CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 marzo 2018, n. 7556
Fallimento – Opposizione creditore – Insinuazione al passivo – Istanza – Termine annuale
Fatti di causa
1. Con decreto in data 10 marzo 2015 il Giudice delegato del Tribunale di Treviso rigettava la domanda di insinuazione presentata da Farmacia S.V. s.a.s. al passivo del fallimento D. s.r.l. a motivo della sua tardività, poiché l’istanza era stata proposta oltre il termine annuale previsto dall’art. 101, comma 1, l. fall. e il creditore non aveva dimostrato che il ritardo era dipeso da una causa a lui non imputabile.
2. Il Tribunale di Treviso, nel respingere l’opposizione proposta dal creditore sull’assunto che il termine annuale di cui all’art. 101 l. fall. doveva essere computato a decorrere dalla chiusura definitiva dell”esame di tutte le domande tempestive, riteneva di non condividere gli assunti di Farmacia S.V. s.a.s. facenti leva sull’infrazionabilità dell’iter di formazione dello stato passivo, rilevava che il decreto di esecutività emesso prima che fosse terminato l’esame di tutte le domande non poteva considerarsi un atto inesistente e, come tale, insuscettibile di produrre effetti sino al momento di ultimazione dell’esame delle domande di insinuazione e riteneva quindi che il medesimo decreto, seppur irregolarmente adottato, fosse divenuto irretrattabile in assenza di impugnazione, non essendo perciò possibile neutralizzarne ex post gli effetti.
3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso tale provvedimento Farmacia S.V s.a.s., al fine di far valere due motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso il fallimento D. s.r.l..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
4. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 93, comma 1, e 96, commi 3 e 4, l. fall. a causa dell’erronea individuazione del momento di formazione del passivo fallimentare: l’art. 96, comma 4, l. fall., nel prevedere che il G.D. formi lo stato passivo e ne dichiari l’esecutività all’esito dell’esame di tutte le domande di insinuazione, stabilisce il principio di unitarietà o infrazionabilità della formazione dello stato passivo, in violazione del quale il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il decreto emesso dal G.D. all’esito della prima udienza di verifica individuasse il momento da tenere in considerazione per il computo del termine ultimo di possibile presentazione delle insinuazioni tardive; tale decreto, di natura meramente preparatoria e privo dei caratteri di decisorietà e definitività, era destinato a essere assorbito in quello finale emesso all’esito dell’esame di tutte le domande, non potendosi perciò ipotizzare alcun interesse del creditore a una sua autonoma impugnazione.
Il secondo mezzo di impugnazione lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 101, comma 1, l. fall., poiché il provvedimento censurato aveva individuato nel decreto emesso all’esito dell’esame di una parte soltanto delle domande di insinuazione il dies a quo da cui far decorrere il termine decadenziale per la presentazione delle domande tardive di ammissione al passivo; al contrario, in applicazione del principio di unitarietà della formazione dello stato passivo, solo all’esito dell’ultima udienza di verifica dello stato passivo delle domande tempestive doveva ritenersi efficacemente emesso il decreto di esecutività dell’intero stato passivo, che costituiva l’unico termine utile per la valutazione della tempestività delle insinuazioni tardive presentate.
5. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro intima connessione, sono fondati.
Il provvedimento impugnato non nega l’infrazionabilità dell’iter di formazione dello stato passivo, ma constata che la mancata impugnazione del primo decreto di esecutività imponeva di trarne i correlativi effetti.
Un simile assunto non coglie la reale natura del provvedimento di esecutività emesso prima della conclusione dell’esame di tutte le domande tempestive, a prescindere dalle ragioni giustificative del rinvio dell’udienza di verifica, nel senso già delineato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, a cui il collegio intende dare continuità. –
In vero:
– il giudice delegato, quando procede alla verificazione del progetto dello stato passivo nell’adunanza, pronunzia provvedimenti che non contengono statuizioni incidenti sulle posizioni sostanziali portate al suo esame dai creditori, poiché il suo potere cognitivo non si esaurisce con tali determinazioni, singolarmente considerate, ma unicamente con il decreto di esecutività, nel quale confluiscono e che le assorbe; il decreto di esecutività dello stato passivo costituisce l’esclusivo e tipico provvedimento di contenuto precettivo, che attribuisce forza autoritativa alle decisioni assunte nelle fasi che lo hanno preceduto e preparato, fattispecie esclusiva dell’effetto esecutivo dello stato passivo (così Cass. 650/2003);
– la formazione dello stato passivo, ed il relativo decreto di esecutività, presuppongono – come risulta dall’art. 96, comma 4, l. fall. – che sia completato l’esame di tutte le istanze, dovendosi escludere che, in relazione alle domande esaminate nella prima udienza e nelle successive eventuali di rinvio, possano essere adottati altrettanti provvedimenti di esecutività (Sez. L, n. 14099/2016);
– il decreto di esecutività dello stato passivo è l’esclusivo e tipico provvedimento di contenuto precettivo che attribuisce forza autoritativa alle decisioni assunte nelle fasi che lo hanno preceduto e preparato, mentre i precedenti provvedimenti sono elementi interni alla fattispecie progressiva in cui si scandisce la procedura di accertamento del passivo, destinata a chiudersi e ad acquistare giuridica rilevanza solo con il suddetto decreto di esecutività, ed insuscettibili perciò sia di autonoma efficacia lesiva, sia di anticipata impugnativa; ciò in virtù del principio della necessaria unitarietà di approvazione dello stato passivo, che trova fondamento nell’esigenza di potenziale contraddittorio incrociato di tutti i creditori, legittimati ad interloquire su tutte le domande proposte (Sez. 1, n. 13886/2017).
Il decreto impugnato, pur non negando il principio di unitarietà di approvazione dello stato passivo, ha attribuito però autonoma rilevanza al provvedimento interinale con cui il G.D., prima del termine dell’esame delle domande di insinuazione tempestivamente presentate e nonostante il rinvio fatto per completare il loro esame, aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo fino ad allora formato ordinandone il deposito in Cancelleria, ritenendo lo stesso idoneo, in mancanza di alcuna impugnazione, a far decorrere il termine per la presentazione delle domande di insinuazione tardiva.
Una simile statuizione è erronea laddove attribuisce autonomo rilievo al decreto che pronunci l’esecutorietà dello stato passivo prima del suo completamento, dato che tale provvedimento, come detto, costituisce un mero elemento interno alla fattispecie progressiva in cui si sviluppa la procedura di accertamento del passivo, della quale assume giuridica rilevanza esterna solo il decreto di esecutività finale; nessun carattere irretrattabile deriva poi dalla mancata impugnazione del provvedimento interinale erroneamente pronunciato, atteso che lo stesso, per la sua natura di atto interno al procedimento prodromico alla dichiarazione finale di esecutività, è insuscettibile di autonoma efficacia lesiva e di anticipata impugnativa.
La plurima approvazione dello stato passivo rimane perciò irrilevante, dovendosi avere esclusivo riguardo, ai fini del computo del termine ultimo di presentazione delle domande tardive di insinuazione al passivo ai sensi dell’art. 101, comma 1, I. fall., unicamente al provvedimento con cui il G.D., all’esito dell’esame di tutte le domande di insinuazione tempestive, abbia formato lo stato passivo in maniera completa e lo abbia reso esecutivo.
6. Il ricorso va, pertanto, accolto, con la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio innanzi all’ufficio di merito, a cui si demanda la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa innanzi al Tribunale di Treviso, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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