CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2022, n. 25301

Rapporti di lavoro a termine – Consorzi di bonifica siciliani – Enti pubblici economici – Illegittima apposizione del termine – Conversione a tempo indeterminato – Illegittimità – Assunzione tramite concorso o prova pubblica selettiva

Rilevato che

1. La Corte d’appello di Catania confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva: – dichiarato l’illegittimità del termine apposto ai contratti stipulati da G.S.C. con il Consorzio di Bonifica (…) di Catania, a decorrere dalla prima assunzione del 20 ottobre 2000, per la generica indicazione delle ragioni di apposizione del termine e per mancata prova del collegamento tra l’assunzione e le esigenze organizzative; – dichiarato che tra le parti si era instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal primo contratto e ordinato la riammissione del C. in servizio; – condannato il Consorzio al pagamento di un’indennità pari a 8 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010;

2. la Corte territoriale escludeva l’operatività della decadenza ex art. 32 legge n. 183 del 2010, stante il differimento al 1° gennaio 2012 del relativo sistema;

nel merito riteneva che, qualificati gli enti consortili di bonifica siciliani come enti pubblici economici, dovesse applicarsi, quanto alla stipula dei contratti a termine, la disciplina di diritto comune prevista, ratione temporis, dalla legge n. 230 del 1962 e dal d.lgs. n. 368/2001;

quanto alla richiesta di conversione, ad essa non ostava – secondo i giudici d’appello – il principio per cui le assunzioni del personale a tempo indeterminato vanno precedute da un pubblico concorso o prova pubblica selettiva, nel range temporale segnato dalla vigenza della L.R. Sicilia n. 18 del 1999 e fino all’entrata in vigore della L.R. Sicilia n. 15 del 2004, perché in quell’arco temporale la normativa regionale, come ricostruita dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 4685/2015, non prevedeva affatto l’obbligo del concorso in relazione agli enti pubblici economici dipendenti o vigilati dalla regione e dagli enti locali;

nella specie, in relazione al contratto del 20 ottobre 2000, le deduzioni del Consorzio erano generiche e, come evidenziato anche dal Tribunale, l’Ente non aveva offerto alcun elemento di prova concernente l’adibizione del ricorrente ad attività di carattere straordinario e/o stagionale;

quindi, in ragione illegittimità del termine occorreva confermare la nullità del termine e la conversione del rapporto;

rimaneva ferma la quantificazione del risarcimento ex art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, come disposta dal Tribunale;

3. per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso il Consorzio, articolato in quattro motivi;

4. ha resistito con controricorso il lavoratore;

5. entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso il Consorzio denuncia la violazione dell’art. 3 della L.R. Sicilia n. 49 del 1981, degli artt. 6, 7 e 9 della L.R. Sicilia n. 14 del 1958 e dell’art. 3 della L.R. Sicilia n. 12 del 1991, oltre che dell’art. 97 della Carta costituzionale; lamenta, nella sostanza, la violazione delle norme innanzi indicate dalle quali si desumerebbe l’obbligo, per i Consorzi di bonifica siciliani, di assumere i propri dipendenti solamente previo espletamento di un concorso o di una prova pubblica selettiva, con conseguente impossibilità di trasformare i rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato;

2. il motivo è fondato;

2.1. si deve qui richiamare integralmente, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., quanto affermato in Cass. 9 gennaio 2019, n. 274 in cui si opera una completa ed esaustiva ricostruzione di tutta la normativa di settore, anche alla luce della legislazione regionale (si vedano i punti da 54 a seguire della pronunzia);

2.2. per quanto qui di più stretto interesse, nella citata sentenza si afferma che “la l.r. n. 76 del 1995 laddove ha autorizzato i consorzi di bonifica a ricorrere alle assunzioni a tempo determinato, da svolgersi ai sensi della l. n. 230 del 1962 (…) non si pone affatto in contrasto con il divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dall’art. 32 della l.r. n. 45 del 1995, non introduce alcuna norma derogatoria a tale divieto, né abroga l’art. 32” (…). La legge n. 76 del 1995 e le disposizioni di legge regionale intervenute successivamente si sono, infatti, limitate a prorogare nel tempo l’utilizzo di siffatta tipologia di assunzioni e, al contempo, le misure di garanzia occupazionale-assistenziale.

(…). Risulta, dunque, chiara la volontà del legislatore di consentire nel sistema delle assunzioni dei Consorzi di bonifica solo circoscritte ipotesi di assunzione a tempo determinato, rinviando per le modalità di assunzione alla legge n. 230 del 1962. (…) La circostanza che i rapporti a termine dedotti in giudizio siano stati stipulati al di fuori delle ipotesi previste dalla l. n. 230 del 1962, richiamata negli artt. 3 e 4 della l.r. n. 76 del 1995 non ne consente la trasformazione o conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non essendo possibile sanare, per tal via, rapporti di lavoro invalidi sin dalla loro origine, in quanto tale effetto è precluso dal richiamato divieto di assunzione a tempo indeterminato” (si vedano specificamente i punti 69, 70, 73 e 76 della sentenza);

2.3. tale essendo il quadro normativo di riferimento, il motivo in esame, pur erroneo quanto alla disciplina legislativa invocata (soccorre, sul punto, il principio iura novit curia), è fondato nella parte in cui deduce l’impossibilità giuridica di far luogo alla conversione dei rapporti con termine illegittimo in rapporti a tempo indeterminato; in una parola, il divieto di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato si coniuga – quanto a dette ipotesi – con il divieto imposto ai Consorzi di Bonifica dalla legislazione regionale innanzi richiamata di procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato (si vedano sul punto i precedenti in senso conforme, fra le altre, Cass. 21 ottobre 2020, n. 22981; Cass. 6 dicembre 2021, n. 38657).

2.4. ne consegue l’accoglimento del terzo motivo nei sensi di cui sopra;

3. con il secondo motivo di ricorso il Consorzio deduce il vizio di violazione di legge (art. 11 d.lgs. n. 368 del 2001) e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (artt. 2 e 121 del c.c.n.l. ratione temporis applicabile); omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; censura l’affermazione della illegittimità dell’apposizione del termine per la mancanza di specificazione della causale;

ad avviso del ricorrente la Corte d’appello ha individuato erroneamente la disciplina di riferimento, dovendo trovare applicazione la norma transitoria dell’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001 e le richiamate clausole del c.c.n.l. per i dipendenti dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario (efficace dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2003, come si evinceva dall’art. 54 del medesimo c.c.n.l., che consentiva di assumere a termine operai avventizi e rendeva così legittimo il contratto del 20 ottobre 2000);

l’omesso esame riguarderebbe l’attività svolta dal lavoratore come operaio avventizio, addetto a lavori stagionali e, dunque, rientrante tra i lavoratori che potevano essere assunti a termine;

aggiunge che la circostanza che il lavoratore era stato assunto come operaio avventizio non era stata contestata dal lavoratore;

4. con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione di norme di diritto in relazione all’accertamento della nullità del termine (art. 115 cod. proc. civ.); deduce il ricorrente di aver adempiuto all’onere della prova della effettiva esistenza delle ragioni giustificatrici delle assunzioni mediante la produzione in giudizio della delibera autorizzativa n. 543 del 2000 di assunzione del lavoratore, e del relativo contratto, in cui si faceva riferimento all’urgenza degli interventi;

vi era stato perciò travisamento della prova e le relative circostanze erano decisive;

5. i suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione;

6. gli stessi non sono fondati;

6.1. dalla sentenza impugnata (cfr. pagg. 1 e 3 del provvedimento) emerge che fin dal ricorso introduttivo il lavoratore aveva allegato di essere stato assunto per eseguire opere di manutenzione rispondenti a stabili esigenze dell’ente, anziché ad esigenze temporanee;

tale essendo la prospettazione dell’atto introduttivo di lite, non vi era alcuna necessità che l’attore contestasse l’opposto assunto del Consorzio: ciò perché la contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di contestare l’altrui contestazione, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo (Cass. 14 marzo 2018, n. 6183);

ciò comporta l’infondatezza dell’assunto del Consorzio secondo cui costituirebbe circostanza incontestata tra le parti la stipula dei contratti a termine per esigenze temporanee;

6.2. né in sede di legittimità si può sollecitare, attraverso il vizio di omesso esame, una rivisitazione del materiale probatorio;

6.3. la Corte d’appello ha affermato che era mancato da parte dell’ente l’assolvimento dell’onere probatorio concernente l’adibizione del ricorrente ad attività di carattere straordinario e/o stagionale;

il Consorzio sul punto si è limitato a sostenere, anche in tal caso apoditticamente, che il lavoratore non aveva svolto mansioni di manutenzione ordinaria delle opere e degli impianti consortili, essendo stato piuttosto impiegato in non meglio specificate attività di manutenzione di carattere straordinario e stagionale senza tuttavia indicare le relative fonti di prova;

doveva, d’altra parte, evidenziarsi, proseguiva la Corte d’appello, che lo svolgimento di opere di manutenzione delle strutture rappresentava la normale attività del Consorzio di bonifica e i contratti intercorsi tra le parti coprivano pressoché tutti i periodi dell’anno solare, oltre gli stessi limiti concettuali di stagione;

viceversa, per essere conforme alla disciplina vigente, l’assunzione a termine doveva essere effettuata per l’esecuzione di opere e servizi che, pur potendo eventualmente consistere in un’attività qualitativamente identica quella ordinariamente esercitata dall’impresa, fossero in ogni caso giustificati da un incremento particolarmente rilevante, in relazione ad eventi non prevedibili, così da non poter essere affrontati con le normali strutture organizzative produttive dell’impresa;

tuttavia, di tali elementi – secondo quanto affermato dalla Corte d’appello – il Consorzio, in relazione al contratto intercorso dal 20 ottobre 2000, non aveva offerto alcun elemento di prova;

6.4. peraltro, l’illegittimità del termine per mancanza di prova della sua ragione giustificativa esclude che possa applicarsi l’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2011; il dato normativo prevede testualmente: “1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate la legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, l’articolo 8-bis della legge 25 marzo 1983, n. 79, l’articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nonché tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel presente decreto legislativo. 2. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 23 della citata legge n. 56 del 1987 e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, manterranno, in via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro. 3. I contratti individuali definiti in attuazione della normativa previgente, continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza”;

è evidente, quindi, che il citato comma 2, nel prevedere l’ultrattività, fino alla scadenza dei c.c.n.l., delle clausole della contrattazione collettiva in vigore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 368 del 2001, si riferisce alle clausole che consentono l’utilizzo della contrattazione a termine, mentre nel caso di specie la stipula del contratto è avvenuta al di fuori di dette ipotesi o, comunque, senza che della loro ricorrenza sia stata fornita prova;

in breve, possono essere oggetto di proroga i contratti cui risulti legittimamente apposto un termine, non quelli con termine illegittimo;

7. con il quarto motivo di ricorso si chiede che venga cassata, non essendovi i presupposti per la conversione del rapporto, in ragione della legittimità del termine, la statuizione relativa al risarcimento del danno disposto in favore del lavoratore ai sensi dell’art. 32 della l. n. 183 del 2010.

8. il motivo è infondato, atteso che, pur non sussistendo le condizioni per la conversione del rapporto, la legittimità del termine è stata esclusa, e che la Corte d’appello, non essendo stati proposti motivi specifici ed autonomi concernenti la decisione sul punto, ha confermato la quantificazione operata dal Tribunale in quanto effettuata in ragione della durata complessiva del rapporto di lavoro concretamente intercorso tra le parti, circa dieci anni, e delle dimensioni dell’azienda;

9. la cassazione della statuizione relativa alla domanda di conversione del rapporto implica la pronuncia nel merito sulla stessa ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;

tale domanda va rigettata per le ragioni già esposte nei paragrafi che precedono;

10. il diverso esito dei gradi di merito ed il consolidarsi solo in epoca successiva all’introduzione del giudizio della giurisprudenza di legittimità in ordine alle questioni qui esaminate consiglia la compensazione delle spese dell’intero giudizio;

11. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1, quater d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di conversione del rapporto; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.