CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 aprile 2021, n. 11139
Tributi – IRPEF – Esproprio – Indennità e risarcimento – Ritenuta fiscale ex art. 11, co. 5, della Legge n. 413 del 1991 – Applicabilità – Momento rilevante – Percezione della plusvalenza
Fatti di causa
La parte contribuente proponeva ricorso avverso il diniego di rimborso relativo alle ritenute operate, ai fini dell’IRPEF, nell’anno d’imposta 2015 dal comune di Torre Annunziata;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente;
la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando in particolare che la vicenda per cui è causa era iniziata nel 1978 quando il comune di Torre Annunziata aveva occupato sine titulo l’area di proprietà della parte contribuente e dei fratelli per costruire una scuola: i proprietari avevano citato in giudizio il suddetto Comune che è stato definitivamente condannato dalla Cassazione nel 2013 al risarcimento del danno e all’indennità di occupazione illegittima, con la conseguenza che il pagamento della ritenuta fiscale pari al 20% dell’indennità corrisposta prevista dall’art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991 non è dovuta perché è responsabilità dello Stato nelle sue varie articolazioni se la liquidazione dell’indennità è avvenuta in un momento successivo rispetto all’entrata in vigore della legge;
l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava tardivamente una memoria insistendo per il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 5 della legge n. 413 del 1991, in quanto la pubblica amministrazione non può essere ritenuta colpevole delle lungaggini di un iter contenzioso incardinato a difesa di un proprio legittimo interesse; considerato che, secondo questa Corte: in tema di imposte sui redditi, ai fini del prelievo fiscale di cui all’art. 11, comma 5, l. n. 413 del 1991, è sufficiente che la percezione della plusvalenza derivante dall’espropriazione di beni sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta, a nulla rilevando che il trasferimento del bene sia intervenuto precedentemente; tuttavia qualora il decreto di esproprio, la cessione volontaria o l’occupazione acquisitiva siano intervenuti prima del 31 dicembre 1988, ma il pagamento sia intervenuto dopo l’entrata in vigore della l. n. 413 cit., la plusvalenza non è imponibile nel caso di ingiustificato ritardo della P.A. nel pagamento dell’indennizzo, ponendosi una diversa interpretazione in contrasto con i principi costituzionali e convenzionali di cui agli artt. 97, 117, comma 1, e 111, comma 1 e 2, Cost. e 1, prot. 1, CEDU, da ritenersi violati ove l’applicazione retroattiva del regime fiscale non abbia garantito quel giusto equilibrio tra l’interesse generale e la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo (nella specie, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione Tributaria Centrale che si era limitata a confermare il principio di cassa, quale criterio per l’assoggettamento a tassazione, trascurando di valutare le ragioni e la portata del ritardo nella liquidazione dell’indennità, avvenuta dopo anni e solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna al relativo pagamento: Cass. n. 16629 del 2020);
è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della l. n. 413 del 1991, in relazione all’art. 117 Cost., con riferimento all’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, nella parte in cui prevede la tassazione delle plusvalenze conseguenti alla percezione dell’indennità di esproprio, in quanto, per un verso, non attiene al contemperamento, richiesto dal detto art. 1, tra le esigenze di interesse generale della comunità e la tutela del diritto fondamentale di proprietà, bensì al momento successivo dell’esercizio del potere impositivo dello Stato sui propri contribuenti, e, per un altro, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che l’imposta in questione non costituisce un onere “irragionevole e sproporzionato” a carico del proprietario, in quanto la somma da corrispondere non è tale da rendere il pagamento equiparabile ad una confisca (Cass. n. 26417 del 2018);
in tema di imposte sui redditi, la disposizione dell’art. 11 della l. n. 413 del 1991 – secondo cui ogni pagamento che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi e sia conseguito dopo l’entrata in vigore della norma citata è assoggettato a tassazione, ancorché il decreto di esproprio sia intervenuto in epoca anteriore all’1 gennaio 1989 – si applica a qualunque procedimento per l’espropriazione di terreni da destinare alla costruzione di opere pubbliche, anche se su di essi insistano fabbricati, non essendo tale evenienza, pur eventualmente idonea ad incidere sulla determinazione di indennità e risarcimenti, atta ad influire sulla “ratio” della norma in esame (Cass. n. 14945 del 2017);
la somma erogata a titolo di risarcimento per occupazione usurpativa di un bene immobile è assoggettata a tassazione ai sensi dell’art. 11 della l. n. 413 del 1991 se la sua percezione, che costituisce una plusvalenza, è successiva all’entrata in vigore della legge e, cioè, al primo gennaio 1989, non assumendo rilievo, invece, il momento in cui è avvenuto il trasferimento del bene, salvo che il ritardo nel pagamento sia imputabile alla P.A. (nel caso di specie, è stata esclusa l’imputabilità del ritardo all’Amministrazione, essendo la liquidazione del risarcimento intervenuta all’esito di un lungo contenzioso giudiziario: Cass. n. 3503 del 2017).
La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove, senza evidenziare alcuna negligenza in capo alla pubblica amministrazione, ha imputato il ritardo nel pagamento alla pubblica amministrazione senza verificare se invece, nel caso di specie, tale ritardo sia dipeso da un lungo contenzioso giudiziario, la cui lunghezza peraltro potrebbe giustificarsi, almeno in parte, dalla complessità della materia e dall’importanza economica del bene espropriato (e peraltro, seguendo il ragionamento della CTR, “il danno” alla parte contribuente sarebbe stato provocato anche con una durata del contenzioso non di 35 anni ma di “soli” 13, dal momento che l’occupazione sine titulo è iniziata nel 1978 e che la legge che istituisce l’imposizione è del 1991, con il che oltretutto potrebbero crearsi inevitabilmente delle situazioni di incertezza giuridica legate a quale sia il lasso temporale superato il quale l’imposta non sarebbe più dovuta): giova d’altro canto evidenziare da un lato che la CTR che il pagamento di tale imposta è conforme al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e dall’altro che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che l’imposta in questione non costituisce un onere “irragionevole e sproporzionato” a carico del proprietario, in quanto la somma da corrispondere non è tale da rendere il pagamento equiparabile ad una confisca.
Ritenuto pertanto il motivo di impugnazione è fondato e che dunque il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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