CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5288
Tributi – IVA – Credito esposto nell’ultima dichiarazione di società cessata – Istanza di rimborso – Onere di prova a carico del contribuente – Fatti costitutivi dell’esistenza del credito
Rilevato che
1. Con sentenza n. 2738/26/18, depositata in data 13 giugno 2018, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 530/3/15 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva parzialmente accolto il ricorso di R.P., n.q. di legale rappresentante della cessata società Impossibile di R.P. & C Snc avverso diniego di rimborso IVA 2004. In particolare, la CTR confermava la decisione di primo grado ritenendo decisivo il fatto che l’istanza di rimborso fosse stata presentata dal contribuente entro il termine di prescrizione decennale dall’ultima dichiarazione della società – modello Unico 2004 – e, quindi tempestivamente;
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate. Il contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. -, la contribuente lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciare sullo specifico motivo di appello secondo il quale il contribuente non avrebbe assolto all’onere probatorio su di lui gravante circa la presunta spettanza del credito oggetto di istanza di rimborso.
1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 2967 cc; si sostiene che la CTR avrebbe violato il principio della ripartizione dell’onere probatorio in tema di rimborso tributario.
2. Il primo motivo è infondato in quanto la CTR si è pronunciata sulla questione della prova del diritto ritenendo sufficiente l’evidenza del credito nella dichiarazione.
3. E’ invece fondato il secondo motivo.
3.1 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che va confermato e ribadito in questa occasione <<incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo. In applicazione di questo principio, si è confermata la sentenza impugnata, che non aveva riconosciuto crediti vantati a titolo di IVA ed IRPEG in una precedente dichiarazione, e riportati a nuovo nella successiva a fini di compensazione, rilevando che il contribuente avrebbe dovuto fornire la prova dell’esistenza degli stessi mediante esibizione del registro IVA delle vendite e del bilancio di esercizio, non essendo sufficiente la produzione della copia della dichiarazione>> (Cass. nr 27580/2018 23042/2015, 18427/2012).
3.2 Orbene la questione della mancata prova del credito è stata da parte dell’Ufficio posta all’attenzione dei giudici di primo e secondo grado come documentato dalla riproduzione nel ricorso dei passi delle controdeduzioni dell’Agenzia nel giudizio di primo grado e dell’atto di appello.
3.3 La CTR affermando nell’impugnata sentenza che <<resta elemento determinante che il credito rilevi dalla dichiarazione e che sia stato chiesto a rimborso>> non si attenuta ai principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio sopra indicati.
4. Pertanto in accoglimento del secondo motivo la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo, e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
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