CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 ottobre 2020, n. 23624
Tributi – Aggiornamento cartografia catastale – Istanza di reclamo per la correzione della linea di demarcazione dei confini – Provvedimento di rigetto – Impugnabilità – Giurisdizione tributaria
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della Commissione Regionale della Sicilia n.1717/24/14 che, il 04.12.2013, confermando la sentenza della Commissione Provinciale di Trapani n.143.02.11, ha accolto il ricorso di R.A.P. volto ad ottenere, per il proprio fondo sito in Comune di Campobello di Mazara (Tp), in località “Tre Fontane”, censito alla particella 384 del foglio 27/A, il riconoscimento del confine di proprietà con il Pubblico Demanio Marittimo.
L’Ufficio, fin dalle controdeduzioni al ricorso introduttivo del giudizio, aveva evidenziato che non si trattava di frazionamento quanto di aggiornamento cartografico -censuario, inquadrabile come “Riordino Fondiario” assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto, vale a dire ripristino in cartografia della linea di delimitazione demaniale, senza alcun atto di frazionamento da parte dell’ex Agenzia del Territorio ed aveva contestato l’attribuzione della giurisdizione del giudice tributario a favore del giudice ordinario.
La CTR si era pronunciata per la giurisdizione del giudice tributario non solo perché la modifica catastale che aveva interessato il terreno della contribuente derivava dalle nuove mappe prodotte dal Consorzio CO.Gl. in esecuzione del protocollo d’intesa stipulato tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministero delle Finanze ma anche perché con l’apposita nota n. 83237 del 15/11/2006 la Direzione Centrale Cartografia, Catasto e Pubblicità Immobiliare dell’Agenzia del Territorio aveva comunicato ai Dirigenti degli Uffici dei capoluoghi di Provincia siciliani che i Lavori eseguiti dal Consorzio CO.Gl devono intendersi operazioni di verificazione straordinaria e quindi normati per la loro constatazione in atti dal Testo Unico delle leggi sul nuovo Catasto dei terreni approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, come modificato dall’art. 10 della legge 679/69 ed integrato dall’art. 74 della legge 342/2000 e che i ricorsi avverso i risultati di tale verificazione straordinaria, in caso di mancato accoglimento del reclamo, l’interessato avrebbe potuto promuovere ricorso alla commissione tributaria provinciale competente per territorio, con le modalità previste dal d. lgs. 31/12/1992 n. 546.
L’intimato ha controdedotto con controricorso e memoria.
Considerato che
L’Agenzia delle Entrate articola quattro motivi di ricorso:
1) Con il primo motivo, in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 1 cod.proc.civ., la ricorrente reitera l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario, avuto riguardo all’art. 32 del Codice della Navigazione, all’art. 58 del relativo Regolamento, all’art. 2 co. 2 d. lgs. n. 546/92. Secondo la ricorrente, avendo la parte privata contestato un provvedimento emesso a conclusione del procedimento di delimitazione marittima e rivendicato la lesione del proprio diritto di proprietà, la giurisdizione va attribuita al Giudice ordinario, trattandosi, comunque, di una controversia concernente la delimitazione del diritto di proprietà dell’istante in rapporto alla proprietà demaniale;
2) In relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 cod. proc. civ, con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 32 del Codice della Navigazione ed all’art. 58 del relativo regolamento, al Testo Unico delle leggi sul nuovo Catasto dei terreni approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, come modificato dall’art. 10 della legge 679/69 ed integrato dall’art. 74 della legge 342/2000 . La CTR, nello stabilire la propria giurisdizione, ha falsamente applicato l’art. 32 del Codice della Navigazione, art. 58 del relativo regolamento, nonché il Testo Unico delle leggi sul nuovo Catasto dei terreni approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, come modificato dall’art. 10 della legge 679/69 ed integrato dall’art. 74 della legge 342/2000;
3) In relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ. lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 3 della Legge 241/90.
La CTR, inoltre, ha ritenuto determinante la circostanza che, nel provvedimento amministrativo originariamente impugnato, fosse indicata la Commissione Tributaria Provinciale quale Autorità cui poter ricorrere avverso il diniego.
In tal modo la CTR ha falsamente applicato l’art. 3 della L. n. 241/1990, ritenendo che la stessa dovesse essere interpretata nel senso che l’indicazione dell’Autorità cui poter ricorrere sia idonea a vincolare il Giudice ai fini della fissazione della giurisdizione;
4) con il quarto motivo la ricorrente, in relazione all’art. 360,1 comma, n.4 cod. proc. civ. denuncia la nullità della sentenza per error in procedendo, con riferimento all’art. 32 del codice della navigazione, all’art.3 del D.P.R. 1 luglio 1977 n.684, all’art. 100 cod.proc.civ. come richiamato dal D.Lgs 31.12.1992 n.546 Eccepisce, in particolare, il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia del territorio, estranea al procedimento di delimitazione del demanio marittimo, disciplinato dall’art.32 del codice della navigazione e dall’art.58 del relativo regolamento: procedimento che nell’attualità è di competenza,per la Sicilia, dell’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana, sicché i giudici del merito avrebbero errato nel non accogliere la richiesta dell’agenzia di far intervenire nel giudizio tributario il citato Assessorato.
Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Riguardo all’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie l’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.
L’articolo 19, lett. f), d.lgs. n. 546 del 1992 enuncia, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, proprio “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”. Questa Corte, a sezioni unite, pronunciandosi in merito alle controversie attinenti alle risultanze catastali ed al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario, con la decisione n. 19524/2018 ( ma anche Cass. 2950/2016; Cass. n. 13691/2006 ) hanno ribadito il principio secondo cui appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o tra privati e P.A., aventi ad oggetto l’esistenza ed estensione del diritto di proprietà e nelle quali le risultanze catastali possono essere utilizzate a fini probatori; tuttavia, qualora tali risultanze siano contestate per ottenerne la variazione, anche al fine di adeguarle all’esito di un’azione di rivendica o regolamento di confini, la giurisdizione spetta al giudice tributario, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e in ragione della diretta incidenza degli atti catastali sulla determinazione dei tributi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la giurisdizione del giudice tributario sull’impugnazione da parte dei privati del provvedimento adottato dalla P.A., che aveva disposto il frazionamento d’ufficio di una precedente particella posta nella zona di demarcazione tra il demanio marittimo e la proprietà degli stessi privati, come accertata all’esito di un giudizio dinanzi al giudice ordinario, situazione del tutto analoga a quella qui impugnata). La disposizione dell’articolo 2, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, che attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella nonché quelle relative alla consistenza, al classamento delle singole unità immobiliari e all’attribuzione della rendita catastale, si applica esclusivamente alle controversie tributarie in senso stretto, quali sono quelle instaurate dai privati possessori che abbiano ad oggetto operazioni di intestazione o di variazione catastale operate dall’amministrazione e necessarie al fine della imposizione di tributi. Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario qualora la controversia riguardi l’accertamento, sic et simpliciter, della titolarità del diritto di proprietà invocato dal privato nei confronti della P.A. (Cass., SU, n. 16429 del 26 luglio 2007).
Alla luce dei principi che precedono va confermata la giurisdizione del giudice tributario.
Il secondo, il terzo motivo ed il quarto motivo, che prospettano sotto diversi aspetti,una diversa natura del procedimento ed postulano l’applicazione di una diversa normativa, possono essere esaminati congiuntamente attesa l’evidente connessione logica.
I motivi non sono fondati.
Nella specie, il contribuente, dopo avere presentato inutilmente reclamo amministrativo, chiedendo all’ufficio locale del catasto che sulla cartografia catastale fosse ripristinata la consistenza originaria della particella di sua proprietà, erroneamente frazionata con creazione, in fatto, di una nuova particella ed alterazione, sulla carta, della originaria superficie, ha dedotto e dimostrato (il fatto non è contestato e risulta pure dalla sentenza gravata) che il suo diritto sull’immobile in discussione era stato affermato con decisione ormai definitiva della Corte di Appello di Palermo n. 66 del 2007, che aveva confermato quella del Tribunale di Marsala – Sezione distaccata di Castelvetrano, n. 8 del 2002.
Pertanto il giudice tributario è stato chiamato a verificare la correttezza della nuova cartografia catastale dei luoghi sul presupposto del giudicato civile sulla non demanialità dell’area controversa. Avverso il locale ufficio statale del catasto il controricorrente ha contestato, in questo procedimento, le sole risultanze catastali esistenti, per ottenere la variazione degli atti relativi e al fine di adeguarli al detto giudicato civile formatosi in contraddittorio con le autorità regionali preposte al demanio marittimo siciliano.
Infatti, il giudizio in esame non riguarda l’accertamento della proprietà, che si è devoluto nel diverso processo avanti il giudice ordinario, ma l’avvenuto posizionamento, ad opera della P.A., della linea di demarcazione fra la proprietà privata del contribuente ed il demanio marittimo, finalizzata all’aggiornamento cartografico-censuario, assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto. Inoltre, ad essere impugnato è un provvedimento (il rigetto del reclamo proposto dalla contribuente) emesso dall’Ufficio tributari: di conseguenza non avrebbe mai potuto essere legittimata passivamente la Regione Sicilia. In particolare, non può essere applicato il disposto dell’articolo 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale prescrive, ai commi 1 e 3, qui rilevanti, che “Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi… Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso”.
Il ricorso dell’Agenzia, in ossequio ai principi che precedono, va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 2000,00 oltre spese in misura forfettaria ed accessori di legge se dovuti.
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