CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 novembre 2018, n. 23407
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Redditi dichiarati dal convivente – Mancanza di prova contraria
Ritenuto che
A.P. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Piemonte, indicata in epigrafe, che su impugnazione di avvisi accertamento anni 2007 e 2008, emessi ai fini Irpef ex art. 38 comma 5 dpr 600/73, ha rigettato l’appello del contribuente, confermando la decisione di primo grado che aveva rilevato la mancanza di prova contraria rispetto all’accertamento presuntivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Col primo motivo si deduce, ex art. 360 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per motivazione apparente;
Il motivo è infondato, contenendo la sentenza impugnata una congrua motivazione, aderendo in parte alle motivazione della sentenza di primo grado e analizzando partitamente i motivi di appello del contribuente, conducendo una autonoma motivazione sulla legittimità del metodo accertativo e sull’esame del merito.
2. Col secondo motivo omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 n. 5, in relazione ai redditi dichiarati dal familiare convivente.
Anche questo motivo è infondato, avendo la CTR tenuto conto della partecipazione alle spese della convivente, del padre del contribuente e di altri parenti. Costituisce infatti ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte Suprema che le censure motivazionali non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui “spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (ex multis, Cass. n. 742/2015). Inoltre, l’omissione o insufficienza della motivazione resta integrata solo a fronte di una totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero di una palese illogicità del tessuto argomentativo, ma non anche per eventuali divergenze valutative sul significato attribuito dal giudice agli elementi delibati, non essendo il giudizio per cassazione un terzo grado di merito (Cass. S.U. n. 24148/2013; Cass. n. 12779/2015 e n. 12799/2014).
Nella specie la CTR, attenendosi a tale regola, ha ritenuto che il contribuente non avesse fornito sufficienti elementi per contrastare l’accertamento (cfr. da ultimo 13926/2018), dopo avere esaminato gli elementi di prova addotti dal contribuente .
3. Col terzo motivo ex art. 360 n. 5 c.p.c., si deduce omesso esame fatto decisivo, consistente nell’indebitamento bancario al fine dell’acquisto dei beni indice; assume il ricorrente che la questione è stata ritualmente introdotta in primo grado e in appello e che la circostanza è stata oggetto di discussione fra le parti, come risulta dalle controdeduzioni dell’Agenzia.
La censura è inammissibile, in quanto generica, non evidenziando la decisività della doglianza e la correlazione temporale fra indebitamento e acquisto dei beni-indice di maggiore capacità contributiva.
4. Col quarto motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., si lamenta violazione dell’art. 38 comma 6 e art. 2697 c.c. che ha ritenuto necessario per valutare i contributi del familiare convivente la prova documentale del trasferimento finanziario, senza tener conto dei redditi dichiarati dal convivente e delle sue disponibilità economiche.
5. Il motivo va respinto, avendo la CTR, con sintetica ma sufficiente motivazione, escluso che il contribuente avesse dimostrato, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esistesse o esistesse in misura inferiore (Cass. n. 21142 del 19/10/2016) .
In particolare con riferimento alla asserita partecipazione alle spese di altri soggetti (convivente, padre e altri parenti) la CTR ha accertato che l’Ufficio aveva tenuto conto della documentazione bancaria a suo tempo fornita dall’interessato. In ogni caso la giurisprudenza ha affermato che nella materia in oggetto il contribuente è onerato della prova contraria in ordine sia alla disponibilità di detti redditi che all’entità degli stessi ed alla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass. n. 1519/2017; n. 1332 del 26/01/2016).
Al rigetto del ricorso segue, per il principio di soccombenza, la condanna alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ex art. 13 comma 1 bis d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in €. 4.000,00, oltre spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ex art. 13 comma 1 bis d.P.R. n. 115/2002.
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