CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 marzo 2019, n. 8582
Licenziamento – Guida dell’automezzo aziendale in stato di ebbrezza alcolica oltre i limiti consentiti dalla legge in orario di lavoro – Lesione del vincolo di fiducia
Rilevato che
1. la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 14.6.2017 (nr. 397), rigettava il reclamo proposto da R.F.I. SpA. avverso la sentenza del Tribunale di Verona che, pronunciando ai sensi dell’art. 1, commi 52 e ss., della legge nr. 92 del 2012, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato a D.G.;
1.1. per quanto qui rileva, la Corte distrettuale osservava che delle condotte contestate (a. aver guidato l’automezzo aziendale in stato di ebbrezza alcolica oltre i limiti consentiti dalla legge in orario di lavoro; b. aver riportato, a seguito di tale condotta, le sanzioni contenute nel decreto Penale di condanna nr. 262 del 2015 del tribunale di Vicenza; c. l’aver sottratto alla disponibilità aziendale, a seguito della predetta condotta, il mezzo aziendale senza darne notizia al datore di lavoro; d. l’aver omesso di informare tempestivamente di quanto accaduto l’Azienda), l’unica «effettivamente addebitabile» era quella di aver guidato il mezzo aziendale in stato di ebbrezza alcolica, in misura eccedente i limiti di legge, per la quale l’art. 60 del CCNL stabiliva una sanzione conservativa;
2. ha proposto ricorso per cassazione la società, affidato ad otto motivi ed illustrato con memoria;
3. ha resistito, con controricorso, il lavoratore;
Considerato che
1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2104, 2106 cod.civ. nonché dell’art. 7 della legge nr. 300 del 1970 (si censura la decisione per non aver colto la reale portata della contestazione, procedendo ad una valutazione atomistica dei vari addebiti ed enucleando come unica condotta addebitabile al lavoratore solo la guida in stato di ebbrezza; la sentenza avrebbe omesso di considerare del tutto l’addebito relativo all’emissione del decreto penale di condanna e ridimensionato le varie condotte omissive, tutte concatenate per occultare il reale svolgimento dei fatti);
2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (i profili di cui al motivo che precede sono denunciati in termini di vizio di motivazione: si imputa alla sentenza l’omesso esame della condotta consistita nel non aver dato notizia all’Azienda della condanna, per il reato di guida in stato di ebbrezza, alla pena di giorni 60 di arresto ed Euro 700,00 di ammenda, sostituita con giorni 63 di lavoro di pubblica utilità);
3. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (si denuncia l’omesso esame di un’ulteriore condotta contestata: reiterato rifiuto di fornire all’azienda i documenti richiesti a chiarimento dei fatti occorsi il 17.10.2014);
4. con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2119 cod.civ.;
4.1. si denuncia l’omessa valutazione della gravità della condotta; nuovamente si imputa alla sentenza di non aver tenuto conto degli addebiti complessivi e di aver ridimensionato le condotte omissive, reiterate e dolose, gravemente lesive della fiducia: il lavoratore ha taciuto al datore di lavoro la reale dinamica dei fatti, così come la condanna al lavoro di pubblica utilità, scontando la pena, all’insaputa della società;
5. con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56, comma 1, 57, comma 2, e 64 del CCNL 2012 Mobilità Attività Ferroviarie;
6. con il sesto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2118 cod.civ. e dell’art. 3 della legge nr. 604 del 1966 nonché dell’art. 63 lett. e) del CCNL Mobilità Attività Ferroviarie;
7. con il settimo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60, lett. c) in combinato disposto con l’art. 57, comma 2, CCNL Mobilità Attività Ferroviarie;
7.1. i motivi quinto, sesto e settimo, nel complesso, investono il procedimento di sussunzione della condotta accertata nella corretta cornice normativa; secondo la parte ricorrente, sarebbe errato, in primo luogo, l’approccio metodologico dei giudici di merito, consistito nel desumere il difetto del giustificato motivo di recesso dalla mancata previsione di ipotesi contrattuali, punite con sanzione espulsiva, cui ricondurre esattamente la condotta del lavoratore; ciò facendo, la Corte di merito avrebbe omesso di valutare la gravità del comportamento in relazione alla nozione legale di giusta causa di recesso; a giudizio dell’Azienda ricorrente, comunque, la condotta posta in essere dal dipendente sarebbe anche riconducibile ad ipotesi contrattuali di licenziamento in tronco; in ogni caso, sicuramente sbagliata è stata l’operata sussunzione della condotta nell’ambito delle ipotesi che, per previsione pattizia, sono punite con sanzione conservativa; anche laddove fosse stata integrato unicamente il segmento della condotta individuato in sentenza («guida del mezzo aziendale in stato di ebbrezza alcolica, in misura eccedente i limiti di legge») lo stesso non poteva ricondursi all’ipotesi disciplinata dall’art. 60, lett. c), del CCNL 2012 (« […] essere sotto l’effetto di sostanze alcoliche o di droghe all’atto della presentazione in servizio oppure nel disimpegno di attribuzioni non interessanti la sicurezza dell’esercizio») stante la diversa portata oggettiva e soggettiva del fatto concreto;
8. con l’ottavo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in combinato disposto con l’art. 18, comma 5, della legge nr. 300 del 1970, in relazione alla mancata applicazione, in via subordinata, della sola tutela risarcitoria;
9. è fondata la censura di cui al primo motivo con cui si imputa alla Corte di appello una valutazione riduttiva ed atomistica dei vari addebiti che non coglie l’esatta portata del fatto contestato;
9.1. la società, per come riportato e ritenuto anche nella sentenza impugnata, ha contestato al dipendente che « […] in data 17.120.2014, durante il suo orario di lavoro, alla guida di un mezzo aziendale […] veniva fermato dalla Polizia la quale […] la sottoponeva a due alcol test i quali accertavano che il […] tasso alcolemico era pari a 2,32 g/I, ben oltre gli 0,5 g/I tollerati dalla normativa stradale. Per tale condotta (era) stato emesso […] il Decreto penale di condanna […] con cui (era) stato condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza con valore superiore a 1,50 g/I alla pena di giorni 60 di arresto e 700 C di ammenda, sostituita […] in giorni 63 di lavoro di pubblica utilità. Di tale condanna non dava alcuna notizia all’Azienda. Lei […] pertanto era in servizio in stato di ebbrezza, con un tasso alcolemico pari a 2,32 g/I.
Dalla comunicazione di notizia di reato trasmessa all’azienda risulta che […] il mezzo aziendale […] veniva trasportato presso un autosoccorso di Vicenza e perciò non temporaneamente sottratto alla disponibilità aziendale […]. Lei ha omesso di informare tempestivamente di quanto accaduto l’azienda, limitandosi a riferirne verbalmente e parzialmente […] solamente in data 3.11.2015, per altro rifiutandosi di fornire il riscontro documentale richiesto […];
9.2. la Corte di appello ha considerato i vari addebiti, ciascuno per sé, sminuendo la portata di alcuni di essi (ciò in particolare con riferimento alle condotte omissive) ed enucleando un solo segmento rilevante sul piano disciplinare («aver guidato il mezzo aziendale in stato di ebbrezza alcolica in misura eccedente i limiti di legge»), così non considerando la reale portata dell’addebito, relativo ad una condotta di mancata informazione e comunicazione all’Azienda del reato di guida in stato di ebbrezza, commesso durante l’orario di servizio;
9.3. in argomento, questa Corte ha stabilito il principio cui si intende dare continuità secondo il quale «in tema di licenziamento per giusta causa, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, pur dovendosi escludere che il giudice di merito possa esaminarli atomisticamente, attesa la necessaria considerazione della loro concatenazione ai fini della valutazione della gravità dei fatti, non occorre che l’esistenza della “causa” idonea a non consentire la prosecuzione del rapporto sia ravvisabile esclusivamente nel complesso dei fatti ascritti, ben potendo il giudice nell’ambito degli addebiti posti a fondamento del licenziamento dal datore di lavoro individuare anche solo in alcuni o in uno di essi il comportamento che giustifica la sanzione espulsiva, se lo stesso presenti il carattere di gravità richiesto dall’art. 2119 cod.civ.» (Cass. nr. 2821 del 2017, in motivazione);
9.4. la decisione impugnata non è in linea con la giurisprudenza di legittimità;
9.5. va rimarcato come, nella fattispecie, la contestazione non abbia avuto a riguardo semplicemente la «guida in stato di ebbrezza» (sempre vietata ma diversamente punita in ragione del valore del tasso alcolemico accertato: come illecito amministrativo per un valore superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/1), come reato per le ipotesi più gravi, con pene, via via crescenti, in ragione di un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/1), ovvero superiore a detta soglia; cfr. art. 186 del D.Igs. nr. 285 del 1992, cd. «Nuovo Codice della Strada», ratione temporis applicabile) ma piuttosto la «guida di un mezzo aziendale con un tasso alcolemico pari a 2,32 g/I.», condotta costituente reato ed oggetto, infatti, di decreto penale di condanna;
9.6. conseguentemente, la Corte di appello è ancora in ulteriori errori ovvero quelli denunciati con il sesto e settimo motivo di ricorso che, del pari, vanno accolti;
9.7. la condotta accertata non è riconducibile all’ipotesi contrattuale disciplinata dall’art. 60 CCNL cit., per la quale è stabilita una sanzione conservativa (così riconoscendo la tutela di cui all’art. 18, comma 4, della legge nr. 300 del 1970);
9.8. il procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta tipizzata dalla parti collettive postula l’integrale coincidenza tra la fattispecie contrattualmente prevista e quella effettivamente realizzata, restando, per contro, impossibile procedere ad una tale operazione quando la condotta del lavoratore sia caratterizzata da elementi aggiuntivi estranei (ed aggravanti) rispetto alla fattispecie contrattuale, come nell’ipotesi di causa;
10. restano, a questo punto, assorbiti gli ulteriori motivi di censura;
11. il ricorso va accolto (limitatamente ai motivi indicati) e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, anche per le spese del giudizio di legittimità, che, in diversa composizione, si atterrà al principio di diritto di cui al par. 9.3. nonché a quelli di cui ai par. 9.6. e 9.7. e valuterà la gravità della condotta, nella sua più ampia portata, anche in relazione ad altre ipotesi del CCNL, e, quindi, la proporzionalità della sanzione applicata;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
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