CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2021, n. 30141
Esposizione qualificata ultradecennale all’aminato – Riconoscimento dei benefici previdenziali – Domanda – Regime della decadenza
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 5891 del 2018, ha respinto il gravame proposto da C. F., nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli di rigetto, per intervenuta decadenza, ex art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, della domanda proposta al fine di ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, in relazione all’attività lavorativa svolta alle dipendenze del gruppo A. s.p.a.;
2. la Corte territoriale ha ritenuto l’attuale ricorrente decaduto dal diritto alla prestazione, in considerazione della domanda amministrativa all’INPS in data 23 maggio 2004 e della domanda giudiziaria proposta solo nel maggio 2013;
3. avverso tale sentenza ricorre per cassazione C. F., con tre motivi, illustrati da memoria ed accompagnati dalla richiesta di trattazione del ricorso dinanzi alle Sezioni Unite;
4. l’Inps è rimasto intimato;
Considerato che
5. con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, sulla base dell’interpretazione della norma fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, e da quella di merito, la quale dimostrerebbe che l’operatività della decadenza di cui alla norma citata sarebbe limitata ai soli ratei del trattamento pensionistico interessati dal decorso del tempo intercorso prima dell’esercizio dell’azione e non al diritto alla maggiorazione contributiva in sé considerato;
6. con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, derivante dalla violazione di cui al motivo precedente, posto che tale previsione assicurava il diritto al beneficio, in caso di esposizione qualificata ultradecennale, anche al ricorrente, lavoratore esposto alle polveri derivanti dalla presenza dell’amianto nell’ambiente di lavoro, in quanto addetto ai forni coibentati in amianto presso il Motel A. di Capodichino, con qualifica di cuoco capo-partita;
7. con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e censura la sentenza per il rilevato difetto di allegazione e prova dei requisiti costitutivi per il diritto alla rivalutazione;
8. con la memoria depositata in vista dell’adunanza, il ricorrente ha sollecitato nuovamente (avendo già proposto l’istanza al momento del deposito del ricorso) la rimessione del ricorso al Primo Presidente per la trattazione da parte delle Sezioni Unite in ragione di un contrasto ravvisato nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura del diritto al beneficio contributivo oggetto di causa;
9. l’istanza non è accoglibile, posto che questa Corte di cassazione ha ormai consolidato il proprio orientamento relativamente alle questioni inerenti al regime della decadenza applicabile al diritto ai benefici contributivi da esposizione all’amianto, come si dirà in seguito, e il ricorso non propone ragioni per indurre questa Corte di cassazione a modificare l’orientamento medesimo ribadito da ultimo in fattispecie del tutto sovrapponibili alla presente (Cassazione nn. 832, 11183, 11184 del 2019; n. 27760 del 2020);
10. il primo motivo è infondato essendosi consolidato il principio secondo cui la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo sostituito dal d.l. n. 384 del 1992, art. 4 (conv. con L. n. 438 del 1992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, potendo l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento alle controversie in materia di trattamenti pensionistici in esso contenuto, comprendere tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso nella previsione di legge anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale incide il sistema più favorevole calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, (cfr., fra le altre, Cass. nn. 15668 del 2018, 19729 e 17433 del 2017);
11. altrettanto consolidato è il principio secondo cui con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici, e dunque intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (così, in specie, Cass. n. 17433 del 2017, cit., ed ivi ulteriori riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte);
12. questa Corte di cassazione ha recentemente avuto modo di esaminare la questione della natura giuridica del beneficio di cui si discute quanto al regime transitorio ed all’applicabilità della prescrizione e della decadenza, come sollecitato dalla Sesta Sezione di questa Corte di cassazione (Cass. n. 17118 del 2018);
13. era stata ravvisata una contraddizione tra quanto la giurisprudenza di legittimità aveva sostenuto in ordine alla natura giuridica attribuita al beneficio della rivalutazione contributiva di cui al d.lgs. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, ai fini della interpretazione della disciplina transitoria relativa al regime introdotto dal dl. n. 269 del 2003, art. 47 conv. in L. n. 326 del 2003, ritenuta coincidente con il diritto alla pensione priva di autonomia, e quanto affermato nell’applicare alla pretesa relativa alla rivalutazione in oggetto gli istituti della decadenza e della prescrizione, posto che la stessa giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto che con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e, dunque, intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (così a partire da Cass. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012; n. 7934 del 2014; n. 17433 del 2017);
14. all’esito del sollecitato approfondimento si è affermato (Cass. n. 3282 del 2018) che il riferimento alla natura non autonoma, rispetto al diritto alla pensione, deve ritenersi riferito al beneficio contributivo previsto originariamente dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, mentre tale natura non può ritenersi comune alla nuova misura introdotta dal legislatore del 2003, ed inoltre non è affermazione logicamente necessaria al fine di sostenere il percorso argomentativo adottato da questa Corte di legittimità nell’interpretare la disciplina transitoria in oggetto;
15. ciò comporta, coerentemente agli arresti di questa Corte che vanno in questi sensi pienamente confermati, che la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del «diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8 e successive modificazioni» deve essere intesa nel senso del perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del beneficio di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8; onde, per questa parte, la locuzione utilizzata dalla L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132, costituisce soltanto la non ufficiale conferma di quanto già si era voluto significare con quella di maturazione del «diritto al trattamento pensionistico» contenuta nel d.l. n. 269 del 2003, art. 47, comma 6-bis;
16. corollario di quanto testé affermato è che i lavoratori che, in epoca antecedente all’ottobre 2003, fossero stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento di attività assoggettate all’assicurazione obbligatoria dell’INAIL, non erano titolari di un diritto soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i criteri di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, ma soltanto portatori di una legittima aspettativa a che tale diritto si concretizzasse al momento dell’eventuale (sempre che venissero a realizzarsi gli ulteriori requisiti) futura maturazione del diritto a pensione;
17. applicando i principi appena enunciati al caso di specie, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, deve confermarsi quanto statuito dalla sentenza impugnata che ha ritenuto la decadenza del diritto alla maggiorazione contributiva e non all’applicazione del beneficio limitata ai singoli ratei;
18. l’infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento del secondo e del terzo, giacché essi presuppongono logicamente la sua fondatezza;
19. il ricorso, conclusivamente, va rigettato;
20. nulla deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;
21. ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
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