CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27241
Rapporto di lavoro – Dipendente bancario – Trattamento economico – Trasferimento – Rimborso spese – Calcolo del trattamento di fine rapporto
Rilevato che
1.1. con ricorso al Tribunale di Milano G. C., dipendente di Intesa Sanpaolo S.p.A., conveniva in giudizio la società al fine di ottenerne la condanna al pagamento di talune voci retributive incidenti su t.f.r. (bonus individuali, somme versate al fondo pensione integrativo “per la quota del lavoratore”, premio di anzianità, indennità per ferie non godute ed elargizione per l’abitazione) invocando le sentenze favorevoli rese da questa Corte ex art. 420 bis cod. proc. civ. (così Cass. 15 marzo 2010, n. 6204);
1.2. il Tribunale accoglieva la domanda limitatamente all’incidenza sul t.f.r. di quanto corrisposto dalla Banca a titolo di contributi integrativi al fondo pensione (periodo post 1995), alle ferie e festività, al premio aziendale ed all’elargizione per l’abitazione e condannava la Banca al pagamento in favore del ricorrente di euro 13.649,96 (di cui euro 5.714,57 a titolo di incidenza sul t.f.r. dell’elargizione per abitazione);
1.3. la decisione era solo in pari”riformata dalla Corte d’appello di Milano che escludeva dalla condanna l’importo di euro 5.448,52 a titolo di incidenza sul t.f.r. dei contributi integrativi al fondo pensione ed evidenziava, quanto al premio aziendale ed alle ferie e festività soppresse, che la questione non fosse più oggetto di controversia;
richiamava, quanto all’elargizione per abitazione, corrisposta al funzionario trasferito con familiari conviventi e percepita dal C. dal 1989 in quote trimestrali anticipate, le ragioni, sfavorevoli alla Banca, espresse dalla medesima Corte d’appello nella sentenza del 10 settembre 2014 resa nella causa Intesa Sanpaolo S.p.A. / Baruffardi (in atti sub doc. 2 del fascicolo d’appello del C.);
2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale Intesa Sanpaolo S.p.A. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi;
3. G. C. resiste con controricorso;
4. la società ha depositato memoria.
Considerato che
1.1. con il primo motivo la società denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la stessa esplicitato le ragioni della propria decisione limitandosi a richiamare un proprio precedente;
1.2. il motivo è infondato;
il rinvio ad altro precedente della medesima Corte ed alle ragioni ivi espresse, attribuibili all’organo giudicante, è stato formulato in modo chiaro, individuandosi di tale precedente gli estremi, le parti oltre alla collocazione materiale della decisione nel fascicolo di parte così da consentire un agevole reperimento dello stesso e da consentire la verifica di compatibilità logico-giuridica del richiamo;
la sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile (cfr. Cass. 6 settembre 2016, n. 17640; v. anche Cass. 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., sez. U, 16 gennaio 2015, n. 642);
peraltro, nella specie, la Corte territoriale, oltre al richiamo alle più articolate argomentazioni del precedente citato, ha esplicitato la ratio fondativa di tale precedente spiegando che l’elargizione abitativa integra un elemento costitutivo del trattamento economico, avente carattere continuativo ed assoggettato a contribuzione previdenziale e altresì sottolineando che la Banca non aveva allegato alcuna circostanza di fatto che potesse assimilarlo al trattamento previsto dalla contrattazione collettiva per i dirigenti trasferiti o in missione;
2.1 con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 69 e 53 del c.c.n.l. per il personale direttivo delle aziende di credito del 1990 e dell’art. 2697 cod. civ.(art. 360, n. 3, cod. proc. civ.);
lamenta che la Corte territoriale (con il richiamo al proprio precedente del 10 settembre 2014 nella causa Intesa Sanpaolo S.p.A. / B. – in atti sub doc. 2 del fascicolo d’appello del C. -) avrebbe erroneamente escluso che l’erogazione al funzionario trasferito di una somma di denaro in occasione del trasferimento (e per il periodo dal 1990 al 1993 v. pag. 9 del ricorso per cassazione) potesse essere stata corrisposta per “finalità similari” a quelle che caratterizzano i trattamenti previsti, in favore del funzionario trasferito, dall’art. 53 del c.c.n.l.;
rileva che anche l’elargizione per cui è causa, come quelle di cui alla norma pattizia, non è diretta a rimborsare spese effettive;
evidenzia che tra gli emolumenti di cui all’indicata norma sono anche previste una ‘diaria’ e soprattutto la fornitura di un “alloggio nella nuova sede di residenza”, la cui finalità è proprio quella di alleviare il disagio connesso al cambio dell’abitazione e della residenza familiare, ovvero la medesima finalità che, a dire della Corte del merito, è alla base dell’erogazione de qua;
non si giustificherebbe, pertanto, secondo la società, il diverso trattamento in termini di inclusione dell’erogazione nella base di calcolo del t.f.r., derivando, al contrario, in via immediata e diretta la sua esclusione dal computo suddetto dal richiamato art. 69 c.c.n.l. di categoria, con la conseguenza che è del tutto irrilevante verificare la natura dell’erogazione in discussione, in presenza della deroga contrattuale ai sensi dell’art. 2120, co. 2, cod. civ.;
censura, inoltre, la sentenza impugnata per aver ritenuto incombente sulla Banca l’onere di provare l’equivalenza del trattamento di cui all’art. 53 c.c.n.l. e della c.d. erogazione abitativa;
2.2. di contro, il dipendente sostiene che la fornitura di alloggio prevista dall’art. 53 non prevede un’erogazione di somma di denaro che, ove corrisposta come nella specie dalla società, diversamente dalla prima, secondo l’accertamento in fatto della Corte, ha natura retributiva e sinallagmatica;
3.1. il motivo non è fondato;
3.2. in termini generali, non può non rilevare quanto convenuto tra le parti in sede di definizione del trattamento economico dovuto e a tal fine, in sede interpretativa, deve considerarsi l’elemento letterale, che, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell’interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che dell’interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (cfr., da ultimo, Cass. 19 marzo 2018, n. 6675; Cass. 28 marzo 2017, n. 7927; Cass. 22 novembre 2016, n. 23701);
3.3. nei casi in cui non vi sia riferimento a precise ed inequivoche clausole contrattuali pattuite in vista del trasferimento del lavoratore e, comunque, a prescindere dall’assetto riconducibile alla qualificazione dei contraenti in ipotesi di disciplina legale che sia da ritenere prevalente sulla concreta previsione pattizia quanto alla inclusione nel trattamento di fine rapporto, in mancanza di deroga espressa da parte della contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2120, co. 2, cod. civ., ai fini della individuazione della natura di retribuzione ovvero di rimborso spese di una voce del trattamento corrisposto per lo svolgimento di lavoro all’estero o in altra sede lavorativa, deve aversi riguardo ad indici sintomatici, che consentano una valutazione della suddetta natura in via induttiva, senza trascurare, in tale indagine, anche elementi che emergano in sede di stipulazione del contratto individuale, che assumono, per quanto detto, valore orientativo ai fini considerati;
3.4. così, ai fini dell’identificazione dei caratteri propri della retribuzione, rilevano sicuramente: a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la sottesa garanzia di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, f) il prelievo contributivo effettuato (la cui mancanza non può, tuttavia, deporre necessariamente nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva);
3.5. diversamente, la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto) è indice della natura non retributiva dell’emolumento, normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva, con tendenziale esclusione, per volontà collettiva, dalla base di computo del t.f.r., che, tuttavia, non può estendersi al di là dell’espressa previsione derogatoria rispetto alla generale previsione codicistica;
3.6. i suddetti principi vanno, poi, coniugati con quello più strettamente attinente all’onere della prova, considerato che, per l’art. 2120 cod. civ., ove i contratti collettivi non contengano diversa previsione, la retribuzione annua comprende tutte le somme corrisposte a titolo non occasionale e non di rimborso spese e che l’esclusione di una o più voci dalla base retributiva, costituendo deroga all’indicato principio, presuppone in primo luogo una volontà della norma collettiva che neghi espressamente l’inclusione, ed esige, poi, una specifica prova di questa negazione da parte di colui che l’invochi (v. Cass. 14 agosto 2004, n. 15889);
3.7. alla stregua dei criteri identificativi utili per la descritta valutazione di tipo induttivo, deve ritenersi che l’esame compiuto dalla Corte del merito non presenti gli errori e le carenze denunciati ai fini della individuazione della natura dell’elargizione in discussione;
3.8. del resto, secondo quanto da questa Corte affermato con riguardo al trattamento economico aggiuntivo attribuito al lavoratore che presti la propria opera all’estero (id est per l’ipotesi di trasferimento presso altra sede lavorativa), alle somme erogate al suddetto titolo va riconosciuta natura retributiva qualora si tratti di somme compensative della maggiore gravosità e del disagio morale ed ambientale dell’attività lavorativa prestata, presso la sede oggetto di trasferimento, per adempiere, sia pur indirettamente, gli obblighi della prestazione lavorativa, assumendo rilievo non il carattere forfetario o meno dell’erogazione, ma esclusivamente il collegamento sinallagmatico con la prestazione lavorativa, risolvendosi la corresponsione dell’importo in un adeguamento della retribuzione per i maggiori esborsi in considerazione delle (mutate) condizioni ambientali in cui il lavoratore presta la propria attività (cfr. Cass. 18 marzo 2009, n. 6563, Cass. 21 aprile 2016 n. 8086, Cass. 22 luglio 2016, n. 15217, Cass. 19 gennaio 2017, n. 1314, Cass. 22 febbraio 2018, n. 4340);
3.9. la decisione impugnata, là dove ha attribuito rilevanza al carattere periodico dell’erogazione, alla corresponsione in misura fissa (forfetaria annuale, in quote periodiche anticipate) e senza documentazione giustificativa, alla finalità di contributo corrisposto in relazione alle esigenze abitative personali del lavoratore, all’essere la stessa condizionata al permanere della sistemazione abitativa, all’avvenuto assoggettamento a contribuzione, è coerente con i principi sopra ricordati;
3.10. corretto è stato anche il richiamo al principio della onnicomprensività della retribuzione da prendere a base del t.f.r. di cui all’art. 2120 cod. civ. – principio che può essere derogato solo dai contratti collettivi stipulati successivamente all’entrata in vigore della normativa e a condizione che gli stessi prevedano in modo esplicito la deroga – evidenziandosi che questa Corte ha ritenuto non censurabile l’interpretazione dei giudici di merito che, al cospetto di una clausola di contrattazione collettiva strutturata come quella in esame – art. 73 del c.c.n.l. per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle aziende di credito – “nel qualificare i trattamenti con finalità similari, corrisposti al funzionario trasferito o in missione, come erogazioni della società al fine di compensare il lavoratore delle spese connesse al trasferimento”, ha considerato “che tali trattamenti non rientrino nella deroga prevista dal c.c.n.l. ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, ma ricadano sotto la disciplina generale dell’art. 2120 cod. civ.” (così Cass. n. 3278/2004 cit.) ed analogamente, rispetto a previsioni con clausole della contrattazione collettiva temporalmente applicabile, sostanzialmente sovrapponibili a quella contenuta nell’art. 69, ha confermato l’interpretazione dei giudici di merito secondo cui “tale disposizione altro non è che una maggiore specificazione del disposto dell’art. 2120 cod. civ. che già esclude dal computo del t.f.r. le prestazioni a titolo occasionale e quanto è stato corrisposto a titolo di rimborso spese” (Cass. 25 novembre 2005, n. 24875 e, da ultimo, Cass. 8086/2016 cit.);
4. alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va respinto;
5. le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come da dispositivo;
6. va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d. P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15% da corrispondersi all’avv. Michele Iacoviello, antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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