CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 settembre 2018, n. 22750
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Opposizione allo stato passivo – Compenso per attività di componente e di presidente del consiglio di amministrazione della società fallita – Eccezione della curatela di inadempimento nell’esecuzione dell’incarico – Onere di prova contraria dell’amministratore – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
1. – Con decreto dell’8 maggio 2017 il Tribunale di Napoli ha respinto l’opposizione proposta da S.G. verso lo stato passivo del Fallimento S. Società EA Srl, confermando l’esclusione del credito di 77.050,17, oltre accessori, insinuato dallo S. a titolo di compenso dovutogli per l’attività espletata quale componente del consiglio di amministrazione della società fallita e successivamente presidente del medesimo.
Ha in breve sostenuto il Tribunale che, avendo il Fallimento contrastato la pretesa creditoria dello S. attraverso la formulazione, nei suoi confronti, di un’eccezione di inadempimento, questi avrebbe dovuto provare l’esatto adempimento delle obbligazioni poste a suo carico, cosa che non aveva fatto.
2- Per la cassazione della sentenza S.G. ha proposto ricorso per tre motivi ed ha depositato memoria.
Il Fallimento S. Società Ecologica P. A. Srl ha resistito con controricorso.
Considerato che
3. Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 3 della Costituzione, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, c.p.c., per disparità di trattamento nel presente giudizio a seguito dell’applicazione del principio dell’onere della prova in sede di eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c., censurando il decreto impugnato per aver fatto applicazione di detto principio quantunque la documentazione necessaria a provare l’intervenuto adempimento delle obbligazioni a carico dello S. fosse in possesso del Fallimento.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 24 della Costituzione, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, c.p.c., per impossibilità di adempiere all’onere della prova, censurando nuovamente il decreto impugnato in ragione dell’applicazione del principio del quale si è detto.
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame ed il mancato accertamento del disordine delle scritture contabili, della consegna di dette scritture da parte del liquidatore e della qualità di socio della società fallita del Comune di Procida, ai sensi dell’articolo 360, numero 5, c.p.c..
Ritenuto che
4. Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata.
5. Il ricorso è inammissibile.
5.1. – Sono inammissibili per mancanza di specificità i primi due motivi, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati.
E’ difatti agevole osservare che il ricorrente non ha neppure indicato quali sarebbero stati, specificamente, i documenti in possesso del Fallimento rilevanti al fine di escludere gli inadempimenti ad esso addebitati.
Ciò esime dall’osservare che il richiamo agli articoli 3 e 24 della Costituzione è totalmente fuori bersaglio, non foss’altro che per il fatto che lo S. bene avrebbe potuto acquisire la documentazione necessaria al sostegno della sua difesa, ovvero, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, chiedere che ne fosse ordinata l’esibizione al Fallimento ai sensi dell’articolo 210 c.p.c..
5.2. – È inammissibile il terzo motivo.
Il vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. consente di far valere l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, fatto che deve essere inteso in senso stretto quale fatto storico: nel caso in esame lo S., non deduce l’omessa considerazione di un qualche specifico fatto storico, ma contesta la valutazione da parte del Tribunale del contenuto di un verbale di accesso, avendo il giudice accettato «in maniera pedissequa quanto nello stesso apoditticamente affermato».
Eguale considerazione vale per la circostanza concernente la consegna dei libri contabili alla curatela, giacché il Tribunale ha addebitato allo S. le irregolarità riferibili alla sua gestione, il che, come egli stesso riconosce, «è francamente un’ovvietà». Anche in questo caso la censura non ha nulla a che vedere con l’omessa considerazione di un fatto, ma si appunta, inammissibilmente, sulla considerazione che di esso il giudice del merito insindacabilmente ha compiuto.
Quanto alla circostanza secondo cui il Comune di Procida sarebbe stato socio della società poi fallita, a parte il fatto che il motivo è totalmente privo del requisito dell’autosufficienza, dal momento che non si comprende affatto da dove tale qualità emergerebbe, è agevole osservare che il Tribunale ha espressamente osservato che, sulla base delle fatture emesse dalla società per conto del Comune, i crediti da esse portati facevano capo al Comune e non alla società, sicché, rispetto a tale ricostruzione, la ipotetica qualità del Comune medesimo di socio di S. Società EA Srl non rileva né punto né poco.
6. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 5.100,00, di cui € 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dichiarando, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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