CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20534
Rappresentante farmaceutico – Qualificazione di agente di commercio – Obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti Inps
Rilevato che
la Corte d’appello di Campobasso, a conferma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione a cartelle esattoriali, proposta da A.C.T., contenenti l’ingiunzione a versare i contributi dovuti alla gestione commercianti Inps per il periodo 2004 – 2009 per aver svolto attività quale agente e rappresentante di commercio in campo farmaceutico;
la Corte territoriale, premessa la distinzione tra attività di informatore scientifico e quella di agente di commercio, ha accertato che il T., iscritto ad Enasarco, era tenuto ad iscriversi anche alla gestione commercianti Inps, in quanto risultava provato che – nel periodo in contestazione – egli aveva svolto attività di agente e rappresentante di commercio, fatturando in relazione ai compensi direttamente e specificamente conseguiti per la conclusione di contratti con case farmaceutiche della regione Molise;
la cassazione della sentenza è domandata da A.C.T. sulla base di due motivi;
l’INPS ha opposto difese;
la società Equitalia Polis s.p.a. è rimasta intimata.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 e n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, co. 2, n. 4 cpc e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; contesta l’accertamento in fatto circa la natura dell’attività svolta quale agente di commercio, così come scaturita dalla prova testimoniale escussa in secondo grado; lamenta l’omesso esame di una serie di documenti fiscali, e, in particolare del certificato della Camera di Commercio dal quale risulta che egli aveva cessato la sua attività di agente e rappresentante di commercio per prodotti farmaceutici, e, perciò non era più tenuto al versamento dei contributi all’ Inps; col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., denuncia “Violazione e falsa applicazione della Delibera 18 febbraio 2000, n. 2/2000 (approvata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministero del Tesoro, con comunicato del 5 luglio 2000, riportato nella G.U. n. 197 del 24 agosto 2000);
rappresenta che in seguito alla nuova regola fissata dalla delibera in epigrafe, l’agente sarebbe tenuto ad iscriversi ad Enasarco, mentre l’informatore scientifico non vi sarebbe tenuto, e tuttavia, nulla esclude che lo stesso possa scegliere di stipulare questa ulteriore assicurazione previdenziale;
il primo motivo è inammissibile sotto il primo profilo, poiché la violazione di legge è meramente apparente, mentre ciò che il ricorrente chiede a questa Corte è di svolgere nuovamente l’accertamento circa la qualificazione della sua posizione professionale, che costituisce, invero, il punto nodale sul quale si articola la motivazione del provvedimento impugnato; sotto tale aspetto la Corte territoriale, nell’accertare che la posizione lavorativa del T. andava ascritta all’attività dell’agente e non a quella dell’informatore o propagandista medico-scientifico ha dato corretta attuazione alla giurisprudenza di questa Corte, la quale, anche da ultimo, con la pronuncia Cass. n. 10158 del 2021 ha ribadito che “L’attività del propagandista di medicinali (definito anche propagandista scientifico o informatore medico-scientifico), che può svolgersi sia nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo che in quello del rapporto di lavoro subordinato, consiste nel persuadere la potenziale clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola del prodotto e delle sue caratteristiche, ma senza promuovere (se non in via del tutto marginale) la conclusione di contratti.
Dall’anzidetta attività differisce quella dell’agente, il quale, nell’ambito di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato, deve altresì pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, essendo a questi direttamente connesso e commisurato il proprio compenso.“;
dalla qualificazione del T. quale agente di commercio scaturisce, secondo la Corte territoriale, l’obbligo di versare i contributi alla gestione commercianti, e tale conclusione non può ritenersi infranta dal rilievo per il quale la Corte avrebbe attribuito maggior forza di convincimento ad alcuni mezzi di prova piuttosto che ad altri, atteso che tale attività è consentita al giudice del merito dall’art. 116 cod. proc. civ. (ex multis, Cass. n. 26769 del 2018); anche sotto il profilo dell’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la censura non merita accoglimento; essa si pone fuori dai parametri del vizio motivazionale così come sancito dal n. 5 dell’art. 360 del codice di rito, atteso che la Corte territoriale ha puntualmente valutato, tra gli altri elementi, anche la richiesta d’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale presentata alla Camera di Commercio; tale documento probatorio non è, tuttavia, risultato decisivo ai fini dell’attribuzione della diversa qualifica di agente di commercio, in merito alla quale ha prevalso l’accertamento della sussistenza dei contratti conclusi con case farmaceutiche molisane acquisiti agli atti, i quali attestano, secondo la Corte di merito, lo svolgimento di un’attività del T.) rapportabile alla figura del procacciatore di affari e dell’agente di commercio in campo farmaceutico;
il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto costituisce un dato incontrovertibile che il ricorrente abbia attribuito il vizio di violazione di legge ad un atto deliberativo (Regolamento Enasarco) di natura privatistica; in tutti i casi, la censura non ha pregio, in quanto la Corte territoriale ha affermato una posizione esattamente contraria a quella prospettata nel secondo motivo: ossia che non avendo il T. svolto attività come informatore scientifico, unitamente a quella di agente e procacciatore di affari, lo stesso non era affatto tenuto ad iscriversi ad Enasarco, ma era, di contro, obbligato ad iscriversi alla gestione INPS;
in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità in presenza della dichiarazione reddituale ai sensi dell’art. 152 disp.att.cod. proc. civ. in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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