CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2020, n. 23435

CCNL Enti Pubblici non Economici – Dipendenti inquadrati nella qualifica dirigenziale – Differenze retributive

Rilevato

1. con il ricorso di primo grado i ricorrenti indicati in epigrafe, dipendenti dell’Inps inquadrati nei livelli C4 ovvero C5 del CCNL Enti Pubblici non Economici, preposti alle Agenzie territoriali dell’Inps, avevano domandato la condanna di quest’ultimo al pagamento delle differenze retributive tra il trattamento economico corrisposto e quello proprio dei dipendenti inquadrati nella qualifica dirigenziale e l’accertamento del diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti “nella loro aspettativa di diritto sancita dall’art. 8 c. 4 del CCNL Enti Pubblici non economici integrativo del CCNL del 2006;

2. le domande volte al pagamento delle differenze retributive erano fondate in fatto sull’assunto di avere svolto mansioni, superiori rispetto al rispettivo livello di inquadramento, parificabili a quelle proprie dei dirigenti di seconda fascia preposti ad uffici dirigenziali non generali o dei direttori provinciali e subprovinciali di cui agli artt. 41 e 42 del Regolamento di Organizzazione approvato con delibera n. 4 del 2003 e, in diritto, sull’art. 52 del d.lgs n. 165 del 2001;

3. le domande risarcitone erano fondate sulla dedotta violazione dell’impegno assunto dall’Inps di “procedere in apposita sessione negoziale ad una completa rivisitazione del ruolo” e della progressiva assimilazione professionale della loro categoria a quella dei dirigenti;

4. il Tribunale aveva rigettato le domande e la sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con la sentenza indicata in epigrafe;

5. la Corte territoriale, richiamato il contenuto delle disposizioni contenute nell’art. 17 c. 1 e nell’art. 4 c. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 13 della L. n. 88/1989, il Regolamento di organizzazione dell’Inps allegato alla delibera n. 4 del 2003 , ha ritenuto che i compiti che gli originari ricorrenti avevano dedotto di avere svolto quali propri del ruolo del Direttore di Agenzia erano riferibili solo in parte a quelli evidenziati sia nelle fonti di legge che in quelle del Regolamento dell’Inps;

6. menzionando le disposizioni contenute negli artt. 2 c. 1 , 4 c. 1 lett. c) , 5 e 6 del d.lgs. n. 165 del 2001 in punto di potestà autorganizzativa delle P.A., ha affermato che doveva ritenersi risolutiva per escludere la fondatezza della domanda la circostanza, pacifica oltreché documentalmente riscontrata, che le strutture agenziali, alle quali gli originari ricorrenti erano stati preposti, seppur di indubbio rilievo e costituenti sviluppo dei Centri Operativi, non erano state elevate a struttura dirigenziale e che alle Agenzie, circostanza anche questa pacifica, non era stato previsto l’affidamento della direzione alle figure dirigenziali ma a “funzionari scelti tra i livelli più elevati”, diversamente da quanto accaduto per le direzioni Provinciali e Subprovinciali;

7. ha aggiunto che anche in sede di contrattazione collettiva la figura del Direttore di Agenzia era stata definita come figura non dirigenziale e destinataria di specifiche indennità di posizione organizzativa;

8. ha escluso la fondatezza della domanda risarcitoria sul rilievo che la disposizione del CCI del 2006, prevedente apposite sessioni negoziali volte alla rivisitazione del ruolo del Direttore di Agenzia, aveva natura meramente programmatica e non esprimeva alcun intento di riposizionamento della corrispondente figura nell’ambito della categoria dirigenziale;

9. avverso questa sentenza Alba Antonino e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, ilustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso l’Inps;

Considerato

10. con il primo ed il secondo motivo i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 17 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001;

11. con il primo motivo i ricorrenti imputano alla Corte territoriale di avere dato una lettura erronea del criterio di prevalenza di cui all’art. 52 del d. Igs n. 165 del 2001 perché ha separato la valutazione dei profili qualitativo, quantitativo e temporale e non li ha esaminati congiuntamente e di non avere apprezzato, complessivamente le mansioni dedotte come svolte; assumono, inoltre, che ciascuna delle mansioni ricomprese nella definizione delle mansioni dirigenziali di cui all’art. 17 del richiamato decreto legislativo “soddisfa ex se il requisito della equivalenza contrattuale ” e ben può essere assegnata o meno al lavoratore; addebita alla Corte territoriale di non avere indagato circa l’effettiva natura delle funzioni e delle attribuzioni dei Direttori di Agenzia anche in comparazione con quelle proprie dei Direttori provinciali e subprovinciali;

12. con il secondo motivo addebitano alla Corte territoriale di avere ritenuto risolutiva la circostanza che l’Inps nell’esercizio delle sue prerogative organizzative non ha qualificato come dirigenziale la funzione dei direttori di Agenzia e di avere affermato che tale circostanza preclude in radice la possibilità di qualificazione in via giudiziale anche a prescindere dal tipo delle mansioni assegnate e dalla comparazione con quelle assegnate e svolte da altre figure professionali inserite nell’organizzazione dell’Inps , quali i Direttori provinciali e subprovinciali ; asseriscono che l’art. 17 del d. Igs. n. 165 del 2001 disciplina le mansioni che possono essere affidate ai dirigenti, sicché, in caso di esercizio di fatto di mansioni di tal fatta trova applicazione l’art. 52 del d.lgs n, 165 del 2001; sostengono che la potestà autorganizzativa può essere esercitata solo nel rispetto del richiamato art. 17 e non può comprimere il diritto soggettivo dei dipendenti assegnati in modo prevalente alle mansioni indicate nella citata disposizione al trattamento economico previsto per la qualifica dirigenziale; deducono che l’Inps ha progressivamente ampliato le funzioni dei direttori di Agenzia per tal via assimilandole per contenuti e responsabilità a quelle dei dirigenti dell’Istituto;

13. con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 8 del Contratto Collettivo del 22.6.2007; sostengono che tale clausola attesta l’obbligo delle parti sociali di ridefinire il ruolo dei Direttori di Agenzia elevandolo a quello di rango dirigenziale; assumono che tanto si desume dal dato testuale, dalla sua natura obbligatoria a norma dell’art. 40 c. 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, dal complesso delle circostanze dedotte in ordine alla riorganizzazione delle Agenzie in centri di costo autonomo sotto il profilo organizzativo-funzionale e contabile e alla progressiva assimilazione delle funzioni esercitate dai Direttori di Agenzia a quelle svolte dai direttori provinciali o subprovinciali ovvero dai Dirigenti di cui all’art. 42 del Regolamento, alla valorizzazione dei direttori di Agenzia espressa dall’Amministrazione in numerosi fonti; deducono che siffatte circostanze avevano ingenerato in essi ricorrenti legittime aspettative di progressione di carriera e di conseguenziale estensione del trattamento normativo ed economico riconosciuto ai Direttori di Sede o ai direttori provinciali o subprovinciali;

14. i primi due motivi di ricorso, da scrutinare congiuntamente in ragione delle disposizioni di legge che sono state assunte come violate, sono infondati;

15. va rilevato che l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del merito che ha escluso che le Agenzie fossero state elevate dalla P.A. in strutture di natura dirigenziale e che per la loro direzione era stato previsto l’affidamento ad una figura dirigenziale non è stato oggetto di alcuna censura;

16. tanto precisato, è dirimente richiamare il principio più volte affermato da questa Corte (ex multis Cass. 6671/2019, Cass. 28451/2018, Cass. 350/2018) secondo cui lo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali, nell’ambito dell’impiego pubblico privatizzato, non può che espletarsi in relazione ad una specifica posizione organizzativa, rispetto alla quale sia stato previsto l’esercizio di funzioni dirigenziali o l’attribuzione a dirigente;

17. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendere qui richiamate ex art. 118 dispattcod.proc.civ., atteso che i ricorrenti nel ricorso e nella memoria ex art. 380 bis cod.proc.civ. non apportano argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

18. il potere delle pubbliche amministrazioni di definire, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e di individuare gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità, attribuito dall’art. 2 c. 1 del d.lgs n. 165 del 2001, incontra il solo limite, in riferimento alle ricadute del suo esercizio sulle mansioni dei dipendenti, stabilito dall’art. 52, comma 1, che impone di adibire i lavoratori alle mansioni di assunzione o a quelle considerate equivalenti secondo la previsione dei contratti collettivi;

19. il suddetto limite non opera in relazione alle qualifiche di inquadramento antecedenti all’ adozione di nuovi modelli organizzativi in quanto colliderebbe con le esigenze di funzionalità e flessibilità, normativamente indicate quali criteri fondamentali per l’organizzazione delle p.a. dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, lettere a) e b) (Cass. 19025/2007);

20. il terzo motivo di gravame è infondato atteso che il tenore testuale della clausola collettiva invocata (art. 8 del CCNL del 26.6.2007), laddove prevede che per la posizione organizzativa di direttore di agenzia si procederà, in apposita sessione negoziale, ad una completa rivisitazione del ruolo, attesta la sua natura programmatica e non vincolante, ed è comunque riferita al “ruolo” della posizione organizzativa e non certo alla riclassificazione dirigenziale della medesima, che comunque non potrebbe che essere correlata a provvedimenti organizzativi deponenti in termini di istituzione di nuove strutture di livello dirigenziale, demandate, come detto, dall’art. 2 c. 1 del d. Igs n. 165 del 2001 al potere di macroorganizzazione dell’Ente cui la negoziazione collettiva resta per dettato della legge , estranea;

21. a ciò consegue la inconfigurabilità di posizioni di diritto soggettivo o di aspettative di progressioni di carriera economiche qualificate e tutelate dalla legge (Cass. 12556/2017);

22. conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;

23. le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

24. deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 20.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese forfetarie, oltre IVA e CPA

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.