CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 luglio 2019, n. 20369
Mancata iscrizione alla gestione commercianti – Verifica dei requisiti – Cartella esattoriale – Notifica
Rilevato
che con sentenza del 4 marzo 2014, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione resa dal Tribunale di Milano ed accoglieva l’opposizione proposta da F.M. nei confronti dell’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS – S.C.C.I. S.p.A. nonché di Equitalia Nord S.p.A. (già Equitalia Esatri S.p.A.) avverso la cartella esattoriale notificata per la riscossione di contributi e sanzioni per mancata iscrizione alla gestione commercianti relativamente alla prima e terza rata per il 2009;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la non ravvisabilità dei presupposti per la iscrizione del M., già iscritto quale socio amministratore della A. S.r.l. alla gestione separata ex art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, anche alla gestione commercianti per svolgere attività lavorativa all’interno dell’azienda, non risultando l’attività svolta dal M. nell’ambito di A. S.r.l. caratterizzata dal requisito della prevalenza con riguardo all’opera dallo stesso prestata nelle altre Società di cui era amministratore, dovendo ritenersi l’impegno in A. necessariamente limitato da quello profuso nelle altre Società di cui si occupava attivamente;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il M.;
che il M. controricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 203 e 208 l. n. 662/1996 così come interpretato dall’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, conv. in l. n. 122/2010, in relazione all’art. 2697, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale, dovendo leggersi la disciplina invocata in termini per cui alla partecipazione al lavoro aziendale è riconducibile l’espletamento oltre che di un’attività esecutiva o materiale anche di un’attività organizzativa e direttiva, tuttavia distinguibile dall’attività di amministratore della società peraltro destinata a concretarsi nel compimento di alcuni atti tipici riservati dalla legge;
– che questa Corte, con numerose pronunzie rese in casi analoghi ed alle quali si rinvia (cfr Cass. nn. 6882/2017, 2459/2016, 26206/2015, 26205/2015, 24197/2015) ha, in sintesi, affermato che la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (l. n. 662/1996, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (d.l. 782010, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagna all’esercizio di attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non è regolato dal principio dell’attività prevalente, trattandosi di attività distinte e, sotto questo profilo, autonome, sicché parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione e non operando, pertanto, il criterio di cui all’art. 1, comma 208, l. n. 662/1996 dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione in base all’individuazione dell’attività “prevalente” (Cass. SS.UU. nn. 17076/2011, 9153/2012 e 9803/2012);
che si è pure precisato che la sentenza delle SS.UU. di questa Corte n. 3240/2010, se pure superata dalla legge di interpretazione autentica sopravvenuta di cui all’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, conv. in l. n. 122/2010 e dalla giurisprudenza successiva, deve ritenersi utilmente richiamabile nella parte in cui sancisce che, in caso di verifica della insussistenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, non vi è necessità di procedere al giudizio di prevalenza tra detta attività e quella di amministratore, con conseguente obbligo dell’interessato alla gestione separata, mentre non può essere più condivisa nella parte in cui afferma che, ove venga accertata la presenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, si debba procedere al giudizio di prevalenza, verificandosi se il contribuente dedichi personalmente la propria opera professionale prevalentemente ai compiti di amministratore della Società, ovvero ai compiti di cui all’attività commerciale;
che, pertanto, deve ritenersi che ognuna delle due distinte attività debba essere valutata, ai fini dell’esistenza dell’obbligo contributivo secondo gli ordinari criteri cosicché la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già sopra ricordato comma 203 del medesimo art. 1, l. n. 662/1996; che la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale , tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo, cfr, tra le tante, Cass. nn. 5763/2002 e 23600/2009) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni;
che, nel caso in esame come negli altri casi riguardanti la medesima fattispecie anche se relativamente a periodi differenti di riscontro dell’omessa contribuzione (cfr. Cass. n. 2567/2016), il decisum della Corte territoriale è coerente con tali principi ed in particolare con il parametro normativo che richiede per l’iscrizione alla gestione commercianti lo svolgimento di attività lavorativa personale e prevalente, avendo la Corte territoriale, sul presupposto che l’attività svolta dal M. implicava l’espletamento presso la A. S.r.I di compiti riconducibili al ruolo gestorio da questi ricoperto contestualmente all’espletamento di analogo incarico presso altre società, escluso, con accertamento di fatto in alcun modo investito di censura, l’obbligo del medesimo all’iscrizione presso la gestione commercianti;
– che la ricostruzione fattuale alla base della decisione della Corte territoriale non risulta contrastata dall’Istituto ricorrente;
– che, pertanto, il ricorso va rigettato;
– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.