CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5428
Tributi – Reddito d’impresa – Determinazione – Spese di sponsorizzazione ex art. 90, co. 8, della Legge n. 289 del 2002 – Inerenza all’attività – Deducibilità
Rilevato che
– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito ai fini IVA, IRPEF ed IRAP, emesso a seguito del disconoscimento, perché non inerenti ed antieconomici, dei costi di sponsorizzazione che il contribuente, esercente l’attività di vendita al dettaglio di carburanti per autotrazione con stazione di servizio, aveva sostenuto nell’anno d’imposta 2007, con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Basilicata rigettava l’appello dell’amministrazione finanziaria avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo inerenti tali spese;
– avverso la predetta statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, cui non replica l’intimato;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
Considerato che
1. Il motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce un error in procedendo, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per nullità assoluta della motivazione, sub specie di motivazione apparente, è infondato e va rigettato.
2. E’ noto che la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).
2.1. Nel caso di specie la CTR ha respinto l’appello agenziale sostenendo, con ampie argomentazioni e citazioni giurisprudenziali, che le spese di sponsorizzazione sostenute dal contribuente fossero inerenti all’attività di impresa dal medesimo esercitata. Pertanto, a prescindere dalla correttezza o meno della decisione assunta (di cui si dirà esaminando il secondo mezzo di cassazione), la CTR ha espresso una ben identificabile ratio deciderteli; non si rileva, pertanto, l’imperscrutabilità della ratio che rende nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016, Rv. 641526).
3. Con il secondo motivo la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 TUIR e 2697 cod. civ.
4. Il motivo è infondato atteso che la fattispecie rientra nell’ambito di applicazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, che prevede che «Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».
5. La citata disposizione ha, quindi, introdotto, a favore del solo “soggetto erogante” il corrispettivo (nella specie il B.) e non, invece, a favore dell’associazione sportiva che riceve l’erogazione di denaro (cfr. Cass. 17196 del 2019, in motivazione), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria di tali spese. E questa Corte ha più volte ribadito, al riguardo, che «in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della I. n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (Cass. n. 14232 del 2017), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass. n. 8981 del 2017; v., altresì, Cass. n. 7202 del 2017 e nn. 1420 e 13508 del 2018);
6. Orbene, pur in presenza di tutte le sopra indicate condizioni, per come desumibile dallo stesso contenuto della sentenza impugnata, da cui si evince che i giudici di appello hanno ritenuto illegittima la ripresa fiscale stante l’inerenza di quei costi all’attività esercitata dalla società contribuente e la congruità degli stessi con i ricavi conseguiti, ferma restando l’effettività della spesa (peraltro neppure contestata dall’amministrazione finanziaria), la CTR, pur non facendo menzione della citata disposizione, ne ha fatto sostanziale applicazione, attenendosi al suddetto principio ancorché sulla base di valutazioni circa l’inerenza e la congruità di quei costi, del tutto irrilevanti.
7. Ne consegue il rigetto del ricorso senza necessità di provvedere sulle spese processuali in mancanza di costituzione dell’intimato. V,
8. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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