CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 novembre 2020, n. 26934
Avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza – Obbligo di iscriversi alla Gestione separata ex art. 2, co. 26, L. n. 335/1995 – Sussiste
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 615 pubblicata il 10.7.2018, in accoglimento dell’appello di P.M. e in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato insussistente l’obbligo della predetta di iscriversi alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995 e di versare i contributi, in relazione all’attività libero professionale svolta negli anni 2009 e 2010 quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo e di quello contributivo conseguente;
2. la Corte d’appello, in consapevole dissenso rispetto alle sentenze di legittimità pure richiamate (Cass. n. 30344/17; 30345/17), ha ritenuto insussistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata; ha, comunque, dichiarato la prescrizione dei crediti contributivi vantati dall’INPS, individuando come dies a quo del decorso del termine quinquennale la scadenza del termine per il pagamento dei contributi, nel caso di specie il 16.6.2010 (per i redditi del 2009) e 6.7.2011 (per i redditi del 2010), come disposto dall’art. 17 dPR n. 435 del 2001, modificato dal d.l. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006 e dalle circolari INPS n. 73 del 14.6.2010 e n. 84 del 13.6.2011), risultando tardive, e quindi inidonee a interrompere il termine prescrizionale, le note dell’Inps dell’11.6.2015 (giunta a destinazione il 30.6.2015) e del 22.6.2016 (giunta a destinazione il 15.7.2016);
3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, P.M.;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Considerato che
5. con il primo motivo di ricorso l’INPS ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, commi 26 -31, della legge n. 335/1995, dell’art. 18, commi 1 e 2, d.l. n. 98/2011 (conv. con mod. nella legge n. 111/2011), dell’art. 53 d.P.R. n. 917/1986 modificato dal d.lgs. n. 344/2003, degli artt. 10, 11 e 22 della legge n. 576/1980, dell’art.21, comma 10, della legge n. 247/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non abbia l’obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (nel caso di specie, per mancato raggiungimento del limite di reddito);
6. col secondo motivo di ricorso l’Istituto ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., dell’art. 2, commi 26 – 31, della legge 335/1995, per avere la Corte di merito errato nella individuazione del dies a quo del decorso della prescrizione, coincidente, secondo la tesi dell’INPS, con la data di presentazione della dichiarazione dei redditi (nella specie, 23.9.2010 e 27.9.2011) nell’anno successivo a quello per cui va versato il contributo all’INPS;
7. si esamina prioritariamente, per ragioni di ordine logico, il secondo motivo di ricorso che risulta infondato alla luce dei principi affermati da questa Corte secondo cui “In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo” (Cass. n. 27950 del 2018; sez. 6 n. 19403 del 2019; sez. 6 n. 13049 del 2020);
8. a tali principi si è conformata la sentenza impugnata, e da ciò consegue il rigetto del secondo motivo di ricorso e l’assorbimento del primo motivo;
9. l’alternarsi di orientamenti giurisprudenziali non univoci sulla questione (si veda per tutte, in senso difforme rispetto alla decisione oggi assunta, Cass. n. 7836 del 2016), giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio;
10. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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