CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2020, n. 15980
Tributi – Istanza di accertamento con adesione – Mancato versamento della prima rata – Iscrizione a ruolo delle somme dovute – Legittimità
Fatto e ritenuto che
L’Agenzia delle Entrate notificava a G.M. avviso di accertamento con cui rettificava in via induttiva degli imponibili dichiarati per l’anno 2009 ai fini Irpef, Irap ed Iva.
Il contribuente proponeva istanza di accertamento con adesione ed il procedimento si concludeva con la sottoscrizione dell’atto di adesione in data 9.4.2015.
G.M. non provvedeva al versamento della prima rata nei venti giorni successivi sicché il concessionario della riscossione, Sicilia s.p.a., notificava al contribuente l’avviso di presa di carico ed intimazione di pagamento delle somme dovute in base all’avviso di rettifica divenuto definitivo.
La CTP di Palermo rigettava il ricorso di G.M. con sentenza nr 3901/2016 che veniva impugnata avanti alla CTR di Palermo.
Con sentenza nr 5048/2018 il giudice di appello accoglieva il gravame sul rilievo della palese difformità esistente fra l’atto di adesione depositato dall’Ufficio e quello consegnato al contribuente all’atto di adesione che risultava composto di tre pagine senza alcuna indicazione delle imposte ridotte.
Sottolineava pertanto che tale circostanza non avrebbe consentito a quest’ultimo di effettuare il versamento della prima rata per una causa a lui non imputabile sicché gli atti impugnati dovevano essere annullati.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, l’intimato non si è costituito mentre si è costituita la società R.S. s.p.a. istando per l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
Diritto e considerato che
Con un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 Divo nr 546/1992 e dell’art. 9 Dlvo nr 218/1997 in relazione all’art. 360 primo comma nr 3 c.p.c.
Sostiene in particolare, alla luce delle norme indicate in rubrica, che l’eventuale difformità fra l’atto di adesione depositato in udienza dall’Amministrazione finanziaria e quello consegnato al contribuente non rappresenta una giustificazione per il mancato pagamento della prima rata delle imposte rideterminate a seguito della adesione.
Rileva infatti l’eventuale impossibilità di eseguire il pagamento della prima rata avrebbe dovuto portare il contribuente ad impugnare l’originario atto di accertamento così da impedirne la definitività sollevando in sede contenziosa i vizi della procedura disciplinata dal D.lgs nr 218/1997.
Il motivo è fondato.
il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 8, comma 1, dispone che “il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto”, il comma 2, consente il versamento rateale delle somme dovute e prevede, in tal caso, che l’importo della prima rata va versato entro il termine indicato nel comma 1, e il contribuente è tenuto a prestare garanzia per il versamento di tali somme, e a far pervenire, entro dieci giorni dal versamento, la quietanza dell’avvenuto pagamento della prima rata e la documentazione relativa alla prestazione della garanzia all’ufficio, che “rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione” (comma 3);
il successivo art. 9 (nel testo, qui applicabile, antecedente il D.L. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni nella L. n. 111 del 2011), il quale reca la rubrica “perfezionamento della definizione”, dispone, a sua volta, che “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all’art. 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata e con la prestazione della garanzia previsti dall’art. 8, comma 2”, ed in base al chiaro tenore letterale della norma, in tale seconda ipotesi l’esecuzione di entrambi i previsti adempimenti – pagamento della prima rata e prestazione della garanzia – rappresenta il presupposto fondamentale ed imprescindibile per l’efficacia della procedura, e non una mera modalità esecutiva (Cass. n. 26681/2009; Cass. 2018/13143).
Sulla base del sistema normativo in esame, la conciliazione produce i suoi effetti nei riguardi del rapporto giuridico tributario solo con la sua perfezione che, in caso di pagamento rateale, presuppone che i futuri versamenti siano assicurati (mediante la prestazione della garanzia), e non rimessi alla mera diligenza del debitore che, nel caso di specie, ha anche interrotto i pagamenti dopo il versamento della prima rata.
Sul tema questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. Cass. n. 10086/2009 e, sostanzialmente, nello stesso senso, Cass. n. 18962/2005; id n. 11982/2011) che quando, come nel caso concreto, l’istanza di adesione abbia avuto buon esito, nel senso che il concordato si sia concluso, l’accertamento cosi definito diventa intoccabile, tanto da parte del contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’Ufficio, che non può integrarlo o modificarlo, come prescrive il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, comma 3, (salve le eccezioni, non ricorrenti nel caso di specie, stabilite dal successivo comma 4); altra cosa è il “perfezionamento della definizione” concordata (art. 9), che si ottiene, come si è detto, mediante il versamento all’erario di quanto concordemente stabilito (o mediante il versamento della prima rata, con prestazione di garanzia per quelle successive) e solo dopo il “perfezionamento”, ossia dopo il pagamento del debito tributario scaturente dall’accordo, l’atto impositivo perde efficacia (art. 6, comma 4, ult. per.);
Si è così, condivisibilmente, statuito che una volta definito l’accertamento con adesione, mediante la fissazione anche del quantum debeatur, al contribuente non resta che eseguire (o, per usare lo stesso termine della legge, “perfezionare”) l’accordo, versando quanto da esso risulta, essendo normativamente esclusa la possibilità d’impugnare simile accordo e, a maggior ragione, quella d’impugnare l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del fisco, finché non sia stata “perfezionata” la procedura, ossia non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato (cfr. Cass. n. 14533/2015; Cass 2019 nr 2161).
Nel caso in cui l’accertamento con adesione non si perfezioni, è onere del contribuente impugnare l’avviso di accertamento ed in quella sede far valere eventuali vizi della procedura regolata dal D.Lgs. n. 218 del 1997.
Onere che nella specie non è stato assolto.
Il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, restituisce piena efficacia all’originario accertamento, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che la copia consegnata al contribuente presenti delle carenze quali quelle denunciate nel presente giudizio ( mancata indicazione delle imposte ridotte per effetto dell’adesione ).
Il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rigetto dell’originario ricorso del contribuente non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito.
Le spese relative alla fase di appello compensate in ragione dell’alternanza delle decisioni.
Vanno invece poste a carico del controricorrente le spese di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente; spese del merito compensate; condanna il controricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di legittimità che si liquidano in complessive € 4000,00 oltre accessori e s.p.a.
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