CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 dicembre 2018, n. 33596
Tributi – Avviso di accertamento concernente l’IVA – Omessa fatturazione
Rilevato che
1. con sentenza n. 67/34/11 del 14/02/2011 la CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 553/07/07 della CTP di Catania, che aveva accolto il ricorso proposto dalla Z.C. s.cons.r.l. avverso l’avviso di accertamento concernente l’IVA relativa all’anno d’imposta 1998;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’avviso di accertamento riguardava l’omessa fatturazione ai propri soci dei costi sostenuti in ordine alla realizzazione di opere relative ad un appalto pubblico, nonché l’indebita detrazione dell’IVA sui ricavi ribaltati alle società consorziate; b) la CTP accoglieva il ricorso proposto dalla società contribuente; c) l’Agenzia delle entrate proponeva impugnazione davanti alla CTR;
1.2. su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) la società consortile costituita ai sensi dell’art. 23 bis della l. 8 agosto 1977, n. 584 non assume la posizione di appaltatore, sicché le attività poste in essere per suo tramite sono riferibili alle singole imprese consorziate e i costi sostenuti vanno ribaltati a queste ultime; b) inoltre, l’obbligo di fatturazione dei costi «nasce al momento dell’effettuazione dell’operazione, e nell’anno di competenza di esso» e «non al momento del pagamento del corrispettivo dell’appalto»; c) con riferimento, poi alla detrazione dell’IVA conseguente alle fatture emesse dal socio IRA Costruzioni Generali, deve ritenersi che «la società consortile, costituita tra imprese per l’esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, non è legittimata a chiedere a proprio nome il rimborso dell’i.v.a. risultante a credito», con conseguente illegittimità della detrazione;
2. la Z.C. s.cons.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
3. l’Agenzia delle entrate non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.
Considerato che
1. con il secondo motivo di ricorso, la Z.C. s.cons.r.l. contesta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR non si sarebbe pronunciata sull’eccezione di giudicato esterno relative alle pronunce concernenti le annualità 1996 e 1997, nelle quali la CTR ha escluso la fondatezza dei rilievi dell’Ufficio;
2. il motivo, il cui esame assume carattere pregiudiziale, è infondato;
2.1. è vero che la CTR ha omesso di pronunciare sull’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla ricorrente nel corso del giudizio di secondo grado – giudicato, peraltro, rilevabile d’ufficio ex actis dalla CTR (da ultimo, ex multis, Cass. n. 16847 del 26/06/2018; Cass. n. 8607 del 03/04/2017; Cass. n. 15627 del 27/07/2016; si veda anche Cass. S.U. n. 13916 del 16/06/2006) – ma è altrettanto indubitabile che «nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto» (così Cass. n. 21968 del 28/10/2015; conf. Cass. 16171 del 28/06/2017; Cass. n. 21257 del 08/10/2014);
2.2. del resto, è la stessa parte ricorrente che chiede un accertamento della violazione del giudicato esterno, deducendo la questione anche sub art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;
2.3. orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte «nel processo tributario, il vincolo oggettivo derivante dal giudicato, in relazione alle imposte periodiche, deve essere riconosciuto nei casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione del rapporto, salvo che, in materia di IVA, ciò comporti l’estensione ad altri periodi di imposta di un giudicato in contrasto con la disciplina comunitaria, avente carattere imperativo, compromettendone l’effettività» (così, da ultimo, Cass. n. 9710 del 19/04/2018; si veda, altresì, ex multis, con riferimento alle imposte dirette, Cass. n. 21395 del 15/09/2017 e, con riferimento all’IVA, Cass. n. 8855 del 04/05/2016, per la quale «le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c., e dalla sua eventuale proiezione oltre il periodo di imposta, che ne costituisce specifico oggetto, atteso che, secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08, la certezza del diritto non può tradursi in una violazione dell’effettività del diritto euro-unitario»);
2.4. nel caso di specie, l’avviso di accertamento impugnato riguarda esclusivamente l’IVA, sicché deve senz’altro escludersi, con riferimento a tale tributo, l’efficacia vincolante del giudicato esterno riguardante diversi anni d’imposta;
3. con il primo motivo di ricorso la Z.C. s.cons.r.l. contesta la nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR non avrebbe spiegato perché l’obbligo di fatturazione dei costi di riaddebito dovrebbe essere espletato dalla società consortile necessariamente entro l’anno, posto che trattasi di prestazione di servizi da fatturare secondo le modalità previste dall’art. 6, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;
3.1. del resto, ove non si trattasse di prestazione di servizi, come ritenuto dalla CTR, andrebbe escluso del tutto l’obbligo di fatturazione, trattandosi di prestazione fuori del campo IVA;
4. il motivo è inammissibile;
4.1. la ricorrente propone una censura motivazionale denunciando, in buona sostanza, la violazione dell’art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, censura che avrebbe dovuto proporre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., come del resto fatto con il motivo che segue;
5. con il terzo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 6, terzo comma, e 21, quarto comma, del “d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che l’insorgenza dell’obbligo di fatturazione della prestazione di servizi rese dai mandatari senza rappresentanza sorge al momento del pagamento, sicché correttamente la società consortile avrebbe emesso fattura al momento in cui le consociate hanno effettuato i pagamenti e, in ogni caso, non sarebbe riscontrabile alcun danno erariale in conseguenza di una eventuale tardiva fatturazione;
6. con il quarto motivo di ricorso la società ricorrente contesta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando il diritto della società consortile, titolare dell’obbligo di fatturazione nei confronti della stazione appaltante, di procedere alla detrazione della relativa IVA, il cui costo è stato dalla stessa sostenuto;
7. i due motivi possono essere unitariamente esaminati, involgendo l’esame dei rapporti tra società consortile e società consorziate;
7.1. occorre prendere necessariamente le mosse dall’orientamento espresso da Cass. S.U. n. 12190 del 14/06/2016, secondo la quale «la società consortile può svolgere una distinta attività commerciale con scopo di lucro ed è questione di merito accertare i rapporti tra la società stessa e i consorziati nell’assegnazione dei lavori o servizi per stabilire la necessità del “ribaltamento” integrale o parziale di costi e ricavi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto»).
7.2. nel caso di specie, è pacifico che la Z.C. s.cons.r.l. non svolge alcuna autonoma attività commerciale ma persegue unicamente uno scopo mutualistico, quale strumento operativo a disposizione dei consociati, tenuto conto che i ricavi realizzati e i costi sostenuti sono ribaltati integralmente e pro quota sulle società partecipanti;
7.3. è altresì pacifico che, nei rapporti interni, sia configurabile un mandato senza rappresentanza (come sostenuto dalla ricorrente, senza che vi siano elementi per una ulteriore possibile qualificazione del rapporto), in quanto la società consortile agisce in nome proprio per conto dei consorziati e l’attività dalla stessa effettuata è imputabile direttamente ai consorziati;
7.4. orbene, «il mandato senza rappresentanza riceve ai fini iva una particolare disciplina, in virtù della quale i rapporti tra mandatario e mandante perdono la loro neutralità, assurgendo ad autonomi presupposti per l’applicazione del tributo. Lo si evince dal 3° comma dell’art. 3 del d.P.R. 633/72, secondo cui le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario, nonché dal 2° comma, lett. b), dell’art. 13 del medesimo decreto Iva, che fissa la base imponibile per le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza ragguagliandola al prezzo di fornitura del servizio pattuito dal mandatario, diminuito della provvigione, e al prezzo di acquisto del servizio ricevuto dal mandatario, aumentato della provvigione» (così, in motivazione, Cass. n. 21860 del 28/10/2016);
7.5. trattasi di conclusioni coerenti con quanto sostenuto dalla giurisprudenza eurounitaria, per la quale «34. (…) l’art. 6, n. 4, della sesta direttiva dispone che, qualora un soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto altrui partecipi ad una prestazione di servizi, si riterrà che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo proprio. 35.Così, tale disposizione crea la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente. In forza di tale finzione, l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi, cioè il commissionario, si ritiene avere, in un primo tempo, ricevuto i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il committente, prima di fornire, in un secondo tempo, personalmente tali servizi ad un cliente. Ne consegue che, per quanto riguarda il rapporto giuridico tra il committente e il commissionario, il loro ruolo rispettivo di prestatore di servizi e di pagatore è artificialmente invertito ai fini dell’IVA» (CGUE 14 luglio 2011, causa C-464/10, Etat Belge c/o Tiercé Franco-Belge SA);
7.6. nel caso di specie, si configurano fittiziamente due prestazioni di servizi: quella del socio alla società consortile e quella di quest’ultima in favore della stazione appaltante; si tratta, peraltro, della medesima prestazione, che viene così imputata direttamente ai soci attraverso il meccanismo del ribaltamento dei ricavi;
analogamente, la società consortile riceve le fatture per i costi sostenuti per l’esecuzione della prestazione, ma si tratta degli stessi costi (pro quota) dal socio per l’esecuzione della medesima prestazione;
infine, il meccanismo dell’integrale ribaltamento dei ricavi e dei costi implica che, nel caso di specie, nulla viene riconosciuto alla società consortile a titolo di provvigione per l’esecuzione del mandato in favore delle società consorziate;
7.7. in buona sostanza (e secondo la ricostruzione più sopra effettuata), un consorzio non operante come società commerciale autonoma non presta alcun servizio ai consociati, come sostenuto dalla parte ricorrente – e, dunque, non percepisce alcun compenso a tale titolo – ma si limita a ricevere dalle società consorziate i servizi che rende alla stazione appaltante e a sostenere i relativi costi;
7.8. orbene, con riferimento al terzo motivo, può concludersi che se i costi ribaltati sostenuti dal consorzio sono esattamente gli stessi costi sostenuti dai consorziati e imputati direttamente a questi ultimi e se non è configurabile una prestazione di servizi della società consortile in favore dei soci separatamente remunerata, la fatturazione dei costi ai fini del ribaltamento deve essere eseguita dalla società consortile nello stesso esercizio in cui detti costi sono stati sostenuti (cfr., da ultimo, Cass. n. 18401 del 12/07/2018: «in tema di reddito d’impresa, l’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 (numerazione anteriore a quella introdotta dal d.lgs. n. 344 del 2003), nel prevedere che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza e che, ai fini dell’individuazione di tale esercizio, le spese di acquisizione dei beni mobili si considerano sostenute alla data della consegna o spedizione, non consente di attribuire rilievo alla data in cui perviene la fattura della spesa sostenuta, né-permette la detrazione dei costi in esercizi diversi da quello di competenza») e non può essere differita al momento del pagamento da parte dei consorziati;
7.9. né può ragionevolmente sostenersi che l’imputazione dei costi ad un esercizio piuttosto che ad un altro sia neutra ai fini impositivi, atteso che il contribuente non può «essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività, in quanto l’imputazione di un determinato costo ad un esercizio anziché ad un altro può, in astratto, comportare l’alterazione dei risultati della dichiarazione, mediante i meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi» (così, ancora, Cass. n. 18401 del 2018, cit.);
7.10. va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «nel caso di una società consortile, costituita dalle imprese operanti in raggruppamento temporaneo per l’esecuzione di un contratto di appalto pubblico, e non svolgente attività commerciale autonoma, i costi sostenuti dalla società per l’esecuzione dell’appalto devono essere ribaltati integralmente sulle imprese consorziate e fatturati nello stesso esercizio in cui detti costi sono stati sostenuti, nel rispetto del principio di competenza, potendo l’imputazione di un determinato costo ad un esercizio anziché ad un altro comportare, in astratto, l’alterazione dei risultati della dichiarazione, mediante i meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi»;
7.11. con riferimento, invece, al ribaltamento dei ricavi, il quarto motivo è fondato, in quanto, in virtù dei principi enunciati ai §§ 8.4 e 8.5, la società consortile ha diritto a fatturare nei confronti dell’ente appaltante la stessa prestazione di servizi fatturata nei confronti del socio consorziato, con conseguente diritto alla detrazione dell’IVA;
7.12. il menzionato diritto è stato erroneamente escluso dalla CTR sul presupposto che la fatturazione avrebbe dovuto essere eseguita direttamente dai consorziati in favore dell’ente appaltante;
8. in conclusione, va accolto il quarto motivo di ricorso e vanno rigettati gli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, per nuova valutazione e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19786 - In tema d'IVA, il principio di equivalenza dei rapporti giuridici tra imprese consorziate e società consortile e tra queste e l'ente appaltante impone che le prestazioni apparentemente…
- CORTE di CASSAZIONE, Sezioni Unite, sentenza n. 12190 depositata il 14 giugno 2016 - La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione…
- Corte di Cassazione sentenza n. 28735 depositata il 4 ottobre 2022 - La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Nel caso di differenza tra quanto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 ottobre 2019, n. 26368 - In tema d'IVA, il principio di equivalenza dei rapporti giuridici tra imprese consorziate e società consortile e tra queste e l'ente appaltante, riconducibile allo schema del mandato senza…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 29485 depositata il 21 ottobre 2021 - Con riferimento all’Iva, invece, la natura di prestazione di servizi dell’appalto rileva anche ai fini del momento in cui l’operazione si considera effettuata, trovando applicazione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 maggio 2020, n. 9326 - Il consorzio costituito per gli scopi previsti dall'art. 2602 c.c., non potendo avere per sé alcun vantaggio, in quanto lo stesso, al pari dell'eventuale svantaggio, appartiene unicamente e solo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…
- Nel giudizio civile con il gratuito patrocinio la
La Corte costituzionale con la sentenza n. 64 depositata il 19 aprile 2024, inte…
- Il titolare del trattamento dei dati personali é r
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-741/2021 depositat…
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…