CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27277
Verbale ispettivo Inps – Cartella esattoriale – Recupero dei contributi sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti – Sgravi – Condizioni – Riduzione dei livelli occupazionali
Rilevato
che con sentenza del 5- 21 dicembre 2016 numero 2996 la Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, accoglieva unicamente in punto di quantificazione delle sanzioni civili la opposizione proposta da S. S., titolare della ditta C., avverso il verbale di accertamento INPS del 16/1/2006 e la cartella esattoriale nr. 014 2007 0080039007, relativi al recupero dei contributi sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti V. S. e C. D. P., non pagati per indebita fruizione dello sgravio triennale di cui all’articolo 44, comma 1, legge 448/2001;
che la Corte territoriale osservava che per la concessione delle agevolazioni ex lege 448/2001 (sgravio totale dei contributi per un periodo triennale dalla data di assunzione) si applicavano le condizioni stabilite all’articolo 3, comma sei, della legge 23 dicembre 1998 nr. 448, tra le quali il mantenimento del livello di occupazione raggiunto con le nuove assunzioni nel corso del periodo agevolato. I dipendenti per cui erano stati fruiti gli sgravi, assunti il 20 aprile 2002, erano stati invece licenziati il 30 settembre 2004.
La norma nulla diceva circa la imputabilità o meno al datore di lavoro della riduzione del livello occupazionale, per cui erano inconferenti le deduzioni svolte in ordine alla non-imputabilità alla ditta opponente dei licenziamenti.
Inoltre i licenziamenti erano intervenuti per un giustificato motivo oggettivo, il calo di commesse, che non era provato dai bilanci prodotti.
Comunque, la disposizione dell’’articolo 3, comma sei, legge nr. 448/1998 faceva riferimento testuale ad una «condizione», dovendosi pertanto applicarsi le norme generali del codice civile sulla condizione potestativa (l’evento condizionante dipendeva dalla volontà del datore di lavoro).
La Cassazione aveva peraltro chiarito che la mancanza di commesse lungi dal potersi considerare evento imprevedibile rientrava nel normale rischio di impresa delle attività edili.
che avverso la sentenza ha proposto ricorso la ditta C. di S. S., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa con controricorso; EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A. -già EQUITALIA ETR S.p.A – è rimasta intimata;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile.
Considerato
che la ditta ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione, in relazione all’articolo 2697 codice civile, del disposto dell’articolo 3, commi cinque e sei, della legge 448/1998, come richiamata dall’articolo 4 della legge 448/2001, in relazione all’articolo 3 della legge 604/1966.
Ha esposto che la sua difesa era incentrata sulla non-ripetibilità degli sgravi nei casi di riduzione del personale per fatti imprevedibili e non imputabili al datore di lavoro, come riconosciuta nelle circolari INPS in materia (del 14 ottobre 1998 numero 188 nonché numero 122/2000 e 15 febbraio 2006).
Era stato dimostrato in causa che i due licenziamenti erano dovuti alle difficoltà aziendali.
La Corte d’appello di Bari aveva preso le mosse dal principio errato che quella prevista dall’articolo 3, comma sei, della legge 448/1998 fosse una condizione potestativa mentre, al più, si trattava di condizione mista, atteso che il suo venire meno dipendeva anche dalla sopravvenienza di circostanze esterne alla volontà datoriale, incidenti sull’attività produttiva e sul regolare funzionamento di essa.
– con il secondo motivo: ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – violazione di errata applicazione dell’articolo 10, comma due ,della legge 27 luglio 2000 numero 212 nonché – ai sensi dell’articolo 360 numero 5 codice dì procedura civile – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
In via subordinata la ditta ricorrente ha impugnato la sentenza nella parte in cui dichiarava l’infondatezza del secondo motivo di appello, osservando che le circolari dell’INPS non costituivano fonti normative.
Il ricorrente ha assunto che la vera portata del motivo d’appello consisteva nel denunziare l’errore del Tribunale per non avere considerato il contenuto delle circolari al fine della esenzione dalla applicazione di sanzioni e di interessi, per quanto disposto dall’articolo 10, comma due, della legge 27 giugno 2000 numero 212 (non applicabilità di sanzioni e interessi allorché il contribuente si fosse uniformato agli atti di indirizzo dell’amministrazione finanziaria).
che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso; che quanto al primo motivo questa Corte ha già chiarito (Cass., sez. lav. 26 ottobre 2017 nr. 25474; Cass. sez. lav. 28.7.2016 n. 15688) che la concessione degli sgravi contributivi di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, richiamato dalla legge 448/2001, presuppone che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel periodo agevolato sicché il venir meno di tale condizione determina l’integrale perdita del diritto al beneficio, avendo la norma natura eccezionale, per cui, ove diversamente interpretata, si porrebbe in contrasto con i vincoli in materia di aiuti di Stato imposti dalla Commissione Europea.
Pertanto non sussiste il diritto dell’impresa al mantenimento del beneficio dello sgravio contributivo nelle ipotesi di mancata conservazione del livello occupazionale anche nei casi in cui la situazione di contrazione del personale non possa essere ricondotta ad una volontà della parte datoriale; in altri termini, il dato oggettivo della contrazione dell’organico del personale dipendente non può essere superato attraverso il ricorso alla qualificazione soggettiva della causa del decremento stesso. Nella fattispecie esaminata nel richiamato arresto di questa Corte nr. 25474/2017 la sentenza impugnata è stata cassata per avere escluso dal computo del livello occupazionale i lavoratori che nel frattempo si erano dimessi .
Appare, dunque, evidente la infondatezza del motivo, per avere la Corte di merito esattamente rilevato in limine la inconferenza delle deduzioni svolte dalla difesa del datore di lavoro appellante in punto di non imputabilità delle vicende che avevano dato luogo ai licenziamenti.
Il secondo motivo è inammissibile. Con esso si assume la erronea interpretazione in sentenza dell’atto di appello (secondo motivo d’appello), in quanto diretto ad ottenere non già la conservazione degli sgravi sulla base delle circolari dell’INPS, come ritenuto dal giudice dell’appello, ma piuttosto la esenzione totale dalla applicazione delle sanzioni e degli interessi. Il motivo difetta di specificità, in quanto non trascrive il motivo di appello né lo localizza nell’ambito dell’atto di appello, in violazione del precetto di cui all’articolo 366 nr. 6 cod.proc.civ.
che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso può essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.;
che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza; che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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