CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 dicembre 2019, n. 34552
Trattamento economico del personale degli uffici tecnici incaricati della progettazione di opere pubbliche – Compenso incentivante ex art. 18 L. 109/1994 – Necessarie la previsione della contrattazione collettiva decentrata e l’adozione dell’atto regolamentare dell’amministrazione aggiudicatrice – Ambito dei lavoratori destinatari dell’incentivo non estensibile – Disposizione normativa non suscettibile di interpretazione analogica
Ritenuto
1. Che la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 544 del 2014, ha accolto l’appello proposto dall’Autorità Portuale di Gioia Tauro nei confronti di M. T. avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Palmi e rigettato l’originaria domanda della lavoratrice.
2. La M. aveva adito il Tribunale proponendo opposizione, ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale le era stata chiesta la restituzione dell’incentivo corrispostole ai sensi dell’art. 18 della legge n. 109 del 1994.
3. La Corte d’Appello, dopo aver richiamato il contenuto normativo del suddetto art. 18, ha affermato che la M. responsabile del settore Affari generali e personale, quadro A, del CCNL lavoratori dei porti, era stata destinataria di tale compenso non perché facente parte di una delle categorie indicate dal citato art. 18, direttamente interessate o coinvolte nella progettazione, ma perché, come era pacifica tra le parti, definita “collaboratore del responsabile della programmazione”, essendo individuato come responsabile della programmazione il Presidente dell’Autorità portuale, ossia l’Organo di vertice dell’Autorità stessa.
L’attività di programmazione, come si evinceva dalla determinazione n. 57/2007 della Corte dei Conti, era un’attività di carattere politico amministrativo eterogenea rispetto a quella tecnico-professionale prefigurata dalla previsione legislativa.
Il giudice di appello disattendeva anche la censura relativa all’uso dell’ordinanza ingiunzione per il recupero delle somme in questione.
4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la M. prospettando tre motivi di impugnazione.
5. Resiste l’Autorità portuale di Gioia Tauro con controricorso.
6. La ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
Considerato
1. Che con il primo motivo di ricorso è dedotto error in iudicando.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 109 del 1994 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Sulla fondatezza della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che le previsioni dell’art. 18 della legge n. 109 del 1994 non trovino applicazione con riferimento all’attività di programmazione dei lavori pubblici.
Assume la ricorrente che come affermato dalla giurisprudenza amministrativa non va escluso dall’incentivo il personale che si occupa della programmazione dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 109 del 1994, atteso che si tratta di un beneficio voto ad incentivare tutto il personale cui l’amministrazione di appartenenza abbia attribuito compiti o funzioni finalizzati o comunque serventi alle attività di progettazione, e più in generale di realizzazione dell’opera pubblica.
Essa ricorrente come affermato dalla sentenza di primo grado aveva percepito il compenso in ragione dello svolgimento di attività tecnicoprofessionali quale collaboratore del responsabile della programmazione, e che quindi la sua attività aveva contribuito alla progettazione delle opere e dei lavori previsti dall’Autorità portuale. Né tale compenso poteva venire meno in ragione del venir meno dell’attribuzione dell’incentivo ai responsabili della programmazione, in ragione dell’annullamento della relativa disposizione del regolamento dell’Autorità portuale.
1.1. Il motivo non è fondato.
L’art. 18 della legge n. 109 del 1994, applicabile ratione temporis, sancisce che una somma (…) è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori.
Come questa Corte ha già affermato (Cass., n. 13937 del 2017) in tema di trattamento economico del personale degli uffici tecnici incaricati della progettazione di opere pubbliche, il compenso incentivante di cui all’art. 18 della legge n. 109 del 1994, sia nella formulazione originaria che in quella derivata dalle successive modifiche, può essere attribuito se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e sia stato adottato l’atto regolamentare dell’amministrazione aggiudicatrice, volto alla precisazione dei criteri di dettaglio per la ripartizione delle risorse finanziarie confruite nell’apposito “fondo interno”, e solo ove l’attività di progettazione sia arrivata in una fase avanzata, per essere intervenuta l’approvazione di un progetto esecutivo dell’opera da realizzare La norma specifica i destinatari dell’incentivo e tal ambito non può essere esteso, come richiede la ricorrente.
Facendo applicazione dei principi già enunciati da questa Corte con l’ordinanza n. 21424 del 2019, con riguardo all’art. 92 (la cui rubrica reca «corrispettivi, incentivi per la progettazione e Fondi a disposizione delle stazioni appaltanti») del d.lgs. n. 163 del 2006, va affermato che l’art. 18 della legge n. 109 del 1994, nel riconoscere ai dipendenti pubblici un compenso ulteriore e speciale, deroga alla disciplina generale dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001 che, quanto ai dirigenti, sancisce, all’art. 24, il principio dell’onnicomprensività della retribuzione e, per il restante personale, prevede, all’art. 45, che il trattamento economico, fondamentale ed accessorio, è quello previsto dalla contrattazione collettiva (con i limiti indicati dallo stesso decreto per la contrattazione decentrata).
La suddetta disposizione, pertanto, non è suscettibile di interpretazione analogica, ed inoltre della stessa non può essere fornita un’esegesi che, in contrasto con la ratio legis, finisca per estendere il beneficio anche ad attività che il legislatore non ha inteso espressamente includere fra quelle meritevoli di incentivazione.
La Corte d’Appello, con accertamento di fatto non adeguatamente censurato, ha rilevato che la ricorrente non rientrava nelle categorie destinatarie dell’incentivo.
Ed infatti, la ricorrente non contesta di essere stata collaboratore del responsabile della programmazione, né contesta in modo circostanziato l’accertato mancato esperimento di attività direttamente interessata o coinvolta nella progettazione, limitandosi a richiamare in merito la sentenza di primo grado, riformata dalla Corte d’appello.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto error in procedendo ed error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del RD n. 639 del 1910, e dell’art. 13 della legge n. 84 del 1994 (art. 360, n. 5 e n. 3, cod. proc.civ.). Sulla infondatezza della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto utilizzabile ai fini del recupero delle somme contestate la procedura prevista dal R.D. n. 639 del 1910.
La ricorrente, affermando di aver tempestivamente introdotto la questione, censura la statuzione della Corte d’Appello che ha ritenuto correttamente utilizzata la procedura dell’ordinanza ingiunzione per il recupero del credito in questione, atteso che la stessa può trovare applicazione solo per la riscossione coattiva di proventi diversi rispetto a quelli vantati dal lavoratore, come si evince, tra l’altro, dall’art. 13 della legge n. 84 del 1994.
2.1. Il motivo non è fondato trovando applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui l’azione di ripetizione d’indebito oggettivo, ove esperita dall’Amministrazione, può essere esercitata con il procedimento d’ingiunzione di cui all’art. 2 del r.d. 14 aprile 1910 n. 639, applicabile non solo alle entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio (Cass., n. 13139 del 2006).
Pertanto, l’elencazione di cui all’art. 13 della legge n 84 del 1994, richiamata dalla ricorrente, relativa alle entrate delle Autorità portuali, non condizione l’esperimento della procedura di ordinanza ingiunzione rispetto alla ripetizione di indebito costituito dall’incentivo ex art. 18 della legge n. 109 del 1994, erroneamente corrisposto al lavoratore.
3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettato error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del R.D. n. 639 del 1910 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Sulla infondatezza della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto infondato l’eccepito difetto di motivazione dell’atto d’ingiunzione adottato dall’Autorità Portuale.
Assume la lavoratrice che l’atto di ingiunzione non conteneva alcuna spiegazione sulle ragioni giuridiche sottese alla decisione adottata, in violazione del principio di motivazione.
3.1. Il motivo non è fondato.
La Corte d’Appello correttamente ha disatteso la censure atteso che, in sede di opposizione, l’opposto costituitosi può indicare le ragioni dell’atto opposto.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’Amministrazione, convenuta in giudizio di opposizione ad ingiunzione ex art. 3 del r.d. n. 639 del 1910 per l’accertamento di un credito riconducibile ai rapporti obbligatori di diritto privato, assume la posizione sostanziale di attrice, sicché, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l’opponente deve dimostrare la loro inefficacia ovvero l’esistenza di cause modificative o estintive degli stessi (Cass., n. 9989 del 2016).
Peraltro, questa Corte a Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 2874 del 1998) ha già avuto modo di affermare che l’ingiunzione di cui all’art. 2 del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 è sufficientemente motivata se contiene gli elementi necessari per porre l’ingiunto in grado di conoscere la somma richiesta e la relativa causale, e per consentirgli cosi di opporre adeguate contestazioni.
In proposito, si rileva che la stessa ricorrente a pag. 3 del ricorso (punto 3 del Fatto del ricorso) espone che l’ordinanza ingiunzione notificatele disponeva il recupero delle somme percepite “a titolo di incentivo ex art. 18 della legge n. 109 del 1994 per attività svolta quale collaboratore dei responsabili della programmazione”, così indicando il proprio oggetto.
4. Il ricorso va rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 6.000,00, per compensi professionali, euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quelle previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
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