CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 novembre 2019, n. 31010
Cartella esattoriale – Eccezione di prescrizione quinquennale – Momento della notifica alla società del verbale di accertamento e della cartella di pagamento – Intervallo temporale
Ritenuto che
la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 1037 del 2013, ha respinto l’impugnazione proposta dall’INPS avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione avanzata da T.C., già socia della società “A. s.a.s. di C.G. & C. S.a.S.” avverso la cartella esattoriale n. 003 2001 00478963 perché considerata fondata l’eccezione di prescrizione quinquennale avanzata, sul presupposto che tra il momento della notifica alla società del verbale di accertamento e quello della cartella di pagamento erano vanamente trascorsi due lustri e, invece disattesa l’eccezione di prescrizione decennale avanzata dall’INPS ex art. 2953 cod. civ.; avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS affidandolo ad un motivo;
T.C. è rimasta intimata;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 9 e 10 della legge n. 335 del 1995 in relazione all’art. 2953 cod. civ. il motivo è infondato, atteso che la definitività dell’accertamento relativo alla sussistenza dei crediti contributivi portati dalla cartella, per effetto della mancata opposizione alle medesime non è preclusiva dell’accertamento della prescrizione o di fatti comunque estintivi del credito, maturati successivamente alla notifica delle cartelle in oggetto, e coperta dall’azione generale prevista dall’art. 615 cod.proc.civ. (tra le tante v., da ultimo, Cass. 29 gennaio 2019, n. 2428);
va, poi, va riaffermato il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione n. 23397 del 2016, seguita ex multis da Cass. 21704 del 2018, cui si intende dare continuità;
la sentenza appena citata ha affermato che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e, che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio tra le stesse parti per lo stesso rapporto e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del “petitum” ovvero della “causa petendi” della originaria domanda (vedi, per tutte: Cass., 12 maggio 2003, n. 7272; Cass., 24 marzo 2006, n. 6628) »;
tale principio comporta che se nell’arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l’intervenuta prescrizione anche l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l’art. 618-bis c.p.c. in materia di previdenza), che tende a contestare l’an dell’esecuzione e, come è noto, uno dei «vizi » che giustificano il ricorso all’art. 615 c.p.c. è proprio l’intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo;
in particolare, l’eventuale decorrenza del termine per l’esperimento dell’azione di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999, come precisato dalle SS.UU. citate, non rende incontrovertibile, come accade per i provvedimenti giurisdizionali non impugnati, la cartella esattoriale, ma preclude solamente la possibilità di contestare vizi di merito o di forma relativi al titolo e cioè alla cartella esattoriale, lasciando all’interessato la possibilità, ove vi siano i presupposti di esperire l’azione di opposizione all’esecuzione per far valere la prescrizione, che costituisce un vizio successivo alla formazione del titolo;
sempre le Sezioni Unite citate hanno affermato che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c..
Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato;
dunque, dovendo esaminarsi l’eccezione di prescrizione alla luce di tali principi la sentenza va confermata;
– nulla con riguardo alle spese essendo la parte rimasta intimata;
– sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
respinge il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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