CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 gennaio 2022, n. 2487
Lavoro – Natura simulata del rapporto contrattuale – Onere probatorio – Verbale ispettivo – Attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale
Rilevato che
1. con sentenza 5 marzo 2020, la Corte d’appello di Firenze rigettava le domande di F.C. s.r.l. nei confronti dell’Inps, che aveva disconosciuto con verbale ispettivo 4 settembre 2014 la natura subordinata dei rapporti di lavoro intrattenuti dalla società con C. e R.F., per il periodo successivo ad agosto 2009, in quanto entrambi, ed essi soli, membri del C.d.A. della società: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece accolto l’opposizione della società al detto accertamento e al conseguente addebito di contributi previdenziali;
2. a differenza del Tribunale, che aveva escluso che l’Inps avesse assolto all’onere, del quale lo aveva ritenuto gravato, di dimostrare la natura simulata del rapporto contrattuale, la Corte territoriale riteneva, indipendentemente dalla ripartizione dell’onere probatorio, che la qualità di entrambi di membri del C.d.A. della società (di cui ciascuno dei due era socio al 50%), sia pure con riserva, nella delibera di loro nomina, della necessità di una decisione congiunta di entrambi sulle principali scelte gestionali (comprese quelle relative al personale), ostasse alla costituzione di un vincolo di subordinazione alla società amministrata (e del conseguente potere conformativo di questa sulla loro prestazione lavorativa), per la decisività della volontà di ognuno dei due nella formazione del processo decisionale;
3. con atto notificato il 7 settembre 2020, la società ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., cui resisteva l’Inps con controricorso.
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2380, 2380bis, 2391, 2392, 2373, 2697 c.c., per la non corretta esclusione di un rapporto di lavoro subordinato dei due soci (ciascuno al 50%) e membri (in via esclusiva, senza altri) del C.d.A. della società, sull’erroneo presupposto di inesistenza di un vincolo di subordinazione, invece non configurabile solo nel caso di amministratore unico: nessuno dei due amministratori in posizione paritaria potendo adottare, attesa la necessità di una decisione congiunta di entrambi sulle principali scelte gestionali (comprese quelle relative al personale), autonome decisioni gestorie sul proprio rapporto di lavoro, per la soggezione alla disciplina del divieto di assunzione di decisioni (o di partecipazione ad esse) in posizione di conflitto di interessi (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2094 c.c., 414, 416 c.p.c. anche come error in procedendo, per nullità della sentenza, palesemente contraddittoria nelle affermazioni di irrilevanza di una verifica di corretta allocazione dell’onere probatorio tra le parti (dapprima) e di mancata dimostrazione dalla società delle modalità concrete di esplicitazione del potere conformativo della società sulle prestazioni lavorative dei due amministratori (poi); per la spettanza di una tale prova all’Inps, siccome a base della sua pretesa contributiva (secondo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;
3. giova ribadire, in preliminare linea di diritto, l’incompatibilità della condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della società esclusivamente con la qualifica di amministratore unico di una società, non potendo in tal caso realizzarsi un effettivo assoggettamento del predetto all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che si caratterizza quale requisito tipico della subordinazione (Cass. n. 5 settembre 2003, n. 13009; Cass. 25 settembre 2015, n. 19050; Cass. 18 aprile 2019, n. 10909, in specifico riferimento alle società personali);
3.1. sono invece cumulabili la carica di amministratore e l’attività di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali, purché sia accertata, in base ad una prova di cui è necessariamente onerata la parte che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato, l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e il vincolo di subordinazione, ossia l’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società (Cass. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. 30 settembre 2016, n. 19596); e questa circostanza ricorre, qualora sia individuabile (mediante una valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice di merito e incensurabile in cassazione) la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente – amministratore ad un potere disciplinare e direttivo esterno, sì che la qualifica di amministratore costituisca uno “schermo” per coprire un’attività costituente, in realtà, un normale lavoro subordinato (Cass. 14 gennaio 2000, n. 381; Cass. 3 marzo 2004, n. 4334): così risultandone provata la soggezione al potere direttivo e disciplinare di altri organi della società e l’assenza di autonomi poteri decisionali (Cass. 17 febbraio 2000, n. 1791);
3.2. nel caso di specie, l’onere probatorio in questione spetta all’ente previdenziale, in quanto soggetto tenuto, in linea generale, alla dimostrazione dei fatti costitutivi dell’obbligo contributivo (Cass. 6 novembre 2009, n. 23600; Cass. 3 aprile 2017, n. 8613): qui, in particolare, intento a far valere il rapporto di lavoro subordinato e quindi onerato della prova del vincolo di subordinazione nei confronti dell’organo di amministrazione della società (Cass. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. 30 settembre 2016, n. 19596);
3.3. ebbene, la Corte territoriale ha in proposito omesso ogni accertamento, sull’erroneo presupposto, ritenuto ex se dirimente in senso ostativo, della qualità di entrambi i lavoratori di membri del C.d.A. della società (di cui pure ciascuno socio al 50%), nonostante la previsione nella delibera di loro nomina della necessità di una decisione congiunta di entrambi sulle principali scelte gestionali, comprese quelle relative al personale (dal terz’ultimo all’ultimo capoverso di pg. 3 della sentenza): in assenza, in capo ad ognuno dei due amministratori, di un autonomo potere direttivo sul personale rapporto di lavoro, invece conferito a un diverso centro decisionale di “amministrazione congiunta sovrapersonale”; per giunta, avendo la medesima invertito l’onere probatorio, posto a carico della società (così al primo capoverso di pg. 4 della sentenza), anziché dell’Inps, per le ragioni dette;
4. il ricorso deve pertanto essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
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