CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2021, n. 30043
Tributi – Contenzioso tributario – Giudicato favorevole maturato dal coobbligato in solido – Efficacia riflessa nel giudizio promosso dall’altro coobbligato – Condizioni
Rilevato che
1.1 L’Agenzia delle Entrate ha proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 9417/50/14 del 3.11.14 con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Campania, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittime le cartelle esattoriali notificate a M. A. R. ed a P. C. M. C. in pagamento dell’imposta di registro dovuta sull’atto con il quale queste ultime avevano venduto alla A. sas di F. P. & c. un compendio immobiliare in Sorrento.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: tanto la società acquirente quanto le intimate R. e C. avevano impugnato, con distinti ricorsi, i prodromici avvisi di rettifica e liquidazione;
nei confronti della società acquirente era intervenuto il giudicato di cui in Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 204/32/2010 con il quale il valore del compendio immobiliare trasferito (già dichiarato dalle parti in euro 2.000.000,00 e poi rettificato dall’ufficio in euro 5.800.000,00) era stato definitivamente determinato in euro 4.000.000,00;
legittimamente le intimate, coobbligate in solido, avevano dichiarato ex art.1306, co. 2^ cod.civ. di giovarsi degli effetti favorevoli di quest’ultimo giudicato intervenuto nei confronti della società acquirente, a ciò non ostando, perché ad esso successivo, l’ulteriore giudicato sfavorevole invece formatosi nei loro diretti confronti per effetto della sentenza Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n.9/23/2011.
Resistono con controricorso le contribuenti R. e C., mentre la pure intimata Equitalia Sud spa ha depositato memoria 21.4.2016 con richiesta di accoglimento del ricorso dell’agenzia delle entrate.
Le contribuenti hanno altresì proposto (controricorso, pagg.17 segg.) un articolato motivo di ricorso incidentale condizionato.
Tutte le parti hanno depositato memoria; Equitalia ulteriormente deducendo di ritenere sanata ogni eventuale pregressa violazione del contraddittorio concernente la sua posizione processuale.
Va preliminarmente respinta l’eccezione di tardività del ricorso principale per cassazione, risultando che esso sia stato notificato il 16.4.15 a fronte di sentenza di appello (non notificata) pubblicata il 3.11.2014.
1.2 Con il primo motivo di ricorso principale l’agenzia delle entrate lamenta violazione dell’articolo 19, terzo comma, d.lgs. 546/92, per avere la commissione tributaria regionale ritenuto la illegittimità della cartella non già per un vizio proprio di questa, bensì sulla base di un’eccezione (asserita efficacia riflessa del giudicato formatosi nei confronti della società acquirente co-obbligata) in realtà relativa alla fondatezza della pretesa impositiva.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 1306 e 2909 del cod.civ., per avere la commissione tributaria regionale deciso la controversia su un criterio di priorità temporale tra i due giudicati, là dove – indipendentemente da tale priorità – l’efficacia riflessa del giudicato favorevole formatosi nei confronti della parte acquirente era qui impedita dal sopravvenire di un giudicato sfavorevole (Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n.9/23/2011 cit.) formatosi direttamente nei confronti della parte venditrice R.-C..
1.3 Con l’unico articolato motivo di ricorso incidentale condizionato, le contribuenti lamentano – ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. – nullità della sentenza per violazione dell’art.112 cod.proc.civ., stante l’omessa pronuncia da parte della Commissione Tributaria Regionale sui seguenti motivi di opposizione avanti ad essa proposti ovvero (quelli già ritenuti assorbiti dal primo giudice) riproposti: – violazione dell’articolo 52 d.lgs. 546/92 per mancata notificazione dell’atto di appello dell’agenzia delle entrate (terzo chiamato) ad Equitalia Sud, già parte in primo grado e nei cui confronti erano stati da esse proposti vari motivi specificamente concernenti vizi della riscossione; – inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi di gravame, solo parzialmente riproduttivi della complessa vicenda processuale tra le parti; – violazione dell’articolo 57 d.lgs. 546/92 e dell’articolo 345 cpc stante l’inammissibilità delle eccezioni per la prima volta opposte dalla Agenzia delle Entrate in appello, dal momento che la stessa (contrariamente a quanto dichiarato) non si era costituita nel giudizio di primo grado; – “inesistenza” giuridica della richiamata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n.9/23/2011 (da esse non impugnata proprio sul presupposto del giudicato favorevole maturato nei confronti dell’altra contraente e dell’avvenuto versamento del tributo da parte di questa) dal momento che essa, anche se suscitata avverso l’avviso di rettifica e liquidazione n. 398000/07 per l’imposta di registro dovuta sull’atto di trasferimento immobiliare in oggetto, si era in realtà pronunciata su altra vicenda (cartella esattoriale n. 70001), relativa alla sola R. e per il diverso importo di euro 140.151,73; nessuna decisione era dunque in realtà intervenuta sulla pretesa impositiva in questione, con conseguente inesistenza di qualsivoglia giudicato diretto sfavorevole asseritamente ostativo (altrimenti ragionando, non avrebbe l’amministrazione finanziaria potuto comunque pretendere più di quanto in quest’ultima sentenza stabilito).
1.4 In data 10 giugno 2019 le contribuenti rappresentavano di aver depositato domanda di definizione agevolata della controversia in questione ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legge 119/18, convertito con modificazioni nella legge 136/18. Con provvedimento prot.n. 56488/20 questa istanza veniva tuttavia respinta dalla Direzione Provinciale di Napoli dell’ Agenzia delle Entrate, in quanto la controversia non poteva ritenersi ex lege definibile perché avente ad oggetto una cartella di pagamento, dunque un atto di mera riscossione non avente natura impositiva.
Avverso il diniego le contribuenti proponevano ricorso incidentale in data 25 settembre 2020, esponendo che:
– indipendentemente dal nomen (cartelle) dell’atto impugnato, quest’ultimo aveva natura propriamente impositiva, dal momento che nel presente giudizio si controverteva proprio dell’assenza di un titolo che giustificasse il pagamento del tributo richiesto, sia per l’inesistenza giuridica della sentenza (Commissione Tributaria Provinciale n.9/23/2011 cit.) dedotta in cartella quale asserito giudicato, sia perché comunque già interamente eseguito, nelle more, dalla società acquirente;
– inoltre, nel 2012, l’agente per la riscossione aveva notificato ulteriori cartelle concernenti il medesimo avviso di accertamento qui dedotto, ma queste cartelle erano state definitivamente annullate per effetto della sentenza CTR della Campania n. 245/18/15, confermativa della sentenza della CTP di Napoli n. 650/13, la quale aveva affermato il venir meno della responsabilità solidale di esse contribuenti a seguito dell’ammissione del debitore principale alla rateizzazione dell’imposta iscritta a ruolo e del versamento in corso da parte di quest’ultimo.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso avverso quest’ultimo ricorso su diniego di condono, osservando che:
la presente controversia non era definibile, perché avente ad oggetto un atto di mera riscossione basato su un giudicato non più suscettibile di essere messo in discussione;
del tutto inconferenti erano le ulteriori sentenze menzionate dalle contribuenti (CTR n.245/18/15 confermativa, con diversa motivazione, di CTP n.650/13), in quanto relative a diverse cartelle medio tempore notificate dall’agente della riscossione ed annullate per vizi loro propri, del tutto ininfluenti in ordine al fondamento sostanziale della pretesa tributaria.
2. Il ricorso delle contribuenti avverso il diniego di condono è infondato.
In base all’art.6 d.l. 119/18 cit. sono definibili “le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio (…)”. Nel caso specie sussiste il solo requisito legale soggettivo della definibilità – trattandosi di controversia in cui è effettivamente parte (anche) l’agenzia delle entrate – facendone invece difetto il concorrente requisito oggettivo, appunto costituito dalla natura impositiva dell’atto impugnato.
Si verte infatti di un giudizio che ha ad oggetto non già un avviso di accertamento o rettifica (già a suo tempo emesso, notificato, impugnato e quindi confluito nelle sentenze definitive del giudice tributario di cui si è dato conto), bensì delle cartelle di pagamento emesse proprio su queste ultime sentenze, ed aventi pacifica natura meramente riscossiva e recuperatoria dell’imposta definitivamente accertata come dovuta.
E’ vero che nello stabilire la definibilità della controversia, come anche riconosciuto dalla stessa amministrazione finanziaria (Circ.6/2019), occorre avere riguardo alla natura sostanziale, non nominale, dell’atto dedotto in giudizio, il che può giustificare quell’orientamento interpretativo secondo il quale sarebbero definibili anche le controversie concernenti le cartelle notificate dall’amministrazione finanziaria all’esito di controllo automatizzato dei redditi ex articolo 36 bis d.P.R. 600/73 (v.Cass.nn.32132/18; 20058/20; nonché n. 1913/21 di rimessione della controversa questione alle Sezioni Unite di questa Corte). E tuttavia, ciò proprio sul presupposto logico e giuridico che, in tal caso, ci si troverebbe di fronte ad un atto formalmente denominato “cartella” ma in realtà costituente un atto di prima manifestazione della pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria e, dunque, di primo esercizio della potestà impositiva reso noto al contribuente.
In tal senso si sono recentemente pronunciate le SSUU di questa Corte, con sentenza n.18298/21.
Si tratta, all’evidenza, di situazione ben diversa dalla presente, nella quale la pretesa impositiva si assume costituita da un accertamento tributario ormai intangibile perché portato da una sentenza passata in giudicato; e, proprio in quanto tale, suscettibile di sola riscossione con le cartelle opposte (quindi ben lungi da concretare prima manifestazione della potestà impositiva).
3.1 II primo motivo del ricorso principale dell’agenzia delle entrate è infondato, dal momento che la commissione tributaria regionale ha individuato, nell’affermazione dei presupposti dell’efficacia riflessa del giudicato favorevole formatosi nei confronti della società acquirente, proprio un vizio intrinseco all’atto di riscossione, costituito dal venir meno del titolo giustificativo suo proprio. In tal modo, il giudice di merito ha mantenuto la decisione nei limiti di ammissibilità riconducibili alla impugnazione della cartella in quanto basata (vizio proprio) su quella sentenza di cui si contestava l’avvenuta preclusività, senza dare ingresso in questa sede ad una nuova discussione sulla fondatezza della rettifica di valore operata dall’agenzia delle entrate e poi rideterminata giudizialmente.
E’ invece fondato il secondo motivo del ricorso principale dell’agenzia delle entrate.
Nel raccordare gli effetti della coesistenza dei due giudicati, l’uno concernente la società acquirente e l’altro concernente le co-obbligate venditrici, la commissione tributaria regionale ha fatto applicazione di un principio di mera consequenzialità temporale tra i due.
Pur dopo aver esattamente osservato che, ex art.1306 2^ co. cc, l’efficacia riflessa del giudicato favorevole maturato dal coobbligato in solido trova limite nell’ipotesi in cui si sia già formato un giudicato contrario sul medesimo punto nei confronti dell’altro coobbligato, il giudice regionale ha poi nella specie ammesso tale efficacia riflessa, senza rilevare la effettiva sussistenza di questo giudicato diretto e contrario; e ciò sull’erroneo presupposto che, nella specie, il giudicato nei confronti delle contribuenti appellanti si era “formato successivamente a quello più favorevole intervenuto nei confronti del coobbligato acquirente A. srl”.
E’ principio consolidato che, in tema di solidarietà tributaria, la facoltà per il coobbligato, destinatario di un atto impositivo, di avvalersi del giudicato favorevole formatosi in un giudizio promosso da altro coobbligato secondo la regola generale stabilita dall’art. 1306, co. 2^ cod. civ., non è preclusa per il solo fatto di non essere rimasto inerte e di avere autonomamente impugnato l’avviso di accertamento, essendo invece di ostacolo al suo esercizio solo la definitiva conclusione del giudizio da lui instaurato con sentenza sfavorevole passata in giudicato (Cass.nn. 19580/14; 18154/19; 6411/21 ed innumerevoli altre).
Va d’altra parte osservato che affinché la parte possa dichiarare di giovarsi dell’efficacia riflessa del giudicato favorevole ottenuto dal coobbligato solidale è evidentemente connaturato ed imprescindibile che quest’ultimo giudicato sia già intervenuto; il che era quanto infatti accaduto anche nel caso in esame, come riconosciuto dalla stessa Commissione Tributaria Regionale.
Il punto, dunque, non poteva vertere sulla successione temporale dei giudicati, quanto sul tutt’affatto diverso P.no della effettiva ed accertata pertinenza ed ostatività del giudicato diretto di cui alla più volte citata sentenza Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 9/23/11.
3.2 E’ però fondato, sotto quest’ultimo aspetto, anche il profilo di censura contenuto nel motivo di ricorso incidentale condizionato delle contribuenti, ed avente specificamente ad oggetto la mancata pronuncia sull’asserita inconferenza ai fini di causa del giudicato di cui a quest’ultima sentenza.
Una volta escluso che potesse farsi ricorso, nella specie, al suddetto criterio di priorità temporale, doveva il giudice di merito avanti al quale le contribuenti avevano inteso giovarsi degli effetti favorevoli del giudicato intervenuto nei confronti della società acquirente co-obbligata in solido, verificare la effettiva insussistenza del giudicato ostativo, anche ed in primo luogo nella sua pertinenza alle cartelle opposte.
Ciò a fronte della eccezione delle contribuenti secondo cui il giudicato di cui l’agenzia delle entrate assumeva l’ostatività (perché diretto e contrario) tale in realtà non poteva considerarsi perché portato da una sentenza che, ancorché definitiva (e, a quanto consta, risultata indenne anche da un giudizio di revocazione, siccome riferito dalla ricorrente principale), non concerneva affatto (né sul P.no soggettivo delle parti in causa, né su quello oggettivo del quantum dovuto) la stessa pretesa portata in riscossione con le cartelle opposte.
La contestazione era anzi stata mossa nella sua massima ampiezza, costituita sia dalla giuridica inesistenza della sentenza asseritamente ostativa (secondo i parametri di cui alla pronuncia, dalla parte richiamata, in Cass.n. 30067/11) sia, quantomeno, dalla sua affermata estraneità soggettiva ed oggettiva alla pretesa dedotta in cartella.
In definitiva si trattava di una valutazione e di una interpretazione del giudicato che spettavano appunto al giudice di merito (Cass.n. 24749/14; 12752/18 ed innumerevoli altre), ed alle quali questi si è sottratto invocando, come detto, un principio di ordine cronologico del tutto illogico ed inconferente.
A seconda dell’esito di questa valutazione sulla scorta del su richiamato costante indirizzo di legittimità in materia di solidarietà tributaria, dovranno dal giudice di rinvio altresì essere esaminate le questioni – ritenute assorbite dal giudice regionale proprio in ragione dell’accoglimento sotto altro profilo (efficacia riflessa del giudicato favorevole) della tesi delle contribuenti – subordinatamente riproposte nel ricorso incidentale per cassazione qui in esame (§ 1.3).
Ne segue la cassazione della sentenza impugnata in accoglimento sia del secondo motivo di ricorso principale dell’agenzia delle entrate sia della censura su indicata, come contenuta nell’unico motivo di ricorso incidentale condizionato di parte contribuente. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
– respinge il ricorso avverso diniego di condono, dichiarando non definibile la lite pendente ex art.6 d.l. 119/18, conv.in I. 136/18;
– accoglie il secondo motivo del ricorso principale dell’agenzia delle entrate e, nei termini di cui in motivazione, il motivo di ricorso incidentale condizionato delle contribuenti;
– cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.