CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2018, n. 19938
Tributi – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Scritture contabili – PVC – Contenzioso tributario
Rilevato che
1. con sentenza n. 43/03/09 dell’11/12/2009 la CTR dell’Abruzzo rigettava l’appello proposto dal sig. L.R. nei confronti della sentenza della CTP di L’Aquila, che aveva a sua volta rigettato l’impugnazione del contribuente, operante nel settore dell’installazione degli impianti idraulico-sanitari, avverso l’avviso di accertamento con il quale, in riferimento all’anno d’imposta 2003, erano stati recuperati a tassazione nei confronti dello stesso maggiori importi a titolo di IRPEF, addizionale regionale IRPEF, IRAP, IVA, contributi INPS, sanzioni e interessi;
1.1. la sentenza della CTR premetteva che: a) l’avviso di accertamento veniva emesso in quanto la parte non aveva ottemperato ad alcun adempimento contabile, limitandosi ad emettere le fatture per le prestazioni eseguite e a conservare quelle di acquisto dal 1998 al 2002;
b) la CTP rigettava il ricorso del contribuente, non avendo questi esibito in sede di verifica documentazione essenziale e gli atti non prodotti in sede di verifica non potevano essere fatti valere nel giudizio tributario;
c) la CTR confermava integralmente la sentenza di primo grado;
1.2. sulla base di queste premesse, la CTR così motivava il rigetto dell’appello proposto dal sig. R.: a) «la documentazione riferita agli anni precedenti al 2002, non esibita in sede di verifica, non può essere utilizzata sia ai fini dell’imposizione diretta, che ai fini della legge IVA»; b) ne conseguiva il mancato accoglimento della contabilizzazione delle rimanenze «in quanto, come noto, le rimanenze inziali dell’anno 2003, derivano dalla voce rimanenze iniziali anno 2002, non ammesse in sede di verifica in quanto non documentate e non utili nel giudizio di appello»; c) inoltre, per quanto riguarda VIVA, «il contribuente che, non avendo annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca per lui un credito d’imposta, non può chiedere il riconoscimento del credito IVA. Art. 23 e 25 legge 633/72, che regola la registrazione delle fatture»;
2. avverso la sentenza della CTR il sig. L.R. proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso, proponendo altresì, ricorso incidentale condizionato, avverso il quale veniva proposto ulteriore controricorso da parte del sig. R..
Considerato che
1. va pregiudizialmente dichiarata la carenza di legittimazione passiva a resistere nel presente giudizio del Ministero della economia e delle finanze, cui erroneamente è stato notificato il ricorso, essendo legittimata passivamente unicamente l’Agenzia delle entrate;
2. con il primo motivo di ricorso il sig. R. deduce la violazione dell’art. 52, comma 5, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, richiamato dall’art. 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto di tutti i documenti depositati in giudizio;
2.1. in particolare il ricorrente sottolinea che il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto: a) dell’inventario delle rimanenze al 31/12/2002, ancorché lo stesso non fosse stato esibito ai verbalizzanti durante la verifica fiscale, in quanto non richiesto e/o non ricercato; b) delle fatture di acquisto, regolarmente esibite alla Guardia di finanza, come risulta dal processo verbale di constatazione; c) dei registri IVA degli acquisti, regolarmente allegati al ricorso in appello unitamente alle liquidazioni IVA relative all’anno 2003;
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 19, primo comma, e 25, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR aveva errato nel ritenere valida la rettifica dell’IVA a credito relativamente agli anni 2001 e 2002, ben potendo il sig. R. esercitare il proprio diritto alla detrazione, differendo la registrazione delle fatture d’acquisto nel termine biennale ai sensi delle disposizioni citate;
4. con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce motivazione contraddittoria ed insufficiente sull’accertamento e la valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., evidenziando che dal processo verbale di costatazione si evince che sono state esibite dal contribuente sia le fatture relative agli anni 2001 e 2002, sia i registri IVA acquisti relativi ai medesimi anni, sicché la motivazione si appalesa contraddittoria allorquando afferma che il contribuente non avrebbe esibito documentazione essenziale, senza nemmeno specificarne natura e tipologia;
5. i tre motivi possono essere congiuntamente esaminati e sono fondati nei limiti di quanto segue;
5.1. va prima di tutto evidenziato che «in tema di accertamento tributario, l’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui la dichiarazione resa dal contribuente nel corso di un accesso di non possedere i libri, i registri, le scritture e i documenti richiestigli, ne preclude la valutazione a suo favore in sede amministrativa o contenziosa, trova applicazione solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di esibizione da parte del Contribuente diretto ad impedire l’ispezione documentale, rimanendo, invece, irrilevante, ai fini dell’operare della preclusione, il mancato possesso imputabile a caso fortuito, forza maggiore o anche negligenza o imperizia nella custodia e conservazione della documentazione contabile» (così, da ultimo, Cass. n. 5914 del 08/03/2017); ed ancora che: «in tema di accertamento tributario, il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa, previsto dall’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, presuppone che vi sia stata una specifica richiesta degli agenti accertatori (non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto), ed opera non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione “doloso”) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere i documenti in suo possesso, o li sottragga all’ispezione, non allo scopo di impedire la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dovuto a dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc.)» (così, da ultimo, Cass. n. 9487 del 12/04/2017);
5.2. nella specie, la CTR non ha fatto buon governo dei superiori principi di diritto, essendosi limitata a sostenere che la documentazione non esibita in sede di verifica non può essere utilizzata in sede contenziosa dal contribuente, senza indagare sulle ragioni per le quali il contribuente non ha provveduto all’esibizione della menzionata documentazione;
ne consegue che delle produzioni documentali effettuate in sede contenziosa deve tenersi conto, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR;
5.3. secondariamente, giova osservare in punto di fatto che, da quanto dedotto dalla stessa parte ricorrente in ricorso, il sig. R. non ha tenuto una regolare contabilità e in particolare: a) non ha effettuato le dichiarazioni IVA periodiche; b) non ha effettuato le dichiarazioni IVA annuali; c) ha esibito ai certificatori i registri IVA acquisti privi di annotazione delle fatture, annotazione poi effettuata successivamente alla verifica, seppure nel rispetto del termine biennale;
5.4. la CTR fa conseguire il mancato riconoscimento del credito IVA da tali irregolarità contabili: «il contribuente che, non avendo annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca per lui un credito di imposta, non può chiedere il riconoscimento del credito IVA»; il contribuente, invece, deduce di avere dapprima esibito ai verificatori (come si evince dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza) e successivamente legittimamente prodotto in giudizio le fatture relative agli anni 2001 e 2002, regolarmente registrate nel registro IVA acquisti nel termine biennale previsto dal combinato disposto degli artt. 19 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, sicché il suo diritto alla detrazione nel successivo anno 2003 non potrebbe essere disconosciuto;
5.5. le considerazioni del sig. R. sono fondate alla luce del recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 17757 del 08/09/2016), secondo il quale «nel complesso normativo e nel formante giurisprudenziale dell’UE emerge (..) che il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta. L’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi»; dopo avere attentamente ricostruito il sistema italiano della riscossione dell’IVA, le Sezioni Unite proseguono: «si consideri che per la Corte di giustizia (sent. Idexx) “i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, quali previsti all’art. 17 della sesta direttiva” (punto 41). Invece “i requisiti formali del diritto a detrazione disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, quali gli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione. Tali requisiti sono contenuti negli arti. 18 e 22 della sesta direttiva” (punto 42). Riguardo agli acquisti “i requisiti sostanziali esigono, come emerge dall’art. 17, paragrafo 2 […] della sesta direttiva, che tali acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili” (punto 43). Dunque, può bastare che, in sede di contraddittorio e/o di contenzioso sulla cartella, il contribuente omissivo documenti la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto a detrazione di cui all’ari. 17 della sesta direttiva»;
5.6. nella specie, non è dubbio che i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione siano stati comprovati dal ricorrente, che ha prima esibito alla Guardia di finanza e poi ha prodotto le fatture dalle quali si evince il suo diritto alla detrazione, fatture successivamente registrate nel registro IVA acquisti «nel termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (art. 8, comma 3, D.P.R. n. 322 del 1998)» (come si esprime la sentenza delle Sezioni Unite, sopra menzionata), disposizione che richiama l’art. 19, comma 1, secondo periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972;
8.5. e poiché la verifica della sussistenza delle condizioni sostanziali per la detrazione spetta al giudice di merito (ancora le Sezioni Unite: «dinanzi alla posizione del contribuente quale titolare di diritti soggettivi perfetti derivanti dalla legge nazionale e dal diritto dell’UE, è il processo tributario, infatti, il contesto privilegiato nel quale l’esigenza della giusta imposizione trova la sua armonica realizzazione a prescindere da moduli procedimentali diretti a garantire ed agevolare l’azione amministrativa (..).Si tratta, in sostanza, di porre rimedio a errori e/o omissioni del contribuente, in presenza di situazioni legali e veritiere, in via di eccezione direttamente nel processo tributario quale ragione d’impugnazione dell’atto di controllo formale del Fisco (..)»), la sentenza della CTR va cassata affinché la CTR effettui la suddetta verifica, in applicazione del seguente principio di diritto: «in tema di accertamento IVA, anche in presenza della acclarata violazione di requisiti formali del diritto alla detrazione dell’imposta di cui all’art. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (cd. sesta direttiva) – quali, ad esempio, la mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – l’Amministrazione finanziaria non può negare tale diritto al contribuente che provi la sussistenza dei suoi requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della menzionata direttiva, a mezzo la produzione delle fatture ovvero di altra idonea documentazione contabile, purché il diritto alla detrazione sia esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998»;
6. con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR non si è pronunciata sull’eccezione di nullità del processo verbale di constatazione formulata in primo grado;
7. il motivo è inammissibile e, comunque, infondato;
7.1. è inammissibile perché si fa questione di un vizio del processo verbale di constatazione che non può essere dedotto in giudizio dal contribuente, il quale può semmai dolersi di un vizio dell’avviso di accertamento;
7.2. è, comunque, infondato in quanto la CTP, avendo confermato nel merito l’avviso di accertamento notificato dall’Ufficio, avviso di accertamento che si fonda sul processo verbale di constatazione, ha implicitamente rigettato l’eccezione di nullità di quest’ultimo sollevata in primo grado dalla parte ricorrente e ugualmente ha fatto la CTR nel momento in cui ha confermato integralmente la sentenza della CTP;
8. con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che, sebbene l’Ufficio abbia contestato, nelle proprie controdeduzioni in appello, l’inammissibilità del ricorso del contribuente ex art. 57 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui ha chiesto il riconoscimento dell’IVA a credito, in quanto domanda nuova, la CTR avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda;
9. il motivo è infondato;
9.1. per stessa ammissione della parte controricorrente, la CTR ha preso in considerazione il rilievo di parte in ordine alla novità della domanda («il ricorrente per la prima volta chiede il riconoscimento dell’IVA a credito di cui all’unico 2004, acquisti 2003»); non solo, ma la CTR ha anche provveduto sul rilievo nel merito: «il contribuente che, non avendo annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca per lui un credito d’imposta, non può chiedere il riconoscimento del credito IVA»;
9.2. ne consegue l’infondatezza del rilievo in quanto, pronunciando nel merito, la CTR ha ritenuto all’evidenza implicitamente infondata anche la questione pregiudiziale sottoposta alla propria attenzione;
10. con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che, ove si ritenga che la CTR abbia implicitamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello, avrebbe falsamente interpretato la norma, non potendosi proporre in appello domande nuove;
11. il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza;
11.1. è noto, infatti, che: «La Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale» (così, da ultimo, Cass. n. 2771 del 02/02/2017);
11.2. nella specie, la parte controricorrente si è limitata ad allegare gli atti di causa, ma avrebbe dovuto riprodurre o quanto meno indicare specificamente le parti degli atti dalle quali evincersi la novità della domanda proposta in appello dal contribuente, non dovendo essere il Collegio a rintracciare i fatti processualmente rilevanti;
12. in conclusione, il ricorso va accolto con riferimento al primo, al terzo e al quarto motivo di ricorso, rigettati il secondo motivo e il ricorso incidentale condizionato; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR dell’Abruzzo, in diversa composizione, perché provveda anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo e il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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