CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27242
Contributi assicurativi – Soggetti obbligati – Pluralità di attività autonome – Art. 1, co. 208, Legge n. 662/96 – Interpetazione autentica – Art. 12, co. 11, D.L. n. 78/2010 – Principio di assoggettamento all’assicurazione – Gestione commercianti – Gestione separata – Attività prevalente
Rilevato che
la Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 198/2013, ha respinto l’appello proposto da F.M. avverso la sentenza del Tribunale di Trieste con la quale era stata rigettata l’opposizione a cartella esattoriale, inerente alla contribuzione per la Gestione Commercianti, da lui proposta; la Corte territoriale riteneva che il M., iscritto alla gestione separata in relazione alla propria attività di amministratore della N. s.r.l., avendo svolto anche concreta attività commerciale di approvvigionamento e raccolta ordini, nonché di affidamento a vettori terzi delle consegne, avesse altresì esercitato attività commerciale, per la quale era dovuta l’iscrizione e la contribuzione pretesa;
la sentenza è stata impugnata dal M. con tre motivi, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso I.N.P.S.;
Considerato che
con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1 L. Cost. 1/1948, anche per mancata promozione, su cui egli insiste ex novo, della questione di legittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 12, co. 11, d.l. 78/2010, per contrasto con gli artt. 3, 24, 102 e 111 Cost., nonché dell’art. 117 Cost., in relazione all’art. 6 CEDU;
il motivo va rigettato, in quanto oltre ciò che è stato già ritenuto da Cass., S.U., 8 agosto 2011, n. 17076 (secondo cui l’art. 12, co. 11, cit., è «norma effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU – quanto al mutamento delle “regole del gioco” nel corso del processo – trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.)», da Corte Cost. 26 gennaio 2012, n. 15 (secondo cui la norma ha enucleato «una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo, peraltro già fatta propria da parte consistente della giurisprudenza di merito» sicché «tale soluzione ha superato una situazione di oggettiva incertezza, contribuendo così a realizzare principi d’indubbio interesse generale e di rilievo costituzionale, quali sono la certezza del diritto e l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge») e da Corte Cost. 1 marzo 2013, n. 32, vi è da rilevare, per quanto attiene al c.d. effetto sorpresa su cui fa ora leva il ricorrente, che esso non può essersi determinato nel caso di specie, in quanto, al momento della notifica della cartella avvenuta il 5.10.2010 già era entrata in vigore la norma di interpretazione autentica (risalente all’art. 12, co. 11 d.l. 31 maggio 2010, n. 78), la quale quindi non può dirsi abbia inopinatamente mutato il quadro giuridico successivamente alla proposizione dell’azione;
con il secondo e terzo motivo è invece affermata la violazione dell’art. 116 L. 388/2000 per il mancato annullamento delle sanzioni civili nonostante la carenza dell’elemento soggettivo, alla luce dei contrasti interpretativi e dell’incertezza normativa, sollecitandosi, in subordine, la proposizione di questione di legittimità costituzionale della disciplina inerente tali sanzioni, in quanto tale da determinare disparità di trattamento (art. 3 Cost.) tra chi, come il ricorrente, si fosse trovato a subire l’esercizio della pretesa contributiva prima dell’entrata in vigore della norma interpretativa e chi fosse tenuto per debiti maturati successivamente, oltre che per contrasto sempre con l’art. 117 Cost., 6 CEDU ed 1 prot. add. CEDU, per illegittima interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia e lesione dell’integrità patrimoniale; anche tali motivi sono infondati;
la normativa (art. 116, co. 15, lett. a, L. 388/2000) prevede espressamente l’ipotesi delle oggettive incertezze interpretative, consentendo in tal caso di applicare le sanzioni in minor misura;
il ricorrente non invoca l’applicazione di tale disciplina, che richiama solo come indicazione del rilievo che il sistema attribuisce allo stato soggettivo riconnesso alle incertezze interpretative, ma pretende l’esenzione da ogni sanzione; la previsione di un sistema di possibile riduzione delle sanzioni in ragione dell’esistenza di difficoltà interpretative manifesta come l’ordinamento non si disinteressi della posizione di chi sia obbligato dal punto di vista contributivo, coniugandola tuttavia con il fatto che comunque vi è ritardo nell’adempimento; tale sistema è palese espressione di discrezionalità legislativa il cui assetto, proprio per la necessità di bilanciare più esigenze, non sollecita dubbio alcuno sotto il profilo della ragionevolezza;
neppure può assecondarsi il rilievo, su cui il ricorrente fa leva onde sostenere la questione di legittimità dal medesimo prospettata, in ordine al diverso trattamento che potrebbe delinearsi tra coloro il cui obbligo maturi dopo l’intervento della legge interpretativa (sicché l’assenza di dubbi ermeneutici consentirebbe un adempimento puntuale e quindi eviterebbe l’applicazione di sanzioni) o coloro il cui obbligo fosse maturato precedentemente (sicché il ritardo, pur essendo maturato in presenza di dubbi interpretativi, determinerebbe il sorgere dell’obbligazione accessorie per le sanzioni); è in effetti palese la diversità di situazioni di cui si postula la comparazione, in quanto solo nel primo caso vi è ritardo nell’adempimento che impone di considerare, sulla base di quanto appena sopra detto, anche l’interesse del creditore, senza contare che la possibilità di diverse interpretazioni non significa esclusione dell’obbligo, il cui rischio è in qualche misura accettato dal debitore che decida di resistere alla contraria pretesa dell’ente;
pertanto, considerato altresì come il verificarsi di diversità di trattamento è fisiologicamente insito nel sopravvenire di qualsiasi intervento normativo, nel caso di specie, la diversità delle situazioni considerate e l’assenza di aspetti di irragionevolezza nell’esercizio della discrezionalità legislativa, di cui si è detto, consentono di escludere la proposizione dell’incidente di costituzionalità; il ricorrente infine ipotizza, sempre rispetto alle sanzioni, profili di legittimità, ex art. 117 Cost. rispetto agli artt. 6 e lprot. Add. C.E.D.U.;
l’ipotesi è formulata del tutto genericamente, ma è comunque infondata, in quanto la possibilità di plurime interpretazioni è intrinseca al sistema normativo, specie ove le complessità siano notevoli, come è nel caso, che qui interessa, dell’interferenza tra diversi ambiti previdenziali, mentre d’altra parte le conseguenze insite nella scelta di non adeguarsi all’interpretazione propugnata dall’ente previdenziale sono valutabili ex ante, sicché non può dirsi che la susseguente applicazione di sanzioni per il ritardo, proprio per la percepibilità del rischio, sia ragione di lesione per il diritto ad un processo equo di cui all’art. 6 C.E.D.U., né che, trattandosi di effetti del proprio ritardo nell’adempimento, ricorrano fondate ragioni di riferimento alla violazione indebita del diritto di proprietà di cui all’art. 1 prot. add. C.E.D.U.;
in definitiva nessuno dei profili prospettati dal ricorrente supera la valutazione di non manifesta infondatezza cui soggiace, ai sensi dell’art. 23, co. 2, L. 87/1953, la proposizione delle questioni presso la Corte Costituzionale; il ricorso va quindi rigettato, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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