CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2021, n. 11104
Recupero del credito contributivo – Cartella di pagamento – Notificazione – Opposizione – Scadenza del termine
Rilevato che
1. con sentenza in data 28 febbraio 2014, la Corte di Appello di Roma ha riformato la sentenza impugnata e ha ritenuto estinto il credito portato dall’intimazione di pagamento (del 3 gennaio 2008) intervenuta oltre il termine di prescrizione quinquennale dalla notificazione della cartella di pagamento (in data 9 aprile 2001), non opposta ai sensi dell’art. 24, comma 5, del decreto legislativo n. 46 del 1999;
2. per la Corte di merito l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposto ai sensi dell’art. 24 , co.5, legge n.46 del 1999 cit. era soggetta al termine di prescrizione quinquennale proprio dei crediti contributivi e risultava tardiva l’allegazione di Equitalia in ordine alla richiesta di sgravio parziale da parte del contribuente, da valere come atto interruttivo, e comunque ininfluente perché riferita a dicembre 2006 e dunque successiva al decorso del termine prescrizionale;
3. avverso tale sentenza l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha proposto ricorso affidato a un motivo, al quale D.A. ha opposto difese, con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, avverso il quale l’INPS non ha svolto difese;
Considerato che
4. con il ricorso principale, deducendo violazione di legge (art. 1, commi 9, 10 legge n.335 del 1995, art. 2953 cod.civ.), si assume l’erronea applicazione del termine di prescrizione quinquennale in luogo di quello decennale;
5. il ricorso è infondato alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 23397 del 2016, cui si intende dare continuità;
6. la sentenza citata ha affermato che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio, tra le stesse parti per lo stesso rapporto, e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato, tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi della originaria domanda (vedi, per tutte: Cass., 12 maggio 2003, n. 7272; Cass., 24 marzo 2006, n. 6628);
7. tale principio comporta che se nell’arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l’intervenuta prescrizione anche l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 cod.proc.civ. (in combinato disposto con l’art. 618-bis cod.proc.civ., in materia di previdenza), che tende a contestare fati dell’esecuzione e, come è noto, tra i vizi che giustificano il ricorso all’art. 615 cod.proc.civ. vi è proprio l’intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo;
8. in particolare, l’eventuale decorrenza del termine per l’esperimento dell’azione di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46 del 1999, come precisato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, non rende incontrovertibile, come accade per i provvedimenti giurisdizionali non impugnati, la cartella esattoriale, ma preclude solamente la possibilità di contestare vizi di merito o di forma relativi al titolo e cioè alla cartella esattoriale, lasciando all’interessato la possibilità, ove vi siano i presupposti di esperire l’azione di opposizione all’esecuzione per far valere la prescrizione, che costituisce un vizio successivo alla formazione del titolo;
9. sempre le Sezioni Unite citate hanno affermato che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod.civ. (disposizione applicabile soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato);
10. lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (d.l. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010) (v., fra le più recenti, Cass. n. 2528 del 2020);
11. rimane assorbita l’impugnazione incidentale condizionata;
12. segue, coerente, la condanna alle spese del giudizio di legittimità;
13. ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, comma 1 -bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
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