CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2020, n. 5506
Tributi – Accise sul consumo di energia elettrica utilizzata per attività produttive – Indebito pagamento – Istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria – Legittimazione passiva – “Consumatore finale” – Esclusione – Soggetto legittimato – Fornitore di energia
Rilevato che
– emerge dalla narrativa della sentenza che la contribuente utilizza energia elettrica nell’ambito delle proprie attività produttive e che ha versato la somma indicata in atti a titolo di imposta erariale sul consumo e di addizionali relative a tre diversi fornitori di energia;
– successivamente, espone il giudice d’appello, la società ha presentato all’Agenzia delle dogane un’istanza di rimborso, assumendone a fondamento la circostanza che i tre diversi fornitori hanno addebitato per tre volte le stesse accise, ricevendone diniego;
– la società ha impugnato il diniego, e ne ha ottenuto l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Siracusa;
– quella regionale della Sicilia ha respinto l’appello dell’Agenzia, sostenendo che la legittimazione spetti a chi abbia versato l’imposta;
– contro questa sentenza l’Agenzia delle dogane propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui non c’è replica;
– la contribuente deposita memoria.
Considerato che
– preliminarmente va affermata l’ammissibilità della memoria corredata di procura speciale, in aderenza all’orientamento già espresso da questa Corte (con ord. 14 maggio 2019, n. 12803), secondo cui, in tema di rito camerale di legittimità ex art. 380 bis.1 c.p.c., relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 -come quello in oggetto e per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà può presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente: trova in tali casi applicazione l’art. 1 del protocollo d’intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio nazionale forense, l’Avvocatura generale dello stato e la Corte di cassazione;
– l’esigenza di sopperire al deficit di tutela che altrimenti si verificherebbe induce difatti a ritenere preferibile l’orientamento in questione rispetto a quello, di segno opposto (espresso da Cass., ord. 5 ottobre 2018, n. 24422), secondo cui, in mancanza di controricorso notificato nei termini di legge, l’intimato non è legittimato al deposito di memorie illustrative ex art. 370 c.p.c., ancorché sia munito di regolare procura speciale ad litem;
– nel merito, fondato è il primo motivo di ricorso, di rilevanza assorbente del restante, col quale l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 26 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, anche in relazione alla direttiva CEE del Consiglio n. 92/12 e al d.m. del 12 luglio 1977, per l’omesso rilievo del difetto di legittimazione passiva della B.U., – anche da ultimo le sezioni unite (con sentenza 31 dicembre 2018, n. 33687) hanno ribadito che, in tema di accise, il rapporto tributario è quello che s’instaura tra il soggetto passivo d’imposta e il fisco, laddove quello tra il fisco e il consumatore finale inciso dal tributo ha natura civilistica;
– e questa sezione (da ultimo con sentenze 24 maggio 2019, n. 14200 e 4 giugno 2019, n. 15199) ha coerentemente stabilito che:
a) obbligato al pagamento delle accise nei confronti dell’amministrazione doganale è unicamente il fornitore;
b) il fornitore può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale;
c) i rapporti tra fornitore e amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro;
d) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle accise indebitamente corrisposte;
e) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento; b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza;
f) nel caso di addebito delle accise al consumatore finale (come anche delle relative addizionali), quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore);
– il consumatore subisce difatti la traslazione dell’onere corrispondente all’imposta a titolo di maggiorazione del prezzo di vendita, sicché qualora egli agisca nei confronti del fornitore, per far valere l’illegittimità di detta maggiorazione del prezzo e ottenere il rimborso del corrispondente ammontare, non rileva l’indagine sulla legittimità della pretesa fiscale dell’amministrazione nei confronti del fornitore: è su costui che incombe l’onere, nel distinto rapporto con l’amministrazione finanziaria, di individuare i consumi assoggettati a imposta e di segnalare quelli che ne sono esclusi per non essere ricompresi nella fattispecie impositiva,
– nella controversia privatistica che abbia ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume sia stata indebitamente pretesa dalla controparte, peraltro, il giudice ordinario competente ha sempre il potere di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, oppure di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario (Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2064; sez. un., 1 febbraio 2016, nn. 1837 e 1838);
– il meccanismo costruito su due piani, tributario quanto al rimborso chiesto dal soggetto passivo al fisco, civilistico, con riferimento all’azione di ripetizione promossa dal consumatore nei confronti del fornitore, è conforme al diritto unionale. Nè l’azione di ripetizione intrapresa dal consumatore finale nei confronti del proprio fornitore incontra, come vorrebbe la società, insormontabili ostacoli nel fatto che l’indebito scaturisca dalla contrarietà della disposizione nazionale rispetto al diritto unionale, che sarebbe quindi invocato in una controversia fra privati;
– la Corte di giustizia ha già più volte sottolineato che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purché essi rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Corte giust. 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken, punto 37; Corte giust. 27 aprile 2017, causa C-564/15, Tibor Farkas, punto 50; Corte giust. 11 aprile 2019, causa C-691/17, PORR Épìtési Kft);
– e giustappunto in relazione alla ripetizione delle accise, la Corte di giustizia (con sentenza 20 ottobre 2011, causa C-94/10, Danfoss), ha stabilito che le norme del diritto dell’Unione devono essere interpretate nel senso che uno Stato membro si può opporre a una domanda di rimborso di un’imposta indebitamente riscossa formulata dall’acquirente su cui essa è stata ripercossa, poiché non è stato detto acquirente a versarla alle autorità tributarie, purché quest’ultimo possa, sulla base del diritto interno, esperire un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito nei confronti del soggetto passivo, e purché il rimborso da parte di quest’ultimo dell’imposta indebitamente riscossa non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile;
– l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà, peraltro, non sono di per sé ravvisabili per il fatto che la natura indebita del pagamento dell’imposta discenda dalla contrarietà di una norma nazionale a una direttiva, che non può essere invocata, ai fini della disapplicazione della norma nazionale contraria, in una controversia fra privati;
– impossibilità o eccessiva difficoltà sono correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, dal fornitore) e non già a quella del consumatore finale; esse rilevano, nella giurisprudenza unionale, o con riguardo alle modalità procedurali e ai requisiti previsti dallo Stato membro per la presentazione delle domande di rimborso da parte del suddetto soggetto passivo (si veda Corte giust. 21 marzo 2018, causa C- 533/16, Volkswagen AG, relativa a un caso in cui il termine di decadenza previsto per il rimborso era scaduto, sempre per il soggetto passivo, prima della presentazione della relativa domanda); oppure quando l’insolvenza del soggetto passivo renda da parte sua il rimborso dell’Iva al destinatario dei servizi impossibile o eccessivamente difficile (si vedano, in particolare, Corte giust. in causa C-691/17, cit., punto 42, nonché Corte giust. in causa C-35/05 e in causa C-564/15);
– nessuno dei due casi è dedotto in giudizio (vedi, su analoga questione, Cass. 30 ottobre 2019, nn. 27791 e 27792);
– in definitiva, la società non è legittimata a richiedere il rimborso all’erario dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica che assume indebitamente versata;
– ne segue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del restante;
– la sentenza impugnata va quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta;
– il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità comporta la compensazione di tutte le voci di spesa.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto.
Compensa tutte le voci di spesa.
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