CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 novembre 2020, n. 27087
Adeguamento annuale sussidio LUP ex I. 144/1999 – Rivalutazione monetaria dell’assegno – Adeguamento annuale Istat
Considerato in fatto
1. Con sentenza n 21880/2017 questa Corte ha rigettato il ricorso proposto da C.G.F. avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza del Tribunale di Rossano, aveva rigettato la domanda della C. di “pagamento di somme risultanti dall’adeguamento annuale del sussidio LUP nella misura dell’80% dell’adeguamento annuale Istat secondo il disposto dell’art. 8, comma 8 del dlgs n. 468/1997”.
Questa Corte di Cassazione con la sentenza citata ha rigettato il primo motivo con cui la C. aveva denunciato l’inammissibilità dell’appello per mancata indicazione delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) dell’art. 434 c.p.c. rilevando che dal tenore degli atti di causa, nei termini in cui gli stessi erano stati riportati in ricorso, si evinceva che con l’appello era stata chiesta la riforma della decisione di primo grado in merito alla quantificazione della rivalutazione monetaria dell’assegno di LUP ex I. 144/1999, deducendosi una non corretta determinazione della variazione annuale di legge e che tanto era sufficiente a determinare l’effetto devolutivo proprio del gravame restando irrilevanti, perché inidonei a compromettere il nucleo fondante dell’impugnazione, sia l’indicazione da parte dell’appellata di conteggi che investono annualità successive a quella in valutazione, sia l’erroneo richiamo in sentenza al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.
Con la sentenza n 21880 citata è stato poi rigettato anche il secondo motivo di ricorso per mancata corrispondenza tra l’oggetto effettivo della domanda di primo grado e della sentenza di primo grado con l’oggetto su cui ha pronunciato il giudice di secondo grado con la sentenza oggi impugnata”. Si è osservato, infatti, che la mancanza della motivazione (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile) si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sé”, vizi non ravvisabili nella fattispecie.
2. Avverso la sentenza n. 21880/2017 la C. ha proposto ricorso per revocazione.
L’Inps ha depositato controricorso e poi memoria ex art 378 c.p.c.
Ritenuto in diritto
3. La ricorrente denuncia violazione dell’art. 395 n 4 c.p.c. per essere incorsa la Corte di Cassazione ” nell’erronea percezione in fatto che con l’appello è stata chiesta la riforma della decisione di primo grado in merito alla quantificazione della rivalutazione monetaria dell’assegno di LUP ex L 144/1999, assentita dal giudice di primo grado su una non corretta determinazione della variazione annuale” ; nonché ” per essere incorsa nell’erronea percezione dell’inesistenza di allegazione e trascrizione dell’originario ricorso e della sentenza di primo grado che sono state non solo trascritte all’interno del ricorso ma allegate in copia conforme”. Deduce che la Corte di Cassazione ha ritenuto che oggetto del giudizio fosse l’erronea quantificazione della rivalutazione avendo invece richiesto il ricorrente la liquidazione per l’anno 1999 di un’indennità per LSU di L 850,000 in luogo delle L 800.000 riconosciute dall’Inps, senza valutare che l’Inps con l’unico motivo di gravame aveva sollevato questioni che non avevano costituito oggetto del thema decidendum della sentenza impugnata.
Osserva che un ulteriore errore in quanto alla luce dei fatti e degli atti di causa le censure alla sentenza d’appello erano fondate in quanto la nullità della sentenza si ha anche quando l’esposizione non è idonea a rivelare la ratio decidendi.
Lamenta poi che il rigetto del ricorso determina l’obbligo di restituire le somme ricevute con la sentenza del Tribunale ed in contrasto con le sentenze favorevoli ottenute dai lavoratori colleghi della ricorrente.
4. Il ricorso è inammissibile.
5. Secondo la giurisprudenza di questa corte, «l’errore di fatto previsto dall’art. 395, numero 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa; esso si configura quindi in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività» (Cass., sez. I, 19 giugno 2007, n. 14267, Cass., sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 1555). L’errore di fatto consistente in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali ( cfr tra le tante Cass. n 8828/2017).
5. Nella specie non sussiste un tale errore. La Corte infatti è pervenuta alla conclusione che la domanda aveva ad oggetto il ricalcolo della rivalutazione dell’indennizzo LPU relativo al 1999 sulla base di una valutazione degli atti.
Nella sentenza risulta testualmente affermato, a conferma di quanto sopra, che “dal tenore degli atti di causa, nei termini in cui gli stessi sono stati riportati in ricorso, si evince che con l’appello è stata chiesta la riforma della decisione di primo grado in merito alla quantificazione della rivalutazione monetaria dell’assegno LUP ex L n 144/1999 deducendosi una non corretta determinazione della variazione annuale di legge “. Tale interpretazione, del resto, trovava ulteriore conferma nell’oggetto, indicato nel ricorso in cassazione, dalla stessa ricorrente in questi termini “rivalutazione istat anno 1999LPU”.
Le censure della ricorrente, pertanto non valgono a segnalare l’errore di fatto rilevante per la revocazione della sentenza di questa Corte ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c. in quanto si traducono nella denuncia di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultante processuali e dunque in errori di giudizio.
7. Non deve provvedersi sulle spese di lite stante la dichiarazione sostitutiva ex art. 152 c.p.c.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13 se dovuto.
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