CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 marzo 2019, n. 8432

Accertamento fiscale – IVA, IRAP e IRES – Termini

Rilevato che

– Con sentenza n. 60/1/17 depositata in data 16 gennaio 2017 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (in seguito, la CTR) accoglieva l’appello proposto dalla società C.-S. Srl in liquidazione (in seguito, la contribuente) relativo all’avviso di accertamento IVA, IRAP e IRES 2005 e 2006, avverso la sentenza n. 850/4/15 della Commissione tributaria provinciale di Torino (in seguito, la CTP) che a sua volta aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente;

– La CTR riformava la decisione di primo grado, ritenendo assorbente ogni altra questione il fatto che non potesse trovare applicazione il raddoppio dei termini per l’accertamento, anche alla luce dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, in caso di omessa presentazione della denuncia penale oltre la scadenza ordinaria dei termini di accertamento;

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo. La contribuente ha resistito depositando controricorso.

Considerato che

– Con l’unico motivo di ricorso – dedotto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -, l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 57 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 1 commi 130, 131 e 132 della legge n. 208 del 2015, con riferimento al termine di decadenza dell’accertamento tributario, per aver la CTR erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il raddoppio affermando la necessità della prova della comunicazione della notitia criminis entro il termine di decadenza ordinario;

Il motivo è fondato. Va infatti ribadito che: «In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011» (Cass. 30 maggio 2016 n. 11171);

In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario.» (Cass. 11 aprile 2017 n. 9322);

In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla I. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015.» (Cass. 16 dicembre 2016 n. 26037);

– Orbene, la decisione della CTR, che considera non operante il raddoppio dei termini, e afferma la necessità della effettiva presentazione della denuncia penale entro il termine ordinario di accertamento, non è conforme ai principi di diritto sopra riportati.

Infatti, in riferimento ad avvisi di accertamento emessi e notificati nell’anno 2014, come nella fattispecie qui vagliata, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato e persino l’omissione di quella comunicazione in relazione al termine di prescrizione dell’atto impositivo (Cass. sez. 5, 16/12/2016 n. 26037), perché quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti. Proprio per tale ragione il raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP posto che, «non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis» (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10483 del 03/05/2018 – Rv. 647996 – 01);

– Conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA e II.DD. diverse dall’IRAP, e rigettato quanto alla ripresa a fini IRAP; la sentenza impugnata dev’essere, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle questioni inerenti VIVA e le II.DD. diverse dall’IRAP, rimaste assorbite, e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto oltre che per il regolamento delle spese di lite.