CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 maggio 2022, n. 17175
Licenziamento – Individuazione del regime di tutela applicabile – Riduzione del personale – Motivazioni – Sussistenza – Accertamento – Notifica del reclamo da parte del lavoratore
Rilevato che
1. Con sentenza pubblicata il 29.7.2019 la Corte di appello di Roma, in sede di reclamo ex art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012 e in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha ritenuto insussistente il giustificato motivo di licenziamento di A. D. da parte della società E. Hotel s.r.l., rinvenendo, altresì, ai fini dell’individuazione del regime di tutela applicabile, la sussistenza di un centro unico di imputazione di interessi tra la E. Hotel s.r.l., la U. Hotel s.r.l.s. e la E.V. Condizionamento s.r.l., con conseguente sommatoria di tutti i lavoratori occupati dalle società nel loro complesso e l’applicazione dell’art. 18, comma 4 della legge n. 300 del 1970, considerata la manifesta insussistenza della ragione addotta a base della riduzione del personale (dismissione della gestione dell’attività alberghiera).
2. Osservava, preliminarmente, la Corte territoriale che la dedotta nullità della notifica del reclamo da parte del lavoratore era stata sanata con la costituzione della società e, in ogni caso, il combinato disposto dell’art. 1, comma 60, della legge n. 92 del 2012 e degli artt. 416 e 436 c.p.c. non consentiva di avallare la tesi della società che propugnava la sommatoria del termine di 30 giorni (previsto per la notifica del reclamo) con quello di 10 giorni (previsto per la costituzione del reclamato), sicché doveva ritenersi ritualmente notificato il reclamo; osservava, inoltre, che il contratto di appalto per la fornitura di alcuni servizi stipulato tra la E. Hotel e la Uni Hotel era da ritenere illecito, formando, inoltre, – le due società, aventi medesima sede legale e medesimo oggetto sociale, nonché medesimo proprietario, G. S. – un unico centro di imputazione di interessi, alla luce degli elementi probatori acquisiti che avevano dimostrato che la U. Hotel non svolgeva attività in favore di altri committenti, non era dotata di una effettiva ed autonoma struttura imprenditoriale né era dotata di strumenti e macchinari, neppure minimi per lo svolgimento di attività di facchinaggio e dello “sgrosso” delle parti comuni, il contratto di appalto (stipulato per “evitare la tenuta del personale” e con corrispettivo commisurato, in sostanza, al costo orario del personale, con un utile marginale a compenso della sola amministrazione di personale) era stato stipulato in concomitanza con la costituzione della società U. Hotel, la committente stabiliva il fabbisogno di personale e i turni di lavoro e il Responsabile dell’organizzazione del personale era l’avv. Consuelo S., sorella dell’amministratore unico G. S., soggetto estraneo all’U. Hotel (la quale, secondo le difese della stessa società, già si era occupata della gestione del personale della E. Hotel); la Corte territoriale ha, poi, confermato (al pari del Tribunale) la manifesta insussistenza della ragione addotta a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed ha condannato, in solido tra loro, tutte le società a reintegrare il lavoratore a pagare l’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avendo rinvenuto un unico centro di imputazione di interessi tra la E. Hotel, la U. Hotel e la E.V. Condizionamento posto che tutte le società avevano come amministratore unico il sig.S. e il personale dipendente della E.V. Condizionamento (le segretarie S. e L.) si occupava dell’attività di gestione del personale, amministrativa e contabile delle altre società, attività che esulava dall’oggetto sociale della E.V. Condizionamento (che consisteva nella realizzazione e produzione, messa in opera di apparecchiature eoliche) e che andava ben oltre la mera gestione dell’attività contabile-amministrativa, visto il costante ed obbligatorio referente rappresentato dalla L. per tutto il personale della E. Hotel e della U. Hotel quale tramite tra l’unico amministratore e le altre società. 3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la E.V. Condizionamento s.r.l. con sei motivi. Resistono con distinti controricorsi la E. Hotel s.r.l. in liquidazione e A. D.. La E.V. Condizionamento s.r.l. e il lavoratore hanno depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 51,53 e 60 della legge n. 92 del 2012 nonché degli artt. 416 e 436 c.p.c., osservando che la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare la nullità della notifica e assegnare nuovo termine alla società appellata, posto che – dal combinato disposto delle disposizioni innanzi indicate – il reclamo, in appello, deve essere notificato alla parte avversaria almeno 40 giorni prima dell’udienza (e non 30 come nel rito “ordinario”). Invero, l’udienza era stata fissata per la data del 14.5.2019 e il reclamo è stato notificato alla società il 12.4.2019; la Corte territoriale, invece di dichiarare l’improcedibilità del reclamo, ha disposto il rinvio della causa all’udienza del 18.6.2019 e la società si è costituita il 17.6.2019.
2. Con il secondo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la società lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2359 c.c. e di ogni altra disposizione in materia di rilevanza della nozione formale di controllo e collegamento societario, nonché degli artt. 2243 e ss., in specie 2325 e 2462 c.c., potendo riferirsi, la nozione di centro unico di imputazione di interessi solamente nelle ipotesi di collegamento e controllo societario previste dall’art. 2359 c.c. (situazione che non ricorreva nel caso di specie), né ricorrendo, nel caso di specie, una ipotesi di codatorialità, avendo il lavoratore prestato attività solo ed esclusivamente in favore della E. Hotel.
3. Con il terzo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di tutte le norme richiamate nel secondo motivo di ricorso nonché degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., oltre che “di ogni altra norma e principio in materia di prova e apprezzamento della stessa nonché di ragionevolezza della motivazione”, non potendo essere imputato a G. S. e alla E.V. Condizionamento alcun comportamento fraudolento, non essendo sufficiente la sola esistenza di rapporti intersocietari. La Corte territoriale, mediante una grave “manipolazione” delle risultanze istruttorie, ha svalutato l’esistenza di un contratto di affidamento di servizi tra E. Hotel e E.V. Condizionamento (nonostante le fatture depositate che recavano causali chiaramente riferite allo svolgimento di attività amministrative e gestione del personale), ha omesso qualunque riferimento alle deposizione della teste L., ha valorizzato tre o quattro documenti riguardanti i turni.
4. Con il quarto motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione “di tutte le norme e principi rubricati nel motivo secondo, nonché di ogni altra disposizione in materia di illecita intermediazione di manodopera”, avendo la U. Hotel ricevuto dalla E. Hotel l’appalto per la gestione, prima, di alcuni soltanto e, poi, di tutti i servizi alberghieri relativi all’Hotel E., con esclusione però dei rapporti con i tour operator, con i fornitori, rimasti di appannaggio esclusivo della E. Hotel, proprietaria dell’azienda; tale attività è stata svolta con personale dipendente solo ed esclusivamente da U. Hotel che non ha mai interferito con i servizi svolti direttamente da E. Hotel. Non vi è mai stata alcuna “azienda alberghiera unica” ma una sola azienda alberghiera, che apparteneva alla E. Hotel, unica titolare del contratto di locazione dell’immobile, delle necessarie autorizzazioni amministrative, del know how di gestione e di tutti i rapporti relazioni necessari per lo svolgimento dell’attività di impresa, con conseguente erroneità della dichiarata illiceità del contratto di appalto stipulato tra E. ed U. Hotel: d’altra parte, che ci si trovasse di fronte ad un unico rapporto di lavoro con tre diversi datori di lavoro, è stato da controparte solo enunciato e non ha trovato conferma di sorta, provando – la documentazione acquisita agli atti e l’attività istruttoria espletata – che la E. si era legata con rapporti contrattuali ad altri soggetti, affidando loro porzioni del suo ciclo produttivo, pur conservando di esso “il cuore”.
5. Con il quinto motivo, svolto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 nonché “di ogni altra norma e principio in materia di risarcimento in forma specifica”; premesso che il giudice di primo grado aveva escluso qualunque legittimazione della E.V. Condizionamento all’impugnazione del capo di pronunzia relativo alla dismissione dell’azienda alberghiera, con conseguente esclusione di qualsiasi decadenza dall’impugnazione del suddetto capo di pronunzia, la Corte territoriale ha trascurato che la gestione dell’azienda alberghiera era effettivamente cessata l’1.1.2017, circostanza idonea a dimostrare la sussistenza dell’interesse datoriale (chiunque fosse il datore di lavoro) alla risoluzione del rapporto. Inoltre, la Corte territoriale – a fronte della accertata manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento – non si è posta il problema, per l’applicazione della reintegrazione nel posto di lavoro, della eccessiva onerosità della reintegra (da ritenersi sussistente a fronte del tempo passato dalla data del licenziamento, delle pronunce, di diverso segno, di primo grado, della intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della U. Hotel con conseguente ricaduta delle conseguenze reintegratorie solo sulla E.V. Condizionamento).
6. Con il sesto motivo, svolto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e “di ogni altra norma e principio in materia di liquidazione delle spese di lite con particolare riferimento alla ipotesi di riforma in soccombenza della parte originariamente vittoriosa con doppia conforme di merito, sia di riforma in soccombenza a favore di parte che comunque aveva rifiutato la proposta transattiva formulata in sede processuale dal giudicante” avendo, la Corte territoriale, ignorato che nella fase di impugnazione del licenziamento (quella sommaria) il giudice di merito aveva formulato una proposta di conciliazione che la società aveva accettato ma il lavoratore aveva rifiutato. Inoltre, la sentenza impugnata ha ritenuto di poter applicare il criterio della soccombenza all’intero giudizio, quando proprio la presenza di diversi apprezzamenti dello stesso materiale probatorio avrebbe dovuto indurre a rinvenire un’autentica soccombenza solo nella fase di appello, quantomeno compensando le altre fasi del giudizio.
7. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
7.1. Questa Corte ha già affermato che il termine di 30 giorni cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 52 (a cui rinvia il comma 60) non è qualificato come perentorio e che la natura del termine processuale ordinatorio non può subire metamorfosi alla scadenza, atteggiandosi ex post al pari di un termine perentorio, vale a dire mutando la natura e trasformandosi in perentorio per il mero decorso del tempo, in spregio alla regola fissata dall’art. 152 c.p.c., secondo cui i termini perentori sono fissati dalla legge (cfr. Cass., n. 8685 del 2012 in motivazione); di conseguenza, la notifica del ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, avvenuta oltre il termine di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 52, non è inesistente bensì nulla ed è suscettibile di sanatoria ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’opposto o di rinnovazione nel termine perentorio fissato dal giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass. n. 16154 del 2015, in motivazione; con riguardo all’appello, cfr. Cass. n. 9404 del 2018; con riguardo all’appello incidentale e all’art. 436, comma 3, c.p.c., cfr. Cass. n. n. 21889 del 2020).
7.3. Nel caso di specie, il ricorrente ha dedotto di aver ricevuto la notifica del reclamo il 12.4.2019 e di essersi costituito il 17.6.2019, ossia in occasione della seconda udienza (fissata, a seguito di rinvio, dalla Corte territoriale, per la data del 18.6.2019), usufruendo, pertanto di un termine ben più ampio di 40 giorni; il ricorrente non ha dedotto di aver subito pregiudizi riguardo alla eventuale (peraltro non dedotta) attività processuale svolta durante la prima udienza (del 14.5.2019) né ha allegato di aver proposto istanza di rinvio per integrare la propria costituzione.
7.4. La Corte territoriale si è conformata ai principi innanzi richiamati rilevando sia la costituzione della società (comportamento avente effetto sanante) sia la (mera) nullità della notifica del reclamo (effettuato nel rispetto dei 30 giorni dall’udienza ma senza il rispetto degli ulteriori 10 giorni), con la corretta esclusione della invocata improcedibilità del reclamo.
8. I motivi dal secondo al quinto sono inammissibili e, per la parte residua, infondati; in particolare, le argomentazioni sviluppate in ricorso non richiedono, a fronte della sedimentata giurisprudenza in materia di centro unico di imputazione, la trattazione in pubblica udienza (come richiesto in memoria).
8.1. Deve, in primo luogo, rimarcarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
8.2. Nella specie è evidente che la ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) bensì un vizio-motivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 cod.proc.civ., che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881 del 2014), riducendo al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014).
8.3. Nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione non è assente o meramente apparente, né gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.
8.4. La sentenza impugnata ha ampiamente esaminato i fatti controversi ed accertato il carattere fittizio del contratto di appalto di servizi (rivelatosi un appalto di mera manodopera) stipulato tra E. Hotel s.r.l. e U. Hotel s.r.l. nonché la formazione di un unico centro di coordinamento e direzione tra le tre società (E. Hotel s.r.l., U. Hotel s.r.l., E.V. Condizionamento s.r.l.), avendo accertato che gli elementi di collegamento fra le società avevano travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia fra consociate per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva. I criteri attraverso i quali la Corte di merito è pervenuta alla qualificazione della sostanziale unicità della struttura aziendale finalizzata alla gestione dell’attività alberghiera – vale a dire, le seguenti circostanze: tutte le società avevano come amministratore unico il sig. S. e il personale dipendente della E.V. Condizionamento (le segretarie S. e L.) si occupava dell’attività di gestione del personale, amministrativa e contabile delle altre società, attività che esulava dall’oggetto sociale della E.V. Condizionamento (che consisteva nella realizzazione e produzione, messa in opera di apparecchiature eoliche) e che andava ben oltre la mera gestione dell’attività contabile-amministrativa, visto il costante ed obbligatorio referente rappresentato dalla L. per tutto il personale della E. Hotel e della U. Hotel quale tramite tra l’unico amministratore e le altre società – sono coerenti con le indicazioni del giudice di legittimità secondo il quale è configurabile l’esistenza di un unico centro di imputazione in presenza di: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (v. Cass. n. 3482 del 2013; Cass. n. 26346 del 2016; Cass. nn. 13809 e 19023 del 2017; Cass. 12/02/2013, n. 3482; da ultimo, Cass. n. 2014 del 2022).
8.5. In particolare è stato chiarito che “Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; tale collegamento, pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro – anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato – ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito” (Cass. n. 6707 del 2004), preordinazione che la Corte territoriale ha accertato attraverso l’approfondita disamina di tutto il quadro probatorio. 9. In ordine alla censura, proposta nell’ambito del quinto motivo di ricorso, relativa al mancato accertamento della eccessiva onerosità della reintegrazione nel posto di lavoro, nonostante l’accertata manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, va rammentato che il giudice delle leggi ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 18, comma 7, secondo periodo, della legge n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. b ), della legge n. 92 del 2012, nella parte in cui prevedeva che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può altresì applicare» – invece che «applica altresì» – la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma (Corte Cost. n. 59 del 2021). Le sentenze della Corte costituzionale producono l’annullamento delle norme di legge dichiarate incostituzionali, con effetti erga omnes, non solo ex nunc, ma anche ex tunc, con il solo limite dei cc.dd. rapporti esauriti, evenienza non ricorrente nel caso di specie, ove, pertanto, deve ritenersi correttamente applicata la sanzione reintegratoria (in base al combinato disposto dei commi 7 e 4 dell’art. 18, della legge n. 300 del 1970) a fronte dell’accertata manifesta insussistenza della ragione addotta per il licenziamento (ossia la dismissione della gestione dell’attività alberghiera).
10. Il sesto motivo è inammissibile, posto che il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (cfr. Cass. n. 13356 del 2021).
11. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono liquidate secondo il criterio della soccombenza a favore esclusivo del controricorrente, avendo, il controricorrente E. Hotel proposto controricorso adesivo alle conclusioni chieste in ricorso. 12. Il ricorso è stato notificato il 2.9.2014, dunque in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente D., liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge; compensa integralmente le spese di lite tra le due società. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.