CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2021, n. 11072
Cessazione del rapporto di lavoro – Domanda di riconoscimento dell’indennità di presenza, delle festività soppresse e ferie non godute – Pagamento di indennità stipendiali – Proposizione di distinte azioni giudiziarie
Rilevato che
La Corte d’appello di Bari confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato improponibile, stante l’indebito frazionamento del credito derivante da unico rapporto obbligatorio, la domanda con la quale D.L.G., dipendente del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria, aveva chiesto il riconoscimento dell’indennità di presenza, delle festività soppresse e ferie non godute per gli anni dal 2002 fino al 16/1/2005, oltre al pagamento di alcune indennità stipendiali (assegno di incollocabilità, dirigenza superiore, funzione, differenze RIA, assegno ex art. 44 RD 1290/1922, benefici ex I. 177/76, benefici integrazione emolumenti pensionistici e integrazione stipendiale);
rilevavano i giudici del merito che, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, il D.L. aveva promosso più controversie nei confronti del Ministero, le quali avevano in comune la domanda prodromica di accertamento della illegittimità del decreto di cessazione dal servizio, e che il ricorrente non aveva neppure dedotto l’esistenza di un interesse alla tutela processuale frazionata, come richiesto da SU n. 4090 del 16/02/2017;
avverso la sentenza propone ricorso per cassazione D.L.G. con unico motivo;
resiste il Ministero con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
con unico motivo il ricorrente deduce violazione di plurime norme e dell’art. 100 c.p.c. per omessa considerazione dell’interesse del ricorrente alla tutela processuale frazionata (360 n. 3 e 5 c.p.c.), osservando che, ad esclusione che per due domande (attribuzione di dirigenza superiore e assegno di funzione), espressamente rinunciate, le altre indennità richieste non erano mai state oggetto di ricorsi giudiziari, mentre tutti i giudizi promossi avevano petitum e causa petendi completamente diversi (ad esempio risarcimento dei danni da mobbing, annullamento di bandi, assegno di valorizzazione);
va rilevato che Cass. S.U. n. 4090 del 16/02/2017 ha affrontato specificamente la questione “se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che sono maturate nel corso del suddetto rapporto o che trovano titolo nella cessazione del medesimo e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca abuso sanzionabile con l’improponibilità della domanda”, pervenendo alla conclusione, seguita dalla giurisprudenza successiva (ex multis Cass. n. 17893 del 06/07/2018, Cass. n. 6591 del 07/03/2019), che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, a meno che le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, essendo in tale ultimo caso necessaria da parte di chi agisce la dimostrazione di un interesse alla trattazione separata;
le stesse Sezioni Unite hanno rilevato che “l’onere di agire contestualmente per crediti distinti, che potrebbero essere maturati in tempi diversi, avere diversa natura (ad esempio – come frequentemente accade in relazione ad un rapporto di lavoro retributiva e risarcitoria), essere basati su presupposti in fatto e in diritto diversi e soggetti a diversi regimi in tema di prescrizione o di onere probatorio, oggettivamente complica e ritarda di molto la possibilità di soddisfazione del creditore, traducendosi quasi sempre non in un alleggerimento bensì – in un allungamento dei tempi del processo, dovendo l’istruttoria svilupparsi contemporaneamente in relazione a numerosi fatti, ontologicamente diversi ed eventualmente tra loro distanti nel tempo“;
nel caso in disamina la Corte territoriale ha ritenuto la domanda improponibile perchè il creditore non aveva dedotto alcun interesse meritevole di tutela alla proposizione di distinte azioni giudiziarie, senza indagare preliminarmente se le distinte domande (costituite, per come indicato a pg. 4 della sentenza impugnata, oltre che dalle domande di cui alla controversia RG 2012/2016, respinte, dalla domanda per la corresponsione dell’equo indennizzo, dalla domanda per il riconoscimento del beneficio dell’assegno di valorizzazione pensionabile previsto per le forze di polizia, dalla domanda per il riconoscimento dei benefici riconosciuti alle vittime del dovere), fossero anche inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o fondate sullo stesso fatto costitutivo, così da necessitare della trattazione unitaria secondo l’indicato criterio segnalato dalle Sezioni Unite, ferma restando la possibilità di riunione;
in base alle svolte argomentazioni, in difformità rispetto alla proposta, il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte di Bari, in diversa composizione, affinchè rivaluti la questione sottoposta al suo esame facendo corretta e integrale applicazione del principio enunciato da Cass. 4090 del 16/02/2017;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.