CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 marzo 2018, n. 7498
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Agevolazioni per eventi sismici – Misure di sostegno
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza della CTR della Sicilia, sezione di Catania, deducendo, con un primo motivo, la violazione dell’art. 9 comma 17 della legge n. 289 del 2002, nonché dell’art. 1 comma 665 della legge n. 190/14, nonché dell’art. 81 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e deducendo, con un secondo motivo, la violazione del medesimo art. 9 comma 17 cit. e degli artt. 11 e 14 delle preleggi e dell’art. 3 comma 1 della legge n. 212/00, dell’art. 3 comma 3 del d.lgs. n. 472/97 e dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto erroneamente i giudici d’appello, avrebbero ritenuto legittimato attivo a ricevere il rimborso Irpef di cui alla norma indicata in rubrica, quale agevolazione per gli eventi sismici del 1990 in Sicilia, il ricorrente che era all’epoca un lavoratore dipendente, e non un sostituto d’imposta nei cui soli confronti era prevista l’agevolazione perché era colui che aveva “versato” l’imposta (e ciò, per assicurare un sostegno economico alle imprese delle province di Catania, Ragusa e Siracusa), anche alla luce dell’art. 1 dell’ordinanza n. 2057/1990 emessa dal Ministero del coordinamento della Protezione civile che dispone che “il sostituto d’imposta deve, comunque, operare le ritenute secondo le prescrizioni di legge”, mentre il ricorrente aveva ricevuto, all’epoca dei fatti, tutta la retribuzione contrattualmente pattuita, ed aveva solo subito la “ritenuta” di legge; a voler seguire l’assunto della CTR, secondo la tesi dell’ufficio, vi sarebbe una evidente duplicazione dell’agevolazione non prevista dalla norma (sia in favore del sostituto d’imposta sia in favore del lavoratore dipendente);
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.
I due motivi di censura che possono essere oggetto di un esame congiunto sono infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di misure di sostegno in favore dei soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, prevista dall’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002, è legittimato a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso di quanto già versato a titolo di imposte negli anni 1990, 1991 e 1992, e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario, non solo il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) ma anche colui che ha percepito le somme assoggettate a ritenuta (cd. sostituito d’imposta), atteso che quest’ultimo è il beneficiario diretto del provvedimento agevolativo in questione” (Cass. nn. 311/18, 425/18, 429/18, 435/18,17472/17, 15026/17, 29899/17-29906/17, 14406/16, 18905/16).
Va, quindi, ribadito il principio che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta.
Principio che ha recentemente trovato l’avallo del Legislatore che con la L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, lett. b), di conversione con modifiche del D.L. n. 91 del 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che tra “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17 e successive modificazioni” e che “hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, (…) al rimborso di quanto indebitamente versato”, sono “compresi i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite”. E nel senso dell’effettiva spettanza del rimborso ai lavoratori dipendenti si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nel provvedimento direttoriale, prot. n. 195405/2017 del 26/09/2017, emesso ai sensi del terzo periodo del novellato comma 665 della L. n. 190 del 2014, art. 1, che prevede che “Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2017, sono stabilite le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma”.
Al riguardo va rilevato che, invariata la previsione del limite di spesa fissato nella misura “pari a 30 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2015-2017”, la novella introdotta dalla L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati “nei limiti della spesa autorizzata dal presente comma” (primo periodo del comma 665 modificato dalla lett. a) del citato art. 16-ocities, comma 1), ovvero nei limiti dei suddetti 90 milioni di euro complessivi per il triennio 2015-2017, stabilendo che “in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute” e che “a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi” (quinto periodo del comma 665 come introdotto dalla lettera b) del citato art. 16-ocities, comma 1), demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un provvedimento (quello indicato al precedente punto 2.2) che stabilisca “le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma”, in precedenza riservando il citato comma 665 al Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione di un “decreto” con cui stabilire “i criteri di assegnazione dei predetti fondi”.
Orbene, ritiene il Collegio che il delineato jus superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sulla questione, della quale è investita la Corte con il ricorso in esame, del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il controricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza. Inoltre, costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA). Il che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i principi di diritto già enunciati in materia da questa Corte.
Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Poiché la parte ricorrente è un’amministrazione dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714; Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pt, a pagare a S.A. le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di € 800,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
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