CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 febbraio 2019, n. 5758
INPS – Pretese contributive previdenziali – Cartella esattoriale – Vizi di forma – Opposizione
Rilevato che
1. con sentenza in data 6 maggio 2103, la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava il gravame svolto dalla S. s.r.l. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione a cartella esattoriale per pagamento di contributi omessi per il lavoratore G. P. da considerarsi lavoratore subordinato assunto in nero;
2. per la Corte di merito i motivi formali fatti valere dall’appellante non potevano essere delibati, perché non sollevati tempestivamente con opposizione agli atti esecutivi, potendosi, nella specie, rimettere in discussione solo il merito della pretesa contributiva, infondata alla stregua del compendio delle risultanze processuali acquisite dagli ispettori verbalizzanti;
3. avverso tale sentenza la S. s.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con controricorso;
4. la S. s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato che
5. con i motivi di ricorso la parte ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ., e di ogni altra norma e principio in tema di violazione tra chiesto e pronunciato, per non avere scrutinato i motivi formali fatti valere con il gravame (primo motivo);
violazione ed erronea applicazione degli artt. 115, 116 cod.proc.civ. e degli artt. 2727, 2729, 2697 cod.civ. e di ogni altra norma e principio in tema di regole o criteri di valutazione delle prove atipiche e di quelle tipiche, indiziarie o presuntive e di correlazione tre le une e le altre e di prevalenza delle une sulle altre, ex art. 360, nn. 3 e 4 cod.proc.civ., per essere risultati gli elementi indiziari costituiti dalle dichiarazioni di terzi agli ispettori verbalizzanti non suffragati da altre risultanze istruttorie e per non avere accordato prevalenza alla prova tipica testimoniale rispetto a quella atipica, indiziaria (secondo motivo);
6. ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
7. il primo motivo è infondato per avere la Corte di merito, conformemente alla consolidata giurisprudenza di legittimità (v., fra le tante, Cass. 6 aprile 2016 n. 6704), correttamente interpretato il vigente sistema di tutela giurisdizionale in tema di pretese contributive previdenziali applicando il principio per cui se il debitore intende far valere vizi di forma della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito, ivi compresa la carenza di motivazione dell’atto, deve farlo proponendo opposizione agli atti esecutivi secondo la disciplina del codice di rito e, in particolare, secondo gli art. 618-bis e 617 cod. proc. civ., come previsto dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999, il quale per la regolamentazione di tale fattispecie rinvia alle “forme ordinarie”, e non dall’art. 24 dello stesso D.Lgs., che si riferisce, invece, all’opposizione all’iscrizione a ruolo e in genere sul merito della pretesa di riscossione (orientamento costante, vedi, per tutte: Cass. 18 novembre 2004; Cass. 8 luglio 2008, n. 18691; Cass. 17 luglio 2015, n. 15116 e, da ultimo Cass. 19 gennaio 2016, n. 835);
8. peraltro è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione all’iscrizione a ruolo o riguardante il merito della pretesa oggetto di riscossione (Cass. 19 gennaio 2016, n. 835), ai sensi dell’art 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 o all’esecuzione, ai sensi dell’art 615 cod. proc. civ., sia un’opposizione agli atti esecutivi inerente irregolarità formali del procedimento e/o della cartella e regolata dagli art. 617 e 618-bis cod. proc. civ., purché ne risultino rispettati i termini perentori;
9. quanto all’ordine di trattazione delle questioni, se risulta che l’atto sia stato depositato entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all’art 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999 per le opposizioni di merito, ma oltre quello previsto dall’art. 617 cod. proc. civ., va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione, che non possono essere quindi esaminate (vedi, per tutte: Cass. 17 luglio 2015, n. 15116; Cass. 12 marzo 2012, n. 3861; Cass. 30 novembre 2009, n. 25208; Cass. 24 ottobre 2008, n. 25757);
10. anche il secondo motivo è infondato;
11. premesso che la Corte di merito ha valorizzato le dichiarazioni rese agli ispettori verbalizzanti, nell’immediatezza dei fatti, da clienti della società presenti nella sede lavorativa e sentiti in ordine alla presenza del lavoratore in più occasioni, e motivato sull’inattendibilità delle risultanze testimoniali acquisite in considerazione del vincolo di parentela o di lavoro intercorso tra i testi e il legale rappresentante della società, va rilevato che un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. può porsi solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto, a base della decisione, prove non dedotte dalle parti ovvero disposte, d’ufficio, al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; infine perché abbia invertito gli oneri probatori;
12. nessuna delle predette situazioni è rappresentata nel mezzo d’impugnazione e le doglianze sono mal poste in quanto, pur sotto un’intitolazione evocativa del paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, parte ricorrente non ha formulato altro che pure questioni di merito, il cui esame è per definizione escluso in questa sede di legittimità;
13. le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
14. ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R. n.115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
15. La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.p.r.n.115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13, comma 1-bis.
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