CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 marzo 2018, n. 7410
Sanzione disciplinare – Rifiuto a prestare servizi di reperibilità – Obbligo a carico del lavoratore di esecuzione di compiti palesemente aggiuntivi ed estranei alla prestazione ordinaria dedotta in contratto – Non sussiste – Inoperatività di prassi aziendali in contrasto con la disciplina collettiva
Rilevato
che con sentenza del 10 giugno 2016, la Corte d’Appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze e accoglieva la domanda proposta da M.P.B. nei confronti di E. S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare irrogatagli per aver rifiutato, in quanto asseritamente a questa non tenuto, la prestazione di servizi di reperibilità;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non configurabile, ai sensi di legge e di contratto collettivo e individuale, a carico del lavoratore un obbligo di esecuzione di tali prestazioni e, dunque, la condotta contestata insuscettibile di assumere rilevanza sul piano disciplinare; che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, l’intimato;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2086, 2094 e 2104 c.c. 3, 4 e 5 d.lgs. n. 66/2003 e 41 Cost., lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento espresso dalla Corte territoriale secondo cui il datore di lavoro non potrebbe disporre unilateralmente l’impiego del lavoratore in servizi, come quello di reperibilità, non rientranti nella prestazione ordinaria e nel tempo di questa convenuto in contratto;
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione agli artt. 224, comma 2, CCNL 18.7.2008 ed all’allegato 1 al CIA 15.6.2005, la Società ricorrente imputa alla Corte territoriale, in considerazione all’assenza di qualsiasi riferimento nella motivazione dell’impugnata sentenza, di aver tralasciato l’analisi della disciplina contrattuale vigente in materia; che la violazione e falsa applicazione dell’art. 1340 c.c. è dedotta nel terzo motivo in relazione al convincimento maturato dalla Corte territoriale in ordine all’inconfigurabilità di una prassi aziendale di adibizione continuativa dei manutentori ai servizi di reperibilità;
che tutti i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano infondati, dovendosi ribadire, in linea di puro diritto, come, contrariamente all’assunto di cui al primo motivo, non possa farsi discendere dal combinato disposto degli artt. 2086, 2094 e 2104 c.c., un obbligo a carico del lavoratore di esecuzione di compiti, quale quello di reperibilità, palesemente aggiuntivi ed estranei alla prestazione ordinaria dedotta in contratto nonché l’inoperatività di prassi aziendali, dal ricorrente invocate nel terzo motivo, formatesi in contrasto con la disciplina collettiva e rilevare, con riguardo al secondo motivo, che la medesima conclusione cui perviene la Corte territoriale in ordine all’inconfigurabilità di un obbligo di reperibilità in capo al lavoratore anche alla stregua della disciplina collettiva, recata dall’art. 224 del CCNL di categoria e dal contratto integrativo aziendale del 15.6.2005, all. 1 (tra l’altro prodotti per la prima volta in appello, come si legge nell’impugnata sentenza), lungi dal derivare dal denunciato omesso esame di tale disciplina da parte della Corte territoriale, risulta indotta dalla non riferibilità della stessa al lavoratore cui la Corte medesima deve addivenire stante la mancata deduzione da parte della Società dell’appartenenza del lavoratore, qui ancora genericamente qualificato come manutentore (del resto in sintonia con la lettura che la Società sembra operare della predetta disciplina, secondo cui l’obbligo in parola investirebbe tutti i manutentori) alle figure di “Capi reparto DRO” o di “Assistenti del reparto DRO”, indicate nel richiamato All. 1 al CIA 15.6.2005 quali destinatarie esclusive del servizio di reperibilità, non riferibilità di fronte alla quale la Corte stessa non si è arrestata, procedendo nella valutazione delle situazioni di fatto dedotte dalla Società come indicative della sussistenza dell’obbligo e correttamente escludendo tale rilevanza sulla base di argomentazioni, quale quella relativa alla non significatività ai fini in questione della strumentazione in dotazione, che non risultano qui neppure fatte oggetto di censura;
che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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