CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 agosto 2018, n. 21253
Prestazioni professionali – Geometra – Prescrizione del diritto al pagamento – Responsabilità professionale
Ritenuto
che, con ricorso affidato a due motivi, C.M., M.M., A.M., E.M., G.A. e M.A.B. hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Brescia, in data 15 dicembre 2016, che accoglieva parzialmente il gravame interposto da I.L. avverso la decisione del Tribunale di Bergamo, sezione distaccata di Treviglio, il quale, oltre a revocare il decreto ingiuntivo emesso in favore del L. per intervenuta prescrizione del diritto al pagamento di prestazioni professionali in qualità di geometra, affermava la responsabilità professionale dello stesso ingiungente in relazione al contratto preliminare stipulato il primo aprile del 1998 tra i M. e l’impresa S., per non avere adeguatamente valutato il valore del compendio immobiliare oggetto dell’operazione commerciale;
che la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: 1) dall’istruttoria espletata in primo grado emergeva che il precedente contratto preliminare stipulato nel novembre del 1997 era stato sostituito da quello dell’aprile 1998 per volontà dei M., all’esito di una lunga contrattazione; 2) gli accordi contenuti nel successivo contratto risentivano del riconoscimento economico richiesto dall’impresa a seguito del recesso ingiustificato degli appellati e della volontà di porre nel nulla il contratto preliminare del 1997; 3) il geom. L., in seguito alla risoluzione del primo contratto, si era limitato a formalizzare la volontà dei M. e il loro accordo con l’impresa S. mediante la stipulazione del contratto con il quale veniva effettuata la stima dei lavori di ristrutturazione del complesso immobiliare e il computo metrico; 4) nessun incarico relativo alla stima del valore dei beni immobili era stato conferito al geom. L., pertanto, nessuna responsabilità professionale era ravvisabile nell’operato dello stesso poiché l’unico computo valutativo affidatogli (stima dei lavori di ristrutturazione) era stato correttamente espletato;
che resiste con controricorso il geom. I.L.. che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che non fosse imputabile al geometra L. l’erronea quantificazione del valore commerciale del compendio immobiliare di proprietà degli odierni ricorrenti in quanto era “oltremodo verosimile” che gli accordi contenuti nel contratto del 1 aprile 1998, riportante una stima del valore degli immobili inferiore al prezzo di mercato degli stessi, avessero risentito della intervenuta risoluzione del precedente contratto preliminare del 24 novembre 1997, di cui, però, non vi era cenno nel contratto del 1998;
a.1) il motivo è inammissibile.
Con esso, oltre a non darsi contezza alcuna, neppure per sintesi, dei contenuti dei negozi ritenuti rilevanti e rispetto ai quali si deduce il mal governo delle regole di ermeneutica contrattuale, non si evidenzia affatto una violazione delle predette regole di interpretazione, ma si investe direttamente il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, mentre il sindacato di questa Corte afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito (nella specie, quella innanzi sintetizzata e che, invero, neppure viene colta dalle censure di parte ricorrente nella sua effettiva portata) che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. n. 2465/2015);
b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonché “erronea e illegittima valutazione delle risultanze probatorie”, in quanto la Corte territoriale, mancando di considerare le ammissioni del L. nella comparsa di risposta e nell’interrogatorio formale e nonostante abbia affermato esser stato lo stesso L. a redigere il compromesso, a quantificare il costo delle opere da eseguire e a fissare il prezzo del conguaglio, avrebbe errato ad escludere che il medesimo geometra fosse stato incaricato di effettuare la stima dei beni, per poi tradurla nella valutazione delle opere da eseguire e del conguaglio da corrispondere.
b.1) il motivo è inammissibile.
Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito (art. 116 c.p.c.) — in cui si risolvono le doglianze di parte ricorrente, che sono prospettate secondo il paradigma del previgente, e non applicabile alla presente impugnazione, n. 5 dell’art. 360 c.p.c. – non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma del vigente art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio: ciò che i ricorrenti non evidenziano affatto), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale (nella specie, non denunciata) che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892/2016);
che la memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile per essere anche integrativa e/o emendativa delle originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono; che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e i ricorrenti, in solido tra loro, condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
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