CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 marzo 2020, n. 7536
Tributi – Cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 – Omesso versamento ritenute alla fonte
Rilevato che
La A. S.p.A., incorporante della C. S.r.l., impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 a seguito di controllo automatizzato sulla dichiarazione mod. 770/S/2006 per l’anno d’imposta 2005 per omesso versamento di ritenute alla fonte sui redditi di lavoro autonomo e sulle provvigioni e per il pagamento di addizionali regionali all’imposta sul reddito delle persone fisiche ed alle ritenute su retribuzioni, pensioni, trasferte e mensilità aggiuntive.
L’adita CTP accolse il ricorso.
Proposto appello dall’Ufficio avverso la decisione di primo grado, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia, con sentenza n. 35/02/12, depositata il 16 marzo 2012, non notificata, rigettò il gravame.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’ultimo dei quali articolato a sua volta in tre distinti ordini di censure.
La società resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, della l. n. 212/2000 e dell’ultimo comma dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.), nonché dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, censurando come erronea in diritto la statuizione della CTR che ha dichiarato la nullità della cartella impugnata dalla contribuente per omesso invio della (duplice, in relazione a ciascun ruolo) comunicazione di irregolarità emessa, non prodotta in atti sebbene l’Amministrazione ne avesse indicato l’inoltro, atteso che nella fattispecie in esame, diversamente da quanto esposto dall’impugnata pronuncia, non sussisteva alcuna incertezza obiettiva su aspetti rilevanti della dichiarazione, ma si verteva in ipotesi di omesso versamento di somme rispetto agli stessi dati esposti dalla contribuente in dichiarazione; né, d’altronde, si duole ancora la ricorrente Amministrazione, la cartella avrebbe potuto essere annullata, alla stregua del disposto dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, atteso che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, dell’art. 7 della l. n. 212/2000 e del d.m. 312/1999, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rilevato ulteriore profilo d’illegittimità della cartella nel difetto di motivazione della stessa, sebbene fosse pienamente rispondente al modello ministeriale approvato e la contribuente, dalla quale provenivano i dati indicati in dichiarazione, fosse pertanto pienamente consapevole delle ragioni che avevano portato alla formazione dei rispettivi ruoli trasfusi nell’impugnata cartella emessa a seguito del suddetto controllo automatizzato.
3. Con il terzo motivo l’Agenzia delle Entrate censura ancora la sentenza impugnata per apparente motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui, quanto al merito delle iscrizioni a ruolo in oggetto, la CTR ha confermato la pronuncia di primo grado sfavorevole all’Ufficio, osservando che a quest’ultimo «incombeva l’onere della prova» e quindi «indicare e provare quali errori specificamente erano stati commessi sui fatti contestati sui quali, comunque, l’appellato ha fornito chiarimenti convincenti supportati da documentazione probatoria».
Detto motivo è ripartito dalla ricorrente in tre diversi ordini di censure: a) omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., avendo la sentenza impugnata, con la statuizione dinanzi trascritta, omesso di esaminare le spiegazioni date dall’Ufficio relativamente alle contestate omissioni di versamento; b) violazione dell’art. 2697 cod. civ. n. 3, cod. proc. civ., ponendosi la sentenza impugnata in contrasto con il principio cardine in tema di riparto dell’onere della prova secondo cui la prova dell’adempimento dell’obbligazione tributaria incombe al debitore; c) ancora omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., con riferimento all’omesso esame della cartella che,a fronte di ciascuno degli importi indicati come dovuti ne indica la relativa causale.
4. Il primo motivo è fondato.
4.1. Questa Corte ha, con orientamento consolidato, affermato che «In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso» (così Cass. sez. 5, 25 maggio 2012, n. 8342; tra le molte conformi, più di recente, cfr. Cass. sez. 5, ord. 17 dicembre 2019, n. 33344).
4.2. Laddove la pronuncia in esame ha ritenuto di far riferimento ad elementi extracartolari, quali ad esempio le vicende legate all’incorporazione da parte di A. S.p.A. della C. S.r.l. che aveva a sua volta incorporato “Pool Consulting”, non risulta avere fatto corretta applicazione del succitato principio di diritto, posto che alla liquidazione delle maggiori somme dovute l’Amministrazione è pervenuta pur sempre alla stregua di quanto esposto in dichiarazione.
5. Quanto sopra induce a ritenere altresì fondato il secondo motivo di ricorso, conformemente all’indirizzo, al quale va assicurata in questa sede ulteriore continuità, secondo cui «La cartella di pagamento emessa all’esito di un procedimento di controllo c.d. formale o automatizzato, a cui l’Amministrazione finanziaria ha potuto procedere attingendo i dati necessari direttamente dalla dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamo a tale atto, atteso che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa» (cfr. Cass. sez. 5, 27 luglio 2016, n. 15564; si vedano anche, tra le altre conformi, Cass. sez. 6-5, ord. 7 giugno 2017, n. 14236; Cass. sez. 5, ord. 20 settembre 2017, n. 21804), atteso che il fatto che siano state anche richieste somme maggiori non impedisce di per sé che a tale risultato si sia comunque pervenuto sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione (si veda anche Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, n. 25329).
6. Il terzo motivo è da ritenersi ugualmente fondato, con riferimento al profilo di cui alla succitata lettera b).
6.1. Pur avendo ritenuto in effetti già decisivi ai fini della conferma dell’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente il mancato invio, in quanto non documentato dall’Amministrazione, della previa comunicazione d’irregolarità, nonché la ritenuta illegittimità della cartella per carenza di motivazione, con ulteriore autonoma rado decidendi nel merito del quantum richiesto dall’Amministrazione, la CTR ha quindi affermato che «spettava all’Ufficio su cui incombeva l’onere della prova indicare e provare quali errori specificamente erano stati commessi sui fatti contestati, sui quali, comunque, l’appellato ha fornito chiarimenti convincenti supportati da documentazione probatoria».
6.2. Detta statuizione, per un verso, ove s’intenda comunque riconoscibile la ratio decidendi nel mancato soddisfacimento dell’onere della prova ritenuto come incombente all’Amministrazione, si pone in contrasto – atteso che la liquidazione è avvenuta pur sempre su dati esposti dalla contribuente – con il criterio di riparto dell’onere della prova, ex art. 2697 cod. civ., secondo cui la prova del fatto estintivo dell’obbligazione, quale quella tributaria avente fonte nella legge, incombe al debitore; per altro verso, nella parte in cui rileva che «l’appellato ha fornito chiarimenti convincenti supportati da documentazione probatoria», si risolve effettivamente in motivazione apparente, che ricorre, come chiarito da questa Corte, allorquando il giudice di merito ometta di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 6 giugno 2012, n. 9113; in generale cfr. Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 3 novembre 2016, n. 23232).
6.3. Restano assorbiti gli ulteriori profili.
7. Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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