CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5349
Tributi – Agevolazioni fiscali acquisto prima casa – Acquisto per effetto di sentenza costitutiva – Dichiarazione di sussistenza dei requisiti – Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa con la richiesta di registazione della sentenza – Legittimità
Fatti di causa
1. – V.F., sulla base di due motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 380/40/13, depositata il 5 giugno 2013, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e, in integrale riforma della decisione di prime cure, ha statuito l’inapplicabilità, nella fattispecie, delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa in quanto il contribuente non aveva «reso la dichiarazione di sussistenza dei requisiti agevolativi con atto autenticato davanti ad Autorità diversa da quella che aveva redatto il provvedimento giudiziario».
L’Agenzia delle Entrate si è (tardivamente) costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Ragioni della decisione
1. – Con un primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 445 del 2000, artt. 46 e 47, al d.l. n. 12 del 1985, art. 2, conv. in I. n. 118 del 1985, e alla I. n. 168 del 1982, art. 1, c. 6, deducendo, in sintesi, che, – una volta conseguito il trasferimento dell’immobile con sentenza (ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.), – la dichiarazione prescritta dal d.p.r. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, della tariffa prima, era stata resa nella forma (e con diretta presentazione all’Agenzia delle Entrate) della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà laddove erroneamente il decisum del giudice del gravame si era fondato su di una prescrizione (indicata in una risoluzione della medesima Agenzia) che, in contrasto con gli stessi dieta giurisprudenziali, imponeva la forma (non necessaria, dunque) della dichiarazione integrativa «con atto autenticato».
Il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., reca denuncia di violazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 445 del 2000, artt. 46 e 47, agli artt. 1 e 11, disp. prel. cod. civ., al d.l. n. 12 del 1985, art. 2, conv. in I. n. 118 del 1985, e alla I. n. 168 del 1982, art. 1, c. 6, sul rilievo che agli atti di prassi dell’Agenzia delle Entrate (nella fattispecie, la risoluzione n. 370/E del 3 ottobre 2008) non può riconoscersi alcuna efficacia normativa (e meno che meno retroattiva).
2. – I due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto fondati su distinti profili di una medesima quaestio iuris, – sono fondati e vanno accolti.
3. – Occorre premettere che, in effetti, la (pur stringata) formulazione delle ragioni poste a fondamento della gravata pronuncia evoca il contenuto di prescrizioni di prassi formulate dall’Agenzia delle Entrate (e dallo stesso Ministero) con riferimento a quelle fattispecie che, pur connotate dal difetto di un atto pubblico di compravendita (al cui interno collocare le dichiarazioni prescritte dal d.p.r. n. 131 del 1986, tariffa prima, art. 1, nota II bis), e ciò non di meno, siano ad ogni modo riconducibili al novero delle agevolazioni in discorso (v. le risoluzioni n. 90/E, del 17 ottobre 2014, e n. 370/E, del 3 ottobre 2008; v., altresì, le circolari n. 38/E, del 12 agosto 2005, e n. 267, del 16 ottobre 1997); provvedimenti, questi, ove si allude alla necessità di un atto integrativo (della pronuncia giudiziale ad effetti traslativi) da rendere nella forma della «dichiarazione autenticata nelle firme, da autorità anche diversa da quella che aveva redatto il provvedimento giudiziario, da allegare al provvedimento stesso nelle more della sua registrazione».
3.1 – Con riferimento alla dichiarazione prescritta dalla nota II bis, cit., – che involge la volontà del contribuente di fruire dell’agevolazione dichiarando di volersi stabilire nel Comune dove si trova l’immobile, di non esser titolare esclusivo o in comunione col coniuge di altri diritti reali su immobili siti nello stesso comune e di non avere già fruito dei medesimi benefici, – la Corte ha (già) precisato che viene, così, in rilievo un’eccezione al principio generale, desumibile dallo stesso d.p.r. n. 131 del 1986, art. 77, secondo il quale un’agevolazione non richiesta al momento dell’imposizione non è perduta, essendo possibile, sia pur con gli ovvi limiti temporali, rimediare all’erronea imposizione (cfr. Cass., 12 gennaio 2017, n. 635; Cass., 11 giugno 2010, n. 14117; Cass., 12 febbraio 2009, n. 3449); così che la dichiarazione in discorso è prescritta quale elemento costitutivo della fattispecie (agevolativa) e assume la natura giudica di una dichiarazione di volontà «in quanto orientata all’esercizio di un diritto soggettivo» (Cass., 29 marzo 2017, n. 8103).
Si è, altresì rimarcato che «non è prevista alcuna formalità alternativa alla richiesta formulata dal compratore nell’atto di acquisto» (così Cass., 12 febbraio 2009, n. 3449; v., altresì, Cass., 4 ottobre 2006, n. 21379) e che, – in relazione alla fattispecie (connotata dal difetto di un atto pubblico di compravendita) dell’acquisto della proprietà dell’immobile per effetto di sentenza costitutiva emessa dal giudice ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., – la dichiarazione in discorso può essere resa «nel primo momento in cui la parte destinataria degli effetti traslativi del provvedimento può far valere il proprio diritto all’applicazione del beneficio, ovverosia nel momento in cui essa richiede la registrazione dell’atto all’Amministrazione finanziaria» (così Cass., 4 ottobre 2006, n. 21379, cit., cui adde Cass., 3 febbraio 2014, n. 2261; Cass., 18 febbraio 2009, n. 3863).
3.2 – Così ricostruito il contesto regolativo al quale ascrivere la fattispecie in contestazione tra le parti, rileva, innanzitutto, la Corte che l’atto integrativo cui alludono i (sopra ricordati) atti di prassi dell’Agenzia delle Entrate può definirsi per tale solo impropriamente in quanto (con riferimento alla sentenza costitutiva emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.) piuttosto emerge l’esigenza di conformare una fattispecie (non espressamente regolata da una disposizione normativa) al requisito normativo (espressamente previsto e) costituito dalla dichiarazione (di volontà) del contribuente di usufruire dell’agevolazione.
Sotto tale profilo prospettico, allora, esclusivamente rileva che, – al più tardi al momento della registrazione della sentenza, – la dichiarazione in questione sia stata resa con modalità tali da garantirne la certezza (quanto al suo contenuto prescritto dalla disposizione di legge; la nota II bis, cit.) e la riferibilità soggettiva (quanto al suo autore); e non è dubbio, allora, che una dichiarazione resa (anche) nelle forme di cui al d.p.r. n. 445 del 2000, art. 47, sia idonea allo scopo ove si consideri, oltretutto, la stessa disciplina degli effetti penali della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che, secondo la giurisprudenza penale della Corte, si considera come fatta a pubblico ufficiale (d.p.r. n. 445 del 2000, art. 76, in relazione all’art. 483 cod. pen.; v., ex plurimis, Cass. pen., 15 marzo 2018, n. 30099; Cass. pen., 26 ottobre 2017, n. 7857; Cass. pen., 7 febbraio 2017, n. 25927).
3.3 – Va, pertanto, posto il seguente principio di diritto: «In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa di abitazione, le dichiarazioni prescritte dal d.p.r. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, della tariffa prima, possono essere rese, laddove difetti un atto pubblico di compravendita, – come nel caso di acquisto per effetto di sentenza costitutiva (art. 2932 cod. civ.), – nel momento della richiesta di registrazione della sentenza e nelle forme di cui al d.p.r. n. 445 del 2000, art. 47, risultando la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà idonea a garantirne la certezza, quanto al relativo contenuto, e la riferibilità soggettiva, quanto al loro autore».
4. – La gravata sentenza, che non si è attenuta ai sopra richiamati principi, – pianamente fondando il proprio decisum su di una prescrizione formale (risolta, peraltro, nella necessità di un non meglio dettagliato «atto autenticato») che, per come precisato, non può escludere forme alternative (e anch’esse idonee allo scopo), quale quella prescritta dal d.p.r. n. 445 del 2000, art. 47, – va, pertanto, cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese del giudizio vanno, in conclusione, integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alla novità della questione controversa, e qual specificamente rilevante ai fini della definizione della lite contestata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto da V.F.; compensa integralmente, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
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