CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 maggio 2022, n. 17286
Differenze sui ratei pensionistici – Rinuncia al ricorso – Cessazione della materia del contendere – Termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c. – Decorrenza – Esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza – Dichiarazione sostitutiva ex art. 152 disp. att. c.p.c
Rilevato che
con sentenza del 17/8/2016, la Corte d’Appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile – perché tardivo – il gravame interposto da C. C. limitatamente alla pronuncia sulle spese, in relazione alla pronunzia del Tribunale di Crotone del 27 settembre 2011, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere tra la stessa C. e l’INPS, condannandola alle spese di lite, a seguito di rinuncia della ricorrente seguita alla memoria di costituzione dell’INPS, in relazione alla domanda proposta dalla prima al fine di ottenere differenze sui ratei pensionistici;
avverso la suindicata pronunziata dalla Corte di merito C.C. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi;
Considerato che
il ricorso, che ha utilizzato in più punti la tecnica dell’assemblaggio di atti e per questo ai limiti dell’inammissibilità, consente di individuare i seguenti motivi:
1) violazione o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c. in relazione agli artt. 325, 326, 285 e dell’art. 281 sexies c.p.c.; il motivo viene illustrato mediante l’integrale inserimento di un commento alla sentenza di questa Corte di cassazione n. 19743 del 2014, riguardante la questione dell’applicazione del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. in ipotesi di sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 429, primo comma parte prima, c.p.c. con contestuale lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione; sostiene la ricorrente che il principio ivi affermato (nel senso di negare l’equipollenza della lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza alla notificazione della stessa sentenza) sia utile a sostenere la tesi qui affermata della necessità di far decorrere il termine lungo, di cui all’art. 327 c.p.c., per proporre impugnazione dalla data in cui la cancelleria dà comunicazione del deposito della sentenza;
2) Violazione ed errata applicazione dell’art. 429 c.p.c. in relazione agli artt. 281 sexies, 133 c.p.c. e 327 c.p.c., ritenendosi necessaria la comunicazione del cancelliere in ordine al deposito della motivazione al fine di far decorrere il termine per l’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c.; Violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in quanto, ad avviso della ricorrente, per il riconoscimento dell’esonero dalle spese in caso di soccombenza, non sarebbe stata necessaria alcuna formale dichiarazione nelle conclusioni dell’atto, dovendosi riconoscere d’ufficio;
i primi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati; la sentenza impugnata ha affermato che il Tribunale ha emesso sentenza, in data 27 settembre 2011, ai sensi dell’art. 429, comma 1, c.p.c., con contestuale esposizione in udienza di dispositivo e motivazione, come indicato nell’epigrafe e come confermato dal verbale d’udienza;
questa Corte ha già avuto modo di affermare, (Cass. n. 3394 del 2021; Cassazione civile, sez. lav., 30/05/2017, n. 13617) che in materia di controversie soggette al rito del lavoro, l’art. 429, comma 1, c.p.c., come modificato dall’art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 – applicabile “ratione temporis” – prevede che il giudice all’udienza di discussione decide la causa e procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, sicché, in analogia con lo schema dell’art. 281-sexies c.p.c., il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza;
viceversa, nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, in cui il giudice fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 430 c.p.c., il termine decorrerà dalla comunicazione alle parti dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere;
da ciò deriva la correttezza della decisione impugnata che ha calcolato il termine semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c. dalla data dell’udienza del 27 settembre 2011 in cui la sentenza fu pronunciata e depositata;
anche il terzo motivo è infondato; la ricorrente non ha contrastato quanto espressamente affermato dalla sentenza impugnata, che ha negato la circostanza che nelle conclusioni del ricorso vi fosse la dichiarazione prescritta; neppure ha addotto che tale dichiarazione fosse comunque allegata al ricorso;
tale dichiarazione è necessaria, posto che in tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dall’art. 42, comma 11, del dl. n. 269 del 2003, conv. con modif. nella l. n. 326 del 2003, laddove fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, a rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, pur potendosi ritenere efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo (fra le tante, Cass. n. 16616 del 2018);
in conclusione, il ricorso va rigettato; le spese seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio di legittimità che liquida in Euro 700,00, per compensi, oltre ad Euro 200,00, per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art, 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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