CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2019, n. 5954
Tributi – IVA – Impresa agricola – Attività agricola e attività agrituristica – Gestione separata – Costi di ristrutturazione e miglioria degli immobili rurali – Imputazione – Inerenza – Criterio di destinazione e utilità funzionale degli interventi
Rilevato
Il contribuente conduce un’azienda agricola con complementare attività di agriturismo a far data dal dicembre 2002 giusto contratto di affitto di fondo rustico in agro di Pescia.
In ragione della duplice attività – con imprese distinte seppur complementari – ha optato per distinti regimi fiscali, secondo la disciplina agevolativa prevista per questo tipo di attività: nello specifico, l’impresa agricola soggiace al regime ordinario, con deduzione analitica, mentre l’attività agrituristica è regolata dalla detrazione a forfait nella misura del 50% dell’IVA sulle fatture emesse, irrilevanti quelle subite.
Da un controllo sugli anni di imposta 2004, 2005, 2006 è emerso che siano stati sostenuti e contabilizzati come attività agricola dei costi per la ristrutturazione e la miglioria di immobili rurali adibiti ad attività di agriturismo. Per conseguenza, l’Ufficio ha contestato l’inerenza dei costi all’attività agrituristica e non a quella agraria, donde una errata contabilizzazione dei costi che non potevano essere portati a deduzione, considerando altresì non detraibile l’IVA assolta per tali costi, non inerenti all’impresa agraria.
Evocato su ricorso del contribuente, il giudice di prossimità non ne apprezzava le ragioni, ritenendo che la destinazione urbanistica ed edilizia – pacificamente rurale – degli edifici non comporta un’automatica attrazione al regime fiscale agrario di ogni lavoro che vi sia svolto, occorrendo valutare l’inerenza dei costi che, nel caso di specie, erano di miglioria dell’attività agrituristica.
Interponeva appello il privato soccombente, vedendo riformata la sentenza di primo grado sulla motivazione del carattere fondamentalmente complementare dell’attività agrituristica rispetto a quella agraria e sulla ritenuta destinazione agricola degli edifici dove erano stati svolti i lavori, dedicati ad abitazione di un operario, a magazzino e cantina. Donde erano annullati i provvedimenti impositivi di recupero a tassazione per IVA indeducibile ed i conseguenti provvedimenti sanzionatori.
Avverso la sentenza della commissione territoriale, propone ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, cui replica il contribuente con puntuale controricorso, interponendo altresì ricorso incidentale (autonomo).
Considerato
Con il primo motivo di gravame si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articoli 19 e 36 del d.P.R. n. 633/1972, nonché dell’art. 5 della I. n. 413/1991, in parametro all’art. 360, comma primo, n. 3 del codice di rito civile, ove, nella sostanza, il patrono erariale contesta un’indebita sovrapposizione delle diverse discipline applicabili alle due attività -agrituristica ed agricola – gerite con contabilità separata.
Con il secondo motivo si solleva insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi al fine del decidere, in parametro all’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ., rilevando come – sul profilo determinante, cioè la natura delle spese sostenute e la loro riconducibilità ad una o all’altra delle due attività contabilmente separate – il giudice di merito non abbia accertato la destinazione dell’immobile, né verificato la natura dei lavori in rapporto al loro scopo, sovrapponendo (e mescolando) le due attività.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro evidente connessione.
In altri termini, movendo da diversi profili, si eccepisce che la qualificazione agricola degli edifici ed il carattere complementare dell’attività agrituristica abbia illegittimamente attratto alla contabilità dell’impresa agricola (con IVA esposta deducibile) anche i costi sostenuti per l’attività agrituristica, il cui regime fiscale ammette solo l’abbattimento forfettario del 50% dell’iva sulle fatture attive emesse per servizi (di refezione, di alloggio, di vendita prodotti), ma non per quelle passive, relative a costi sostenuti.
Dalla lettura della sentenza qui gravata (secondo capoverso della parte motiva) si desume che il convincimento del giudice territoriale deriva dal carattere agricolo della destinazione degli edifici su cui sono stati svolti i lavori e (terzo e quinto periodo, seconda pagina della motivazione) da una loro vocazione agrituristica non attuale e addirittura eventuale.
Ai fini del decidere non è conferente il richiamo di parte contribuente (pag. 3 controricorso) a precedenti di questa Corte in ordine al carattere ancillare dell’attività agrituristica, che qui non è revocato in dubbio.
All’opposto, merita sottolineare l’autonomia fra la categoria catastale in cui è allibrato un immobile, la destinazione urbanistica ed edilizia che gli viene impressa dallo strumento di pianificazione territoriale, l’eventuale vincolo storico, artistico o ambientale che lo grava ed il regime fiscale dei contratti che lo hanno per oggetto o che – non avendolo ad oggetto – lo riguardano, quali appunto i contratti di lavori di ristrutturazione o miglioramento funzionale.
In tale ottica, il criterio guida resta il principio dell’inerenza dei costi con l’attività di impresa, quale disegnata dall’ampia discrezionalità di cui gode l’imprenditore. È quindi un giudizio di collegamento logico quello che viene richiesto prima ai verificatori e poi al giudice tributario, da rendersi oggettivo tramite un logicamente argomentato bilanciamento delle emergenze probatorie.
La stessa libera scelta dell’imprenditore di gerire due attività sugli stessi beni (fondo, corpi di fabbrica) organizzandoli in due aziende diverse, con diversa contabilità e diverso regime di deduzione dell’IVA passiva assolta, impedisce ogni automatica sovrapposizione e richiede l’analisi dell’inerenza dei costi sostenuti, non tanto sul bene, ma sul (a favore dell’impresa.
A tali principi non si è attenuta la sentenza qui gravata.
In questo, dai documenti contabili analizzati nei provvedimenti di ripresa a tassazione (e compiutamente riportati nel corpo del ricorso ai fin dell’autosufficienza del motivo) emerge chiaramente trattarsi di opere connesse all’attività ricettiva che è propria dell’agriturismo e non dell’impresa agricola: lavori per piscina, progettazione e realizzazione alloggi da destinare ad attività agrituristica, da potenziare e migliorare, come si evince anche dai titoli edilizi presentati ai competenti uffici comunali.
Non si tratta all’evidenza di costi teleologicamente orientati ad attività di impresa agricola, né quindi iscrivibili tra i costi di questa e passibili di deduzione IVA.
Ne consegue che il ricorso principale e fondato, la sentenza dev’essere cassata, con rinvio al giudice di merito perché accerti l’inerenza dei singoli costi e li riferisca alla corretta contabilità di ciascuna delle due imprese.
Occorre ora esaminare il ricorso incidentale, con cui viene censurata la compensazione delle spese, con motivazione ritenuta insussistente e comunque in violazione del principio di ristoro totale della parte vittoriosa. L’accoglimento del ricorso principale e la conseguente cassazione della sentenza gravata con rinvio al giudice di merito rende priva di interesse una pronuncia sulle spese di un giudizio che dev’essere rifatto.
Il ricorso incidentale resta quindi assorbito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla CTR per la Toscana, cui demanda anche la regolazione delle spese della presente fase del giudizio.
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