalia Sud s.p.a. resiste con controricorso.
5. Il ricorso è stato originariamente assegnato alla sezione di cui all’art. 376, primo comma, cod. proc. civ.
5.1. Su proposta del relatore designato, che aveva ritenuto il ricorso manifestamente infondato, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, a norma dell’art. 380-bis, primo comma, cod. proc. civ.
5.2. Il ricorrente, in prossimità dell’adunanza, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis, secondo comma, cod. proc. civ., insistendo per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate e ribadendo che la legittimazione passiva compete al concessionario.
5.3. Con ordinanza 24 settembre 2018, n. 22536, la Corte in camera di consiglio ha rimesso la causa a questa sezione, in applicazione dell’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ.
Nel motivare tale scelta, la Corte ha rilevato la «valenza nomofilattica» della questione controversa, che implica un raffronto, in punto di legittimazione a contraddire del concessionario, tra l’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337) e l’art. 24, comma 5, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337).
La questione si raccorda, inoltre, a una domanda di «incerta qualificazione», che può essere inquadrata come «un’azione di accertamento negativo del credito previdenziale» o, in alternativa, come una domanda attinente a «un procedimento esecutivo viziato», con evidenti ripercussioni sulla «legittimazione a contraddire al concessionario».
6. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1. cod. proc. civ.
Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.
La causa è stata aggiornata a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle sezioni unite sulla questione prospettata dall’ordinanza interlocutoria n. 8003 del 22 marzo 2021, ed è stata posta in decisione all’adunanza camerale dell’8 luglio 2022.
Ragioni della decisione
1. Il signor D.C. articola due motivi di ricorso su quella che è la ratio decidendi prioritaria e assorbente della sentenza impugnata: l’insussistenza della legittimazione passiva di Equitalia Sud s.p.a.
1.1. Con il primo mezzo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 346 cod. proc. civ. e imputa alla Corte territoriale di avere accolto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del concessionario, nonostante fosse stata disattesa in primo grado e non fosse stata riproposta in fase d’appello, come prescrive il codice di rito.
1.2. Con la seconda censura, il C. si duole, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., della violazione e della falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ. e dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999.
La Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere il concessionario sprovvisto di legittimazione passiva, in una controversia che concerne vizi imputabili proprio all’inerzia di Equitalia Sud s.p.a.
A fronte di contestazioni concernenti l’omessa notificazione delle cartelle di pagamento, il concessionario sarebbe titolare di un evidente «interesse a contraddire alla domanda spiegata» e avrebbe dovuto chiamare in causa l’ente creditore. In difetto d’una tempestiva chiamata, Equitalia Sud s.p.a. sarebbe tenuta a rispondere delle conseguenze della lite, a norma dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999.
2. Il ricorrente censura la sentenza della Corte territoriale sotto un duplice profilo, processuale e di merito.
La sentenza impugnata avrebbe irritualmente rilevato la carenza di legittimazione passiva del concessionario.
Nel merito, tale legittimazione passiva sarebbe stata erroneamente negata.
Entrambi i motivi devono essere disattesi.
3. Il primo mezzo è inammissibile, per la dirimente ragione che difetta di specificità e non si confronta con la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata e con le peculiarità della carenza di legittimazione passiva posta a fondamento della decisione di rigetto dell’opposizione.
3.1. La Corte reggina, nell’accogliere la prospettazione del concessionario, ha rilevato che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva è «esplicita in primo grado», è stata «espressamente richiamata nella narrativa dell’atto di gravame» ed è peraltro «implicita nel primo motivo di appello» (pagina 4).
Tale statuizione, ad avviso del ricorrente, sarebbe inficiata da un error in procedendo.
3.2. Si deve rilevare, preliminarmente, che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione si sia tradotta in un error in procedendo. In tale ipotesi, difatti, questa Corte ha il potere-dovere di procedere all’esame e all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e delle deduzioni delle parti (Cass., sez. III, 10 ottobre – 2014, n. 21421 e, di recente, Cass., sez. II, 3 agosto 2022, n. 24014).
L’esercizio del menzionato potere-dovere presuppone, tuttavia, che la censura sia proposta dal ricorrente in conformità alle prescrizioni del codice di rito e, segnatamente, all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. e all’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 10giugno 2022, n. 17919, punto 13, e 20 dicembre 2021, n. 40893, punto 20), secondo le indicazioni già delineate dalle sezioni unite di questa Corte (Cass., S.U., 22 maggio 2012, n. 8077).
È ben vero che questa Corte, allorché deve accertare se il giudice di merito sia incorso in error in procedendo, è anche giudice del fatto e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa.
Tuttavia, poiché tale vizio non è rilevabile d’ufficio e questa Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi che individuano e caratterizzano il fatto processuale di cui richiede il riesame e illustri altresì la corretta soluzione rispetto a quella erronea prescelta dai giudici di merito, in modo da consentire al giudice di legittimità di verificare la fondatezza della prospettazione alternativa propugnata con il ricorso e quindi di emendare l’errore denunciato (Cass., S.U., 25 luglio 2019, n. 20181).
3.3. Il ricorrente non ha ottemperato all’onere d’illustrare tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Cass., sez. I, 2 febbraio 2017, n. 2771).
Il ricorrente ha omesso di confutare, con il sussidio della riproduzione dei passi salienti dell’atto di gravame, la valutazione della Corte di merito, che ha ritenuto comunque devoluta anche in appello la carenza di legittimazione passiva, poiché immanente alla trama argomentativa dell’atto d’impugnazione.
Il ricorrente non ha dimostrato, con argomentazioni atte a infirmare il ragionamento della Corte territoriale, che il profilo della legittimazione passiva non sia stato in alcun modo devoluto alla cognizione del giudice del gravame e che dunque la sentenza impugnata abbia errato nell’intendere in termini ampi il tema del decidere.
3.4. Si deve osservare, infine, che il difetto di legitimatio ad causam è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514) e prescinde dall’eccezione di parte, come anche la controricorrente non manca di ricordare (pagina 9 del controricorso).
Tale tema della rilevabilità d’ufficio di un profilo che ha priorità logica nella disamina della domanda è stato prospettato anche nella proposta del relatore formulata ai sensi dell’art. 380-bis, primo comma, cod. proc. civ.
Né, sugli aspetti illustrati, la memoria illustrativa depositata in vista dell’adunanza camerale a norma dell’art. 380-bis, secondo comma, cod. proc. civ., ha svolto rilievi critici di sorta.
L’istituto della legittimazione ad agire o a contraddire in giudizio (legittimazione attiva o passiva) si raccorda al principio dettato dall’art. 81 cod. proc. civ.; che vieta di far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. L’attore e il convenuto devono coincidere con i soggetti che, secondo la legge chiamata a regolare il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta.
Poiché la materia attiene al contraddittorio e occorre prevenire una sentenza inutiliter data, s’impone la verifica di tale legittimazione, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo che sulla questione sia intervenuto il giudicato interno (cfr., sul punto, anche Cass., sez. lav., 10 giugno 2022, n. 18812).
La parte ricorrente, per dimostrare la portata decisiva della critica mossa con il primo mezzo, avrebbe dovuto offrire ragguagli più precisi in ordine alle cadenze del dibattito processuale e al conseguente formarsi del giudicato interno, viceversa escluso, con apprezzamento che non è -stato confutato in maniera idonea, dalla Corte d’appello.
Solo il giudicato, debitamente suffragato da deduzioni calibrate sulla specificità della questione prioritaria della legittimazione passiva e della dialettica dell’odierno processo, avrebbe potuto precludere in radice alla Corte reggina di fondare la decisione sul menzionato profilo preliminare.
4. Sgombrato il campo dal tema dell’irrituale rilievo della carenza di legittimazione passiva, occorre esaminare le doglianze sul merito di tale questione, veicolate con il secondo mezzo.
5. Non coglie nel segno l’eccezione d’inammissibilità formulata da Equitalia Sud s.p.a., che addebita al ricorrente di aver denunciato, dietro lo schermo della violazione di legge, un erroneo apprezzamento di questioni di fatto.
Tale vizio potrebbe essere censurato dinanzi a questa Corte soltanto nei ristretti limiti tracciati dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
5.1. Giova premettere, a tale riguardo, che il vizio di violazione di legge dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo alla stregua dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata si pongano in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità. S’impedirebbe altrimenti a questa Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass., sez. I, 5 agosto 2020, n. 16700; di recente, Cass., sez. lav., 30 giugno 2022, n. 20827) e le si demanderebbe il compito d’individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., S.U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
5.2. Il motivo in esame è specifico e completo, come conferma la stessa ampiezza delle difese svolte in replica dalla parte controricorrente, e si cimenta con la ricostruzione degli antecedenti processuali rilevanti e con la disamina della ratio decidendi della pronuncia impugnata, senza trasmodare nella richiesta di riesame della valutazione compiuta in fatto dalla Corte di merito.
Le censure mosse alla sentenza della Corte reggina sottendono un genuino problema d’interpretazione della disciplina applicabile, senza ambire a una rivalutazione dell’accertamento di fatto, peraltro non controverso tra le parti. In questa sede si dibatte sulla sola questione, di puro diritto, della legittimazione passiva dell’ente titolare del credito o dell’agente per la riscossione.
6. Il motivo non è fondato.
7. Questa Corte, chiamata a pronunciarsi a sezioni unite su una questione di massima di particolare importanza, ha di recente affermato che, in materia di riscossione di crediti previdenziali, la legittimazione a contraddire compete all’ente impositore, anche quando si deduca l’omessa notificazione della cartella recante il credito che si reputa insussistente (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514, già richiamata).
Invero, è l’ente impositore l’unico titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio.
È questo l’aspetto che riveste rilievo decisivo.
La parte ricorrente si limita a enfatizzare l’imputabilità dei vizi denunciati all’agente per la riscossione. Tale profilo, tuttavia, non vale a radicare in capo a Equitalia Sud s.p.a. quella titolarità del rapporto sostanziale che viene in rilievo quale presupposto indefettibile in un giudizio pur sempre inerente al merito della pretesa.
Nell’affermare la legittimazione passiva del solo ente impositore, con rilievi che devono essere condivisi per la forza persuasiva degli argomenti che li avvalorano, questa Corte ha posto l’accento sulla specificità e sull’autonomia del sistema di riscossione dei crediti previdenziali (sentenza n. 7514 del 2022, cit., punto 12).
D’importanza essenziale, a tale riguardo, si rivela l’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, nella versione modificata dall’art. 4, comma 2 -quater, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209 (Disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all’elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l’autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo), convertito, con modificazioni, nella legge 22 novembre 2002, n. 265.
Alla luce del testo oggi vigente del citato art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, il ricorso contro l’iscrizione a ruolo dev’essere notificato all’ente impositore ed è stato soppresso l’obbligo di notificazione al concessionario. Dal menzionato dato normativo, dal quale il motivo di ricorso prescinde del tutto, trascurando di smentirne l’importanza sistematica, traspare in modo inequivocabile che titolare della pretesa, e unico legittimato a contraddire, è l’ente impositore.
Tali conclusioni si attagliano tanto alle opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali quanto alle opposizioni, concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti successivi all’iscrizione a ruolo, «entrambe accomunate dall’attinenza al merito della pretesa contributiva» (sentenza n. 7514 del 2022, punto 12.2.).
È proprio la previsione speciale dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, dotata di cruciale rilievo nell’inquadramento sistematico della disciplina, a regolare la legittimazione dell’ente impositore nella peculiare materia qui scrutinata.
Anche quando ha innovato la normativa in esame, il legislatore ha scelto di lasciare inalterata tale disposizione, che rispecchia la specialità della riscossione dei crediti previdenziali. Né si può dunque ritenere che tale specialità sia implicitamente superata, in difetto di indicazioni univoche, da quell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999 (sentenza n. 7514 del 2022, cit., punto 12.2.), che il ricorrente richiama a più riprese nell’illustrazione della censura, senza, tuttavia, confrontarsi con la speciale previsione del citato art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999.
Il ricorrente non ha addotto argomenti che inducano a rimeditare le conclusioni cui questa Corte, a sezioni unite, è giunta, nel dirimere la questione di massima di particolare importanza rimessa da questa sezione.
8. Nell’odierno giudizio, che verte sull’irregolarità della notificazione delle cartelle e sulla prescrizione del credito per omissioni contributive, si dibatte pur sempre sul merito della pretesa, che il ricorrente contesta sotto plurimi profili.
Rispetto a tale oggetto di disputa, il concessionario resta estraneo (sentenza n. 7514 del 2022, punto 12.3.).
La carenza di legittimazione passiva è idonea di per sé a giustificare il rigetto dell’opposizione, come questa Corte a sezioni unite ha avuto occasione di precisare, escludendo l’operatività dei meccanismi d’integrazione del contraddittorio sanciti dagli artt. 102 e 107 cod. proc. civ.: «La parte che introduce il giudizio, infatti, al fine di ottenere una pronuncia nel merito in astratto satisfattiva delle sue ragioni, deve radicarlo correttamente nei confronti del soggetto legittimato a contraddirvi, quale titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio. Poiché l’unico soggetto convenuto in giudizio, nel caso in disamina, è l’agente della riscossione e costui non è titolare del diritto di credito, quanto, piuttosto, mero destinatario del pagamento (Cass. 24 giugno 2004 n. 11746) o, più precisamente, soggetto autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento ex 1188, I, c.c. (cfr. Cass. 26 settembre 2006 n. 21222, Cass. 15 luglio 2007 n. 16412), si evidenzia il difetto di legittimazione passiva in capo all’agente per la riscossione ed il difettoso radicamento del contraddittorio da parte di chi ha agito in giudizio nei confronti esclusivamente del medesimo» (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514, punto 13).
Tale considerazione si rivela dirimente.
La difettosa instaurazione del contraddittorio verso una parte estranea al rapporto sostanziale dedotto in causa rende dunque ininfluente la questione, adombrata con il richiamo all’art. 100 cod. proc. civ., dell’interesse del concessionario a contrastare le pretese del debitore.
Merita di essere condivisa, pertanto, la statuizione della Corte di merito, nella parte in cui ha affermato la carenza di legittimazione passiva di Equitalia Sud s.p.a. in ordine a contestazioni attinenti al debito contributivo del ricorrente e ha, di conseguenza, rigettato l’opposizione.
9. Dalle considerazioni svolte discende, in ultima analisi, il rigetto del ricorso.
10. Quanto alle spese del presente giudizio, possono essere compensate tra le parti in•ragione della complessità delle questioni dibattute.
Sulla legittimazione passiva del concessionario, solo in epoca recente, posteriore alla proposizione dell’azione, sono stati appianati i contrasti interpretativi, che hanno richiesto l’intervento chiarificatore delle sezioni unite nel marzo 2022.
11. Poiché il ricorso è rigettato, a norma dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), si deve dare atto con la presente ordinanza (Cass., S.U., 27 novembre 2015, n. 24245) dei presupposti per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione, .ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
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