CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 luglio 2018, n. 19800
Tributi – Agevolazioni fiscali – Soggetti colpiti da calamità naturali – Sisma Sicilia 1990-1992 – Rimborso imposte trattenute dal sostituto d’imposta – Istanza diretta del dipendente – Legittimità
Rilevato che
– in controversia relativa ad impugnazione di un diniego tacito di rimborso della quota pari al 90% delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dal contribuente ai sensi della legge n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in quanto residente in una delle province siciliane colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, la CTP di Ragusa accoglieva il ricorso del contribuente e la CTR con la sentenza impugnata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate ritenendo, sulla scorta dello ius superveniens costituito dalla legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, e della tempestività dell’istanza, che spettasse al contribuente, e non al sostituto di imposta, il rimborso della maggiore imposta versata;
– l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui replica l’intimato con controricorso; la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis, secondo comma, ultima parte, c.p.c., con istanza di rimessione della causa alla pubblica udienza;
– sulla rinnovata proposta avanzata dal relatore, ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., all’esito della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte sulla questione della notifica del ricorso a mezzo PEC in semplice formato PDF e non P7M — a seguito del quale era stato disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo con ordinanza n. 5033/18 — costituito il contraddittorio camerale, la Corte delibera di procedere con motivazione semplificata;
Considerato che
va preliminarmente rigettata l’eccezione sollevata dal controricorrente, di nullità del ricorso dell’Agenzia delle Entrate in quanto notificato via PEC in semplice formato PDF e non P7M, avendo le Sezioni unite di questa Corte affermato il principio che «In tema di processo telematico, a norma dell’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, di cui all’art. 34 del d.m. n. 44 del 2011 – Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf’. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi degli artt. 83, comma 3, c.p.c., 18, comma 5, del d.m. n. 44 del 2011 e 19 bis, commi 2 e 4, del citato decreto dirigenziale» (Cass., Sez. U., n. 10266 del 27/04/2018, Rv. 648132-02);
– venendo al merito del ricorso, il secondo motivo, da esaminarsi preliminarmente per evidenti ragioni di priorità logica, con cui l’Agenzia ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata perché corredata da motivazione apparente, in violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, è infondato e va rigettato;
– invero, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che «ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017); ipotesi, queste, che non ricorrono nel caso in esame, in quanto la CTR ha esposto in motivazione le ragioni della decisione, ovvero di accordare al contribuente, sulla base dello ius superveniens rappresentato dalla legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, il rimborso della maggiore IRPEF versata quale lavoratore dipendente, in quanto destinatario, come tale, dei benefici fiscali concessi ai residenti nelle province colpite dal sisma del 1990; e seppure si volesse convenire con la ricorrente circa l’insufficienza dello sviluppo argomentativo della decisione impugnata, il vizio non sarebbe così radicale da rendere la motivazione meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (arg. da Cass. n. 5315 del 2015);
– è infondato e va rigettato anche il primo motivo di ricorso con cui la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione della legge n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e della legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ritenendo che, diversamente da quanto statuito dalla CTR, la contribuente non era legittimata ad ottenere il rimborso delle ritenute operate dal datore di lavoro, essendo quest’ultimo l’unico ad averne diritto;
– è orientamento di questa Corte, ormai definitivamente consolidatosi (cfr. Cass. n. 14406 del 2016, n. 17472 e n. 17473 del 2017, cui hanno fatto seguito numerosissime pronunce di questa Sottosezione, tra cui n. 27858, n. 29384, n. 29382 del 2017, da n. 29899 a n. 29906 del 2017, n. 31223 del 2017, da n. 227 a 232 del 2018 nonché nn. 318, 414, 422, 425, 429 e 430 del 2018), quello secondo cui, in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui all’art. 1, comma 665, della L. n. 190 del 2014, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, che non svolgono attività di impresa, può essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) sia dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”), nella sua qualità di lavoratore dipendente e beneficiario diretto del provvedimento) agevolativo in questione;
– il citato principio ha recentemente trovato l’avallo del Legislatore che, modificando l’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, con l’art. 16- octies, comma 1, lett. b), della legge n. 123 del 2017, di conversione, con modifiche, del d.l. n. 91 del 2017, ha ricompreso espressamente tra i beneficiari dell’agevolazione «i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite»; e nella medesima direzione si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nel provvedimento direttoriale, prot. n. 195405/2017 del 26/09/2017, in netta controtendenza rispetto ai precedenti documenti di prassi (peraltro non vincolanti) di cui si fa menzione nel ricorso;
– pare opportuno rilevare che i limiti quantitativi al rimborso delle maggiori imposte pagate, fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con riduzione del 50% in ipotesi di eccedenza delle richieste, introdotti dalla norma sopravvenuta, attuata con il sopra citato provvedimento direttoriale, non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio; peraltro, costituisce /in – receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA); quanto detto rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i principi di diritto già consolidatamente enunciati in materia da questa Corte;
– ritiene, quindi, il Collegio che il delineato ius superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sulla questione della quale è investita la corte con il ricorso in esame, ovvero del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il controricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza; il che rende irricevibile la richiesta avanzata dalla difesa erariale di rimessione della causa alla pubblica udienza della Quinta Sezione civile di questa Corte;
– la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, mentre non si applica l’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.
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