CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 gennaio 2020, n. 1828
Gestione separata – Iscrizione – Accertamento – Attività libero-professionale – Iscrizione all’Albo Forense – Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense – Prescrizione dei contributi dovuti
Rilevato in fatto
che la Corte d’appello di Palermo ha riformato, la pronuncia di primo grado resa dal tribunale che aveva respinto per carenza di interesse ad agire la domanda dell’avvocato A.S. che aveva chiesto dichiararsi illegittima la propria iscrizione nella Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, con conseguente accertamento negativo del debito contributivo, il cui pagamento era preteso dall’INPS in relazione all’attività libero-professionale svolta senza che lo stesso professionista, pur iscritto all’Albo Forense, fosse iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che la Corte d’appello ha dichiarato, anzitutto, che la presunta pretesa dell’INPS fosse prescritta e nel merito che non sussistesse l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata del professionista iscritto all’Albo che versava alla Cassa forense il contributo integrativo;
che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di censura;
che A.S. ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato in diritto
che, con il primo motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 26-31,1. n. 335/1995, e dell’art. 18, comma 1 e 2, d.l. n. 98/2011 (conv. con L. n. 111/2011), dell’art.53 d.P.R. 917/1986 modificato dal d.lgs. 344/2003, degli art.10,11 e 22, L. 576/1980, dell’art.21, comma 10 L. 247/2012 per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non possa iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che con il secondo motivo l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.; dell’art.2., commi 26-31 L. 335/1995 ( in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte d’appello dichiarato, che la presunta pretesa dell’INPS fosse prescritta avendo l’appellato ricevuto la nota dell’11 giugno 2015 in data 30.6.2015 ben oltre il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art.3, comma 9 L. n. 335/1995 per i contributi in materia previdenziale:
che il secondo motivo di ricorso relativo alla prescrizione del credito assume valore assorbente nella decisione della causa;
che la Corte d’appello ha affermato che il dies a quo della prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata andasse individuato nella scadenza del 16 giugno 2010 – stabilito per il pagamento dei contributi e dell’imposta sul reddito delle persone fisiche — in base all’art.17 del DPR 7 dicembre 2001 n. 435, modificato dal d.l. 223/2006 conv. in L. 248/2006, e confermato dalla circolare Inps 73/2010;
che l’INPS assume invece che, con riferimento al momento di decorrenza della prescrizione della contribuzione a percentuale sul reddito dovuta alla Gestione separata, tale termine non può che decorrere dal giorno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del lavoratore (avvenuta nella fattispecie il 15.9.2010), relativa all’anno cui si riferiscono i contributi (nel caso di specie 2009), da cui l’ente previdenziale può inferire l’esistenza di un reddito da lavoro autonomo per il quale è dovuta la contribuzione (termine che cade dopo i due termini previsti per il pagamento); talchè nel caso di specie la prescrizione non poteva dirsi decorsa alla data del 30.6.2010 in cui è stata comunicata la pretesa al controricorrente;
che la tesi dell’INPS è infondata; ed invero, come affermato dalla stessa Corte d’appello palermitana, la giurisprudenza di legittimità, in generale, ha sempre posto in rilievo che l’impossibilità di far valere un diritto, alla quale l’art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 cod. civ. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr. sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015);
in secondo luogo questa Corte ha già affermato, con riferimento alla materia dei contributi cd. “a percentuale”, che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della L. n. 233/1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento (sentenza n. 13463 del 29/05/2017). Pertanto il diritto in questione era già sorto al momento del fatto generatore dello stesso ovvero alla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all’INPS ed è quindi infondata la tesi fatta valere dall’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo dal giorno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del lavoratore. Tanto di recente è stato ribadito da questa Corte ( sentenza n. 27950 del 31/10/2018) proprio con riferimento alla prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata essendosi precisato che essa decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo.
che, pertanto essendosi la Corte di merito conformata all’anzidetto principio di diritto, avente valore assorbente, la sentenza impugnata si sottrae alle censure esposte con il ricorso che va quindi rigettato; le spese seguono la soccombenza come in dispositivo che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive € 1000, di cui € 800 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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